Fino a un milione di euro. È questa, secondo i proprietari, la stima dei danni prodotti dal rogo che il pomeriggio del 3 agosto scorso ha devastato il deposito commerciale della Sicilia Petroli, in via Salvatore Corleone, nel quartiere di Brancaccio, a Palermo, impegnando i vigili per un giorno intero. Il bilancio dell’incendio, le cui cause sono ancora tutte da accertare e che fortunatamente non ha prodotto alcuna vittima, dipenderà molto dalla possibilità o meno di recuperare la palazzina adibita a uffici all’interno del deposito e i serbatoi interrati. Secondo i proprietari, ad ogni modo, si è trattato di un incidente, forse dovuto a un «cortocircuito o un raro fenomeno di autocombustione», quindi non riconducibile a un errore umano e, tanto meno, a un «episodio di natura intimidatoria».
«Il sito è virtualmente sotto sequestro – dice a MeridioNews Davide Maniscalco, manager del Gruppo Sicilia Petroli – perché ancora non è stata notificata comunicazione formale». La zona è stata messa in sicurezza dai vigili del fuoco che sono ancora sul luogo ma la situazione è ormai sotto controllo. Le operazioni saranno definite con la messa in sicurezza delle sette vasche interrate da 650 metri cubi ciascuna, messa in sicurezza ormai vicina alla conclusione. Riguardo i costi, secondo Maniscalco in questo momento è difficile ipotizzare una stima anche se è possibile fare delle ipotesi. «Non abbiamo contezza dell’agibilità del corpo di fabbrica né dei serbatoi interrati – prosegue -. Sicuramente solo il valore dei due serbatoi all’esterno si aggira intorno ai 350mila euro. Molto dipenderà dalla possibilità o meno di recuperare il locale con gli uffici commerciali all’interno del deposito. Nella peggiore delle ipotesi, se si dovesse rendere necessario la sua demolizione, i costi potrebbero aggirarsi tra i 900mila e un milione di euro».
Fortunatamente per nessuno dei cinque dipendenti in forza alla Sicilia Petroli si sono registrati avvelenamenti per colpa dei gas nocivi liberati durante il rogo. «Non ci risultano referti di pronto soccorso da intossicazioni – ribadisce – è importante, significa che il nostro servizio antincendio e la macchina dei soccorsi hanno funzionato perfettamente e con tempestività». Ancora non è chiaro quando e se il sito riaprirà, molto dipenderà dai tempi scanditi dalle indagini e se si renderanno necessari «accertamenti tecnici ma noi coopereremo con le istituzioni perché è nostra ferma volontà recuperare l’attività e riprendere al più presto».
Quanto alla dinamica è ancora tutta da chiarire e saranno le indagini a far luce sull’accaduto. «Ragionando con i tecnici che hanno realizzato il deposito – racconta – abbiamo fatto alcune ipotesi. Il serbatoio all’esterno, quello più vicino alle mura del deposito che ha preso fuoco, era semivuoto con all’interno residui di combustibile. Forse, per colpa dell’elevata temperatura esterna, può aver dato origine a un raro fenomeno di autocombustione. Oppure un cedimento dovuto a un cortocircuito in prossimità del contenitore». L’unica cosa, che Maniscalco si sente di escludere categoricamente è l’esistenza di una qualunque pista di stampo mafioso o intimidatoria . «Questo lo penso perché all’interno dell’area al momento dell’incidente – afferma – c’era il personale che stava lavorando negli edifici. Normalmente, se si effettuano degli attentati o avvertimenti lo si fa o di notte, non si pregiudicano delle vite umane. È una strada – conclude – che mi sentirei di escludere».
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