È debole la ripresa in Sicilia e rimane circoscritta ad alcuni settori. Aumentano lievemente i redditi e i consumi delle famiglie nel corso del 2016, mentre l’occupazione, dopo un buon andamento iniziale, subisce una battuta d’arresto a partire dal secondo semestre. Se si guarda poi al reddito pro capite e al divario con le aree più sviluppate del Paese, nel 2016 il Pil regionale rimane ancora inferiore a 12 punti percentuali, contro i sette del resto d’Italia. È quanto emerge dall’ultimo rapporto sull’economia regionale siciliana a cura della Banca d’Italia e presentato nella sede palermitana di via Cavour.
Se il 2015 aveva registrato segnali di ripresa dell’attività produttiva, questi si sono attenuati, in modo eterogeneo, nel corso del 2016. A eccezione dell’agroalimentare, infatti, le esportazioni sono diminuite del 17 per cento, «confermando una performance della Sicilia sui mercati esteri deludente, se paragonata alla crescita della domanda dai mercati di sbocco», si legge nel rapporto. Il settore che invece registra un miglioramento ciclico è quello dei servizi, trainato dal buon andamento del turismo e da una moderata crescita dei consumi delle famiglie. È cresciuta, infatti, la spesa per i beni durevoli, in particolare le auto, e le famiglie hanno fatto maggior ricorso all’indebitamento per finanziare le proprie spese. I finanziamenti per acquistare un immobile nel 2016 hanno raggiunto 1,7 miliardi di euro, il 20,1 per cento in più dell’anno precedente.
Sul versante dei mutui, le migliori condizioni praticate hanno inciso sulla ricontrattazione di quelli stipulati in passato, con una riduzione dell’onere di indebitamento. In generale, peggiorano, però le condizioni di vita delle famiglie siciliane: nel 2015 quelle in povertà assoluta sono aumentate fino all’11,3 per cento, mentre nel resto d’Italia l’aumento si attesta intorno al 6,1per cento.
Dopo il buon andamento dell’anno precedente, nel 2016 la crescita del numero di occupati ha subito una battuta di arresto, pur aumentando le ore lavorate per addetto. «A risentire maggiormente del calo dell’occupazione sono gli uomini, i più colpiti dagli effetti della crisi – si legge nel rapporto di Bankitalia – mentre dal 2014 le donne contribuiscono al buon andamento del mercato del lavoro regionale. La crescita del numero di addetti riguarda solo il settore dei servizi, ma sono emersi segnali di debolezza nella parte finale dell’anno».
È aumentata l’occupazione a tempo pieno, mentre è diminuita quella a tempo parziale. Rispetto alla media nazionale, in Sicilia il ricorso a forme più flessibili di lavoro rimane elevato. Nel 2016 in Sicilia sono stati venduti 3,4 milioni di voucher (con un aumento del 31,7 per cento rispetto all’anno precedente) e nella regione prevale l’utilizzo dei buoni lavoro per il settore dei servizi e del turismo rispetto alle attività agricole e al commercio. Per quanto riguarda i tempi di rientro al lavoro, solo il 5,2 per cento dei lavoratori che hanno perso un impiego nella regione lo ha ritrovato entro tre anni in un’altra (contro l’11,7 per cento della media delle altre regioni). La propensione a muoversi fuori dall’Isola è maggiore per uomini, giovani e per i più istruiti.
«I dati del primo trimestre del 2017 segnano un aumento dell’occupazione dell’1,1 per cento – dice Giuseppe Ciaccio, coordinatore della ricerca – ma attendiamo i dati dei trimestri successivi per tornare a sperare». le spese delle amministrazioni locali siciliane si sono ridotte del 3,6 per cento in media l’anno. La voce più pesante, che riguarda la spesa sanitaria, è cresciuta a livelli contenuti, merito anche della riduzione della spesa del personale, per via delle politiche di contenimento dell’organico. Diminuisce anche la spesa farmaceutica convenzionata per la distribuzione diretta dei farmaci, l’introduzione di tetti di spesa e il controllo delle prescrizioni attraverso la ricetta elettronica. Le spese correnti sono scese del 3,8 per cento l’anno, su tutte campeggia il costo del personale dipendente, in calo per effetto della riduzione del numero di addetti.
Le entrate correnti sono aumentate per effetto dei tributi propri, e nei Comuni a vocazione turistica l’imposta di soggiorno ha rappresentato un’importante risorsa finanziaria. Nel 2015 in Sicilia le riscossioni relative all’imposta di soggiorno sono state pari a circa 8,6 milioni di euro, con una media dell’1,4 per cento del totale delle imposte. «Sembra una cifra a bassa incidenza – spiega Ciaccio . ma in realtà nei comuni dove più elevata è la dotazione di posti letto rispetto al numero di residenti, l’imposta di soggiorno ha generato un flusso di cassa pari a quello dell’addizionale comunale Irpef».
«Il settore turistico è importante, può essere trainante ma non decisivo – dice Antonio Cinque, direttore della sede palermitana della Banca d’Italia – lo diventa se riesce a trainare altri settori, come l’intera filiera agroalimentare, il settore alberghiero, e, in prospettiva, quello delle costruzioni».
Una speranza sembra arrivare dalla programmazione comunitaria 2014-2020 che vede la Sicilia destinataria di due programmi operativi regionali (Por) cofinanziati da Fesr e Fse per un importo complessivo di 5,4 miliardi di euro. Alla regione sono stati anche assegnati 2,2 miliardi nell’ambito del Fondo europeo agricolo di sviluppo rurale. «Stiamo parlando di importi molto importanti – ha detto Antonio Cinque, direttore della sede palermitana della Banca d’Italia – si tratta di fondi che possono dare una spinta al consolidamento della ripresa».
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