Reddito di inclusione, in Sicilia il 24% dei beneficiari A Messina metà delle domande dell’intera Lombardia

La povertà in Sicilia non arretra di un passo. L’isola resta la seconda regione italiana, dopo la Campania, col maggior numero di richieste per il reddito di inclusione. I primi dati relativi alla misura permanente di contrasto alla povertà, diffusi dall’Inps, dicono che le domande fino ad ora presentate sono state oltre 316mila in tutta Italia, delle quali quasi 240mila solo al Sud e nelle Isole. Nel primo trimestre 2018 sono stati erogati benefici economici a 110mila nuclei familiari. La maggior parte finisce nel Meridione (72%) con interessamento del 76 per cento delle persone coinvolte. Campania, Calabria e Sicilia sono le regioni con il maggiore numero assoluto di famiglie beneficiarie: insieme rappresentano il 60 per cento del totale dei nuclei. 

Ma come si fa ad accedere a questa alla nuova misura di sostegno? Il reddito di inclusione viene riconosciuto ai nuclei familiari che hanno un Isee non superiore a seimila euro e un valore del patrimonio immobiliare, diverso dalla casa di abitazione, non superiore a 20mila euro. Chi ha questi requisiti può ottenere il beneficio economico, che varia da 187,5 euro (nel caso di componente unico della famiglia) a 539,82 euro al mese nel caso di famiglia in difficoltà con almeno sei persone.

Dopo i primi tre mesi dall’attivazione del servizio, la Campania con 101.059 persone è al primo posto. Seguono la Sicilia con 75.934 e la Calabria con 26.567. Alla fine di gennaio sono stati sbloccati i primi pagamenti e solo nella città di Palermo sono state presentate 7200 istanze (sette volte di più rispetto ad una città come Padova). «Tantissima gente arriva da noi, chiede informazioni, scarica i moduli ma poi non rientra nei requisiti per pochissimo – spiegano i titolari di un centro di assistenza fiscale palermitano -. Purtroppo c’è molta confusione al riguardo, ma la situazione più preoccupante è l’altissima richiesta di aiuto dalle famiglie sotto la soglia di povertà». Intanto molti uffici comunali nei giorni scorsi sono stati presi d’assalto. «Proviamo a costruire un sistema che generi inclusione e fuoriuscita dallo stato di povertà e non solo assistenza. Occorre ricreare il rapporto di fiducia tra cittadini e amministrazione», dice l’assessore alla Cittadinanza sociale Giuseppe Mattina.

Nelle altre grandi città siciliane le cose non vanno meglio. A certificare lo stato di indigenza delle famiglie siciliane ci ha pensato il dipartimento di Scienze politiche e sociali dell’Università di Catania. Nel capoluogo etneo, metà dei residenti vive ogni mese con un reddito inferiore ai 15mila euro l’anno: «Su 165mila cittadini, 61mila (il 37%) può contare solo su un reddito inferiore ai 10mila euro l’anno – si legge nel report -, e altri 21mila (il 13%) su un reddito da 10mila a 15mila euro l’anno. Dai 15 ai 74 anni i disoccupati sono il 41,6 per cento della popolazione, e il 40 per cento dei giovani, tra i 15 e i 29 anni, non studia e non lavora, mentre c’è un 18 per cento che vive senza reddito».

A Messina il dato è altrettanto preoccupante. Dagli ultimi rilevamenti effettuati dalla Cisl, tra l’1 dicembre 2017 e il 2 gennaio 2018, emerge che le domande per ottenimento del Rei presentate dai residenti del capoluogo sono state 2.565. Nel medesimo periodo, nell’intera Lombardia sono state cinquemila.

Roberto Chifari

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