Che non fossero amici si era capito e avevano tenuto a specificarlo loro stessi, ma che potessero mandarsele a dire a una manciata di giorni dalla chiusura delle liste ci credevano in pochi. E invece Nello Musumeci e Gianfranco Miccichè – rispettivamente candidato presidente della Regione del centrodestra e commissario di Forza Italia in Sicilia, nonché pretendente a uno scranno all’Ars – ieri sera hanno battibeccato a distanza. A dimostrazione di come la campagna elettorale per il voto del 5 novembre all’interno delle grandi coalizioni non sia serena.
E così, mentre rimane aperta la disputa sulle liste pulite, il nuovo nodo riguarda la composizione del listino presidenziale, ovvero l’elenco di sette nomi che, in caso di vittoria, si aggiudicheranno i seggi legati al premio di maggioranza. Il primo ad alzare la voce è stato Miccichè: «Stanno uscendo notizie sul listino di Musumeci – ha fatto sapere in una nota -. Se fossero vere verrebbero meno le ragioni di un’alleanza costruita con grandi sacrifici, un’alleanza costruita per il bene di tutto il centrodestra e della nostra Sicilia».
Secondo i bene informati, a innervosire il braccio destro di Silvio Berlusconi in Sicilia sarebbero state le voci che vedrebbero Musumeci intenzionato a non inserire nel listino sia Miccichè che Gaetano Armao, con quest’ultimo già designato vicepresidente e assessore all’Economia. Dal canto suo, il candidato presidente ha cercato di buttare acqua sul fuoco con una nota in cui però non mancano le stoccate al numero regionale di Forza Italia. «Se, invece di diramare comunicati, il commissario di Forza Italia Miccichè mi avesse telefonato – ha commentato Musumeci – avrebbe saputo che le notizie uscite in queste ore sul listino non sono fondate e, perciò, frutto di interessate indiscrezioni. Noto che resistere alla tentazione di stare sulla stampa diventa difficile per tanti, anche nel centrodestra».
In chiusura Musumeci ha tenuto a sottolineare come il momento attuale richiederebbe una compattezza che vada oltre gli interessi personali. «Le ragioni di una alleanza non possono essere legate al listino che, piaccia o no, resta nella responsabilità del candidato presidente», ha concluso il leader di Diventerà bellissima.
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