Reddito di cittadinanza, 100mila beneficiari nell’Isola Ma tra i delusi alcuni chiedono di rinunciare alla card

Picchi di euforia e profonda delusione. Anche dalla Sicilia arriva un primo bilancio dal fronte dei beneficiari del reddito di cittadinanza che, la scorsa settimana, hanno ricevuto le proprie card. Il cui importo, come noto, è stato calcolato sulla base – tra gli altri indicatori – dei modelli Isee, che attualmente fanno riferimento alla situazione economica del 2017 (le dichiarazioni dei redditi relative al 2018 saranno calcolate il prossimo mese). Così, in molti si sono sentiti «beffati» da importi di 40, 50 o 90 euro conteggiati come integrazione rispetto ai redditi del 2017 che, però, spesso non corrispondono all’attuale situazione economica. 

C’è stato anche chi, ricevuta la card con un importo inferiore ai 100 euro mensili, è tornato al Caf in cui era stato calcolato l’Isee chiedendo in che modo potesse rinunciare al beneficio. Un paradosso rispetto al quale anche gli operatori del centro di assistenza fiscale, in effetti, sono rimasti spiazzati, perché «si tratta di una opzione – ammettono – non espressamente prevista dalla norma». Eppure, non sarebbe un caso isolato quello di chi preferirebbe rinunciare al benefit minimo per ritentare, magari, con una dichiarazione dei redditi aggiornata al 2018 che fotografi una situazione economica più recente.

«In questi casi – spiega il leader dei Cinquestelle nell’Isola Giancarlo Cancelleri – è possibile presentare istanza di rinuncia all’Inps e aspettare che venga conteggiato il calcolo relativo allo stato attuale. La formula in base all’Isee, seppure con qualche limite è stata definita a salvaguardia dei tanti che avevano pensato alle separazioni consensuali per beneficiare di un reddito maggiore. Fotografando una situazione economica precedente – chiarisce – si sono disinnescate queste pratiche. Ci sta, però, che possano verificarsi dei casi limite di famiglie che, a cavallo di questo arco di tempo, hanno perso il lavoro. In questi casi, come in tutto, si può scegliere di rinunciare, basta andare all’Inps».

Ma per tanti delusi dalla misura di welfare targata Cinquestelle, sono molti quelli che, al contrario, hanno avuto accesso a somme consistenti, fino a un massimo di 1.080 euro nel caso di famiglie senza reddito, con minori a carico e l’affitto da pagare alla fine del mese. «Per loro – continua Cancelleri – si è trattato davvero di una misura importante che, tra qualche mese, disegnerà una nuova geografia economica, producendo sviluppo economico». Le istanze presentate in Sicilia sono state circa 130mila, di cui circa 17.500 da famiglie di Palermo, 10.500 da Catania e 7.300 da Messina. «Di queste – spiega il deputato pentastellato Salvo Siragusa – circa il 75 per cento è stato accolto, dando una boccata d’ossigeno ai nuclei familiari». Nello specifico, circa 97mila nell’Isola.

Resta, però, il tema dei controlli, che rischia di innescare agitazione tra i beneficiari del reddito, soprattutto nei piccoli centri dove ci si conosce tutti e possibilmente si sa bene chi ha percepito il massimo benefit perché a Isee pari a zero, pur – magari – facendo lavori saltuari. E in nero. Come funzionerà il meccanismo del controllo adesso? «Gran parte delle verifiche – aggiunge Siragusa – sarà affidata alla figura dei navigator, che nell’accompagnare i beneficiari del reddito nel mondo del lavoro, avranno il polso della situazione anche su eventuali irregolarità. E poi, ovviamente, ci sono i centri per l’impiego, l’Inps, le forze dell’ordine».

Il bando per individuare i primi tremila navigator a livello nazionale (la quota parte per la Sicilia sarà di 400 unità) è stato pubblicato la scorsa settimana e sarà gestito dall’Anpal. Successivamente, anche le Regioni si occuperanno dell’ulteriore potenziamento dei centri per l’impiego. Ma sulle irregolarità Cancelleri avverte: «Ricordo a tutti che già il lavoro nero costituisce reato di suo. Ma la persona che percepisce il reddito di cittadinanza e lavora in nero, commette un reato assai più grave, che è quello di truffa allo Stato. Una cosa, per intenderci, che viene punita fino a sei anni di reclusione. Mi auguro che non emerga neanche un caso di questo tipo. Sarebbe davvero una cosa spiacevole, ma la legge parla chiaro».

Miriam Di Peri

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