Cosa accadrebbe se l’Assemblea regionale non approvasse la ricapitalizzazione di Riscossione Sicilia? Gli inquilini di Sala d’Ercole sarebbero tacciati di connivenze per non aver stanziato le somme, a fronte di risultati non gratificanti per la partecipata guidata da Antonio Fiumefreddo? Sono queste le ragioni per cui il primo inquilino di sala d’Ercole, Giovanni Ardizzone, ha chiesto di essere ascoltato dalla Commissione nazionale antimafia, presieduta da Rosy Bindi.
Ardizzone ha presentato all’organismo bicamerale un dossier di 180 pagine e ha iniziato il suo ragionamento a partire dall’ultima partecipazione di Fiumefreddo alla trasmissione tv L’Arena di Massimo Giletti. «Fiumefreddo ha dichiarato che in Sicilia ci sono 52 miliardi di euro non riscossi negli ultimi dieci anni – ha raccontato Ardizzone -. Trenta di questi miliardi sono ormai irrecuperabili perché si sono prescritti, ce ne sono ancora ventidue da recuperare, ma sono recuperabili se vi sarà la volontà politica di recuperarli, se daranno i mezzi, se vorranno rompere questo patto criminale».
«Quindi c’è già un’indicazione – accusa Ardizzone – di un patto criminale sottostante alla volontà del Parlamento nel non ricapitalizzare Riscossione Sicilia. Alla domanda del conduttore se ci sia speranza di recuperare quelle somme, Fiumefreddo risponde che è possibile, ma dipende dalla Finanziaria che voterà l’Assemblea regionale siciliana». Insomma, secondo la tesi di Ardizzone, il libero voto dei deputati sarebbe condizionato da «pressioni mediatiche».
Il primo inquilino di palazzo dei Normanni torna sul tema del piano industriale di Riscossione «che Fiumefreddo non ha mai presentato, mentre ha inviato le linee industriali, che sono cosa diversa». Dalla gestione di Fiumefreddo, inoltre, la riscossione dei tributi sarebbe stata inferiore: «Noi passiamo – ha detto Ardizzone – da un -5,3 per cento del 2010 a un -15,6 del 2015. Chiaramente ancora non conosciamo i dati del 2016».
Ardizzone nel suo lungo intervento ha anche citato l’ultimo giudizio di parifica della Corte dei conti, secondo cui «desta forte preoccupazione la reiterazione di massicci interventi finanziari da parte del socio Regione (a Riscossione Sicilia, nda) finalizzati a scongiurare la sospensione del servizio, che tuttavia non hanno inciso sull’incremento del gettito fiscale, ma solamente sul mantenimento di un apparato i cui costi di gestione amministrativa, benché ridotti del 15,28 per cento rispetto al 2014, restano in assoluto ancora elevati». La conclusione del rappresentante dell’Assemblea è che «il messaggio che passerà è che, se non verrà ricapitalizzata Riscossione Sicilia, si darà seguito a quel patto criminale che parte da lontano e arriva fino ai nostri tempi»
Il dibattito che si è aperto dopo la relazione iniziale di Ardizzone ha visto un paio di scambi di battute al vetriolo tra il presidente dell’Ars, il senatore Beppe Lumia e la deputata Stefania Prestigiacomo, anche rispetto agli argomenti esposti da Ardizzone e liquidati da Lumia come «non attinenti alla materia di competenza di questa commissione».
Non è stata dello stesso avviso, invece, la presidente Rosy Bindi: «Al di là del merito delle questioni – ha sottolineato – per noi commissione Antimafia le due audizioni, di Fiumefreddo prima e di Ardizzone poi, non potranno che essere interessanti, soprattutto sulla nostra inchiesta sull’antimafia. Perché noi dobbiamo combattere la mafia, ma dobbiamo essere accorti anche rispetto all’uso della lotta alla mafia per altri fini e per altri obiettivi. Non voglio dire che questo si sia verificato in queste due audizioni, ma sicuramente c’è del materiale per riflettere, anche nei confronti di chi usa la mafia per altri scopi».
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