Pronti via e subito un rinvio per un vizio di notifica: a Palermo il cosiddetto processo sulle firme false comincia con la prima udienza che viene rinviata al 21 novembre. Davanti al giudice monocratico del tribunale Luisanna Cattina poco tempo per affrontare il caso che ha tanto scosso i pentastellati del capoluogo siciliano e che ha avuto risvolti anche sul piano nazionale. I parlamentari palermitani Riccardo Nuti, Claudia Mannino e Giulia Di Vita, sospesi dal movimento e che adesso fanno parte de Gruppo Misto, erano comunque presenti in aula per affrontare le accuse. C’è stato pure il tempo per un piccolo giallo sulla presenza di Mannino. «Ero presente, sono solo arrivata con qualche minuto di ritardo. Infatti il verbale è stato subito corretto». A Meridionews Mannino smentisce la sua assenza, notizia inizialmente trapelata e poi bollata dalla stessa come «falsa».
I reati contestati riguardano in ogni caso la violazione del testo unico regionale in materia elettorale. La vicenda è nota: durante la campagna elettorale per le Comunali del 2012 il meetup locale sceglie di candidare a sindaco Riccardo Nuti. Ad aprile alcuni attivisti e deputati si accorgono di un errore di compilazione nelle firme raccolte, necessarie per presentare la lista a sostegno della corsa a Palazzo delle Aquile. E per questo motivo, secondo le accuse portate in aule dal pubblico ministero Claudia Ferrari, avrebbero deciso di ricopiare centinaia di firme. Sforzi vani, in ogni caso, visto che il M5s non riuscì quella volta a entrare in Consiglio comunale, a differenza delle elezioni dello scorso giugno.
Gli imputati sono in tutto 14: tre deputati nazionali, due regionali, otto attivisti grillini e un cancelliere del tribunale (quest’ultimo avrebbe dichiarato il falso dichiarando che le firme erano state raccolte in sua presenza). Alla sbarra, oltre ai deputati Nuti, ritenuto l’ispiratore della ricopiatura delle firme, Di Vita e Mannino, anche l’attivista all’epoca candidata Samantha Busalacchi, Pietro Salvino, marito di Claudia Mannino, e Riccardo Ricciardi, marito della deputata Loredana Lupo, che però non è coinvolta nel processo. Imputata anche la deputata regionale Claudia La Rocca, che è stata la prima ad autosospendersi dal Movimento di Beppe Grillo. La parlamentare è stata poi l’unica che sin dall’inizio ha scelto di collaborare con la procura. Su tutti incombe infine la possibilità della prescrizione, che maturerà nel 2018.
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