Citata da Matteo Renzi e da Rosario Crocetta per la percentuale di cittadini che ha disertato le urne. È il destino di Gela all’indomani del referendum sulle trivelle. Troppo facile notare quel dato così eclatante: sono stati appena 9.112 su 60mila aventi diritto, i gelesi che si sono recati alle urne per esprimersi sulla norma, che consente alle compagnie fossili di poter estrarre idrocarburi entro le 12 miglia marine fino all’esaurimento dei giacimenti. Si tratta del 15,18 per cento dei votanti, percentuale che rende la città del golfo la più astensionista nella provincia siciliana dove si è meno votato. Un flop evidente, a maggior ragione considerando che nelle città petrolifere della Sicilia (da Augusta a Milazzo e Priolo) la percentuale si è mantenuta in media con i dati regionali e nazionali.
Eppure Gela è tra i Comuni dell’Isola più direttamente investiti dalla problematica. Di fronte alle proprie coste, infatti, sorgono quattro piattaforme petrolifere entro le 12 miglia marine. In piazza Umberto I, cuore della città, i commenti sul voto si sprecano. Tanti i motivi per un’astensione così alta. A cominciare dalla scarsa informazione locale sul tema, soprattutto dal vivo: pochi incontri, nessun banchetto informativo, scarno volantinaggio. Si aggiunga che è mancato un comitato per il Sì, a differenza, ad esempio, di quanto successo a Sciacca, unico Comune siciliano che ha superato li quorum. Fattori che hanno portato molti gelesi ad associare il tema del referendum a una battaglia esclusiva del Movimento 5 stelle, unico tra i gruppi politici a fare campagna attivamente per il referendum.
Molta confusione, poi, sulle nuove piattaforme e i pozzi riguardanti il progetto dell‘offshore ibleo, che prevede un investimento di 900 milioni da parte di Eni e che non era oggetto del referendum, perché i nuovi pozzi verrebbero realizzati oltre le dodici miglia, anche se la piattaforma Prezioso K, gemella dell’esistente Prezioso, sorgerebbe entro questo limite. In ogni caso l’offshore è stato ulteriormente blindato perché rientra nel protocollo d’intesa con Eni, come ha voluto sottolineare anche Crocetta. Da citare anche l’astensione annunciata dal Pd gelese e dai sindacati, entrambi in linea con gli indirizzi nazionali, che inevitabilmente ha influenzato in parte l’esito del voto.
Anche sui social non mancano i commenti. Specie quelli di scoramento di chi in questo momento non si trova a Gela. «Votare sì o no cambiava poco – chiosa il sindaco Domenico Messinese -. Il referendum è stato posto male e chi ha appoggiato le ragioni del sì l’ha buttata sulle royalties o sull’ambiente, questioni che non c’entravano niente con il quesito». L’attacco velato agli ex alleati cinquestelle è evidente e, incalzato da Meridionews, il primo cittadino lo palesa. «Loro dicono: noi ci informiamo e poi informiamo gli altri. Invece questa volta non si sono informati e hanno disinformato. Hanno fatto passare il messaggio falso che così si sarebbe bloccato l’accordo di programma e il protocollo d’intesa. Hanno fatto solo populismo, altro che integrità morale».
Ma il primo cittadino è tra quei pochi che hanno votato? «Sì, sono andato ma non dico cosa ho votato. Anche perché – aggiunge – per tutelare il Mediterraneo ci vuole ben altro. Le energie alternative non si programmano con un quesito mal posto, sono ormai una scelta obbligata. L’unico che ci ha guadagnato da questo referendum è Renzi, e i cinquestelle ci sono cascati in pieno». Accuse rigettate dalla consigliera pentastellata Virginia Farruggia, ancora arrabbiata per una partecipazione così modesta. «È ridicolo, siamo gli unici ad aver invogliato al voto – replica -. Il fatto che chi non partecipa debba privarmi di un mio diritto e quindi possa decidere per me fa girare le scatole. E poi se l’Ue ci sanzionasse, come immagino farà – conclude – potremmo prendere le schede elettorali e far pagare chi non si è scomodato».
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