Tredici uomini, di età compresa tra i 23 e i 30 anni, verosimilmente di origini nordafricane. Sono le prime salme recuperate dalla marina militare dal relitto inabissatosi lo scorso 18 aprile nelle acque del Mediterraneo – a circa 77 miglia dall’Italia – provocando la morte di circa 700 persone. I corpi sono arrivati ieri al porto di Catania all’interno di container con temperature a meno 20 gradi e sono stati portati in un’area attrezzata all’interno dell’ospedale Vittorio Emanuele.
Le operazioni vedono coinvolti il Comune etneo, prefettura, forze dell’ordine e anche la procura. Gli inquirenti hanno aperto un fascicolo che al momento vede accusati il presunto scafista tunisino Mohammed Ali Malek e l’aiutante siriano Mahmud Bikhit. L’imbarcazione sarebbe affondata dopo l’arrivo di un mercantile portoghese, il King Jacob, intervenuto a seguito dell’sos ricevuto dalla guardia costiera italiana. A causare la tragedia, come più volte dichiarato dalla procura di Catania, non sarebbe stata la collisione tra i due mezzi, ma una manovra errata del comandante Malek.
Sui corpi recuperati sono in corso le analisi del dna per la loro identificazione. Secondo le prime ipotesi, la morte sarebbe avvenuta per annegamento. Gli accertamenti sono condotti dalla polizia scientifica e da esperti degli atenei di Catania, Palermo e Messina guidati dal medico forense Cristina Cattaneo. Il coordinamento per conto del Comune è affidato all’assessora Valentina Scialfa. «Abbiamo dato il via a una tipologia di operazioni diversa da tutte le altre e che mette insieme una serie di complesse procedure che stiamo armonizzando e codificando proprio adesso», ha spiegato attraverso un comunicato stampa diffuso da palazzo degli Elefanti. Una volta conclusi gli esami, garantisce il sindaco Enzo Bianco, l’amministrazione si farà carico dei funerali e delle sepolture. Su indicazione della prefetta Maria Guia Federico, «sono state recuperate 13 bare prelevate da un’azienda confiscata alla mafia».
I corpi sono stati trovati dagli esperti della marina sul fondo del mare, a circa 370 metri di profondità. Per il recupero è impiegato il cacciamine Gaeta, una unità navale da ricerca costiera e le navi Leonardo e Gorgona. Su quest’ultima imbarcazione, con il supporto della croce rossa, vengono custodite le salme prima di essere portate a Catania.
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