Continuerà in un’aula di tribunale la diatriba tra la Reset e il dipendente che ha denunciato l’azienda alla Corte dei Conti, gesto che è costato all’operaio una lettera di licenziamento per giusta causa da parte della società consortile del Comune di Palermo. L’uomo ha più volte mosso delle accuse sull’attività dell’azienda e sull’affidamento di alcuni incarichi riscontrando anche un’eco mediatica a livello nazionale, tanto da essere ascoltato anche dalla commissione Aziende del consiglio comunale. Un comportamento che, come si legge nella comunicazione giunta al dipendente avrebbe avuto «l’intento di pregiudicare l’immagine, il decoro, l’onore e la reputazione del Consiglio di amministrazione».
«Si tratta di una decisione gravissima e illogica, di cui chiediamo l’immediata revoca – dice Gianluca Colombino, segretario della Cisal Palermo -. La normativa più recente, a livello nazionale, incita i dipendenti a segnalare presunte anomalie alle autorità competenti perché si effettuino le verifiche del caso. La Reset, anziché dirsi pronta a dimostrare la correttezza del proprio operato in tutte le sedi, ha deciso di punire un lavoratore che ha solo tentato di fare gli interessi della città, visto che l’azienda è pagata con soldi pubblici».
Non la pensa così, da par suo, l’amministratore unico di Reset, Antonio Perniciaro Spatrisano, secondo cui il licenziamento «è avvenuto per giusta causa dopo avere valutato con attenzione con il nostro consulente legale le accuse diffamanti mosse nei confronti del Consiglio d’amministrazione della nostra società. Siamo arrivati alla conclusione che non c’era alternativa». Una decisione maturata nel tempo e non facile da prendere. «A noi dispiace moltissimo essere arrivati a questo punto – continua Perniciaro – abbiamo tentato di tutto, gli abbiamo risposto spiegando come abbiamo operato, ma lui è stato assolutamente sordo a queste nostre risposte, ha continuato la sua azione secondo me totalmente irrazionale. Non riesco a comprendere le sue ragioni, al di là del fatto che in alcuni casi ha detto che avrebbe voluto ricoprire delle posizioni perché secondo il suo punto di vista aveva delle competenze. Sono sue valutazioni, noi ne abbiamo delle altre».
Pronta la replica del sindacato: «Gli amministratori della Reset – continua Colombino – hanno deciso di punire il dipendente, la cui unica colpa è quella di aver chiesto alla magistratura contabile e al Consiglio comunale di effettuare le verifiche del caso: un messaggio devastante, che nei fatti mette un bavaglio ai lavoratori che hanno a cuore il futuro della propria azienda e che chiedono il rispetto delle regole. La Reset revochi immediatamente il licenziamento, altrimenti il sindacato agirà in tutte le sedi opportune; al tempo stesso, chiediamo all’Amministrazione attiva e al Consiglio comunale di far sentire la propria voce a tutela dei dipendenti delle partecipate comunali».
Ma dalla Reset, ancora l’amministratore unico difende la decisione: «Era una situazione che andava avanti da mesi, ma il dipendente ha reiterato questo comportamento arrivando a denunciarci alla Corte dei Conti e alla Procura della Repubblica per fatti che non sussistono. Non possiamo tollerare che si mettano in giro queste voci. Il dipendente – conclude Perniciaro – ha scritto all’organismo di vigilanza, al responsabile dell’anticorruzione, che ha aperto un’istruttoria che ha attestato come quei fatti non fossero fondati. Finché queste sue illazioni sono rimaste all’interno dell’azienda ci siamo limitati a rispondere, ma dal momento in cui ci denuncia per fatti insussistenti è chiaro che non possiamo tollerare oltre, perché sarebbe come ammettere che ha ragione». E conclude: «Abbiamo una conduzione aziendale di una correttezza e di una trasparenza tali che possiamo superare qualunque tipo di esame».
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