Arrivano in piazza Università con gli striscioni alla mano, da piazza Duomo, con il sole alle spalle e un frastuono infernale. Urlano, cantano, si accalorano. Chi ascoltava, con il sole negli occhi, da piazza Università questo turbinio di voci, avrebbe giurato che fossero migliaia. Invece erano 150, arrivati con i bus alle 11 del mattino nel Palazzo Centrale della propria Università dopo due ore e più di viaggio. Li aspettano in pochi, qualche telecamera, forse cinque agenti di polizia. Li fanno “sfogare” per qualche minuto con cori contro il Rettore, “chi non salta Recca è“, li fanno entrare nel cortile, poi accomodare in Aula magna, con il preciso impegno di “protestare, ma in silenzio“. E loro così fanno, salgono le scale con un coro di “shhh, facciamo piano“, come fanno gli operai in sciopero quando entrano per la prima volta nell’ufficio del megadirettoregalattico, che l’educazione e il confronto civile sono alla base di qualsiasi confronto diplomatico.
“Questa è la sede del rettorato, l’Aula magna, rappresenta l’ateneo” dice qualcuno con solennità, e sta in un Palazzo che, da studenti dell’Università a tutti gli effetti, è anche un po’ il loro. E loro, il cui destino da studenti di questo ateneo è in dubbio, lo trattano con un rispetto reverenziale che qualunque studente catanese si è dimenticato, se mai lo ha avuto. I 150 studenti in protesta giunti oggi da Ragusa e Modica però, non hanno avuto lo stesso trattamento di rispetto, non sono stati presi molto sul serio.
Nell’Aula Magna occupata, nel silenzio e nel rispetto di 564 anni di storia, non c’è nessun rappresentante del Rettore ad accoglierli: non ci sono professori, non ci sono studenti catanesi solidali. Si presentano solo un paio di rappresentanti degli studenti (due) eletti negli organi superiori, che però sembrano non molto informati sulla questione Ragusa. Dopo tanti chilometri, anche se l’Ateneo non manda nessuno per un confronto, con gli studenti in Aula magna, tanto vale fare un dibattito “fra pari“, per non dire di aver viaggiato a vuoto.
Il primo a prendere la parola è Nuccio Rinzivillo, rappresentante degli studenti in Senato accademico, che parte subito con “sono dalla vostra parte, e mi batto per le questioni delle sedi distaccate“. Rivolge frasi di solidarietà generica agli studenti in sala, fa qualche generico accenno alla situazione, legge un foglio che spiega in maniera generica la situazione debitoria del Consorzio ibleo. Generalizzando, fra gli studenti in sala serpeggia una certa diffidenza verso il rappresentante, uno dei due ad essersi fatto vivo, e scoppia una piccola polemica con Mario D’Asta, presidente del Circolo universitario Ibleo: “Da che parte stai, dagli studenti o del Rettore? Forse lo hai anche votato Recca, ma non lo vogliamo sapere“.
La miccia è una dichiarazione del Senatore accademico, che rivolto a una persona in sala chiede: “Lei è un amministratore? Beh, lei è stato un cattivo amministratore“. Vero o falso che sia che i problemi del polo ragusano siano derivati dalla cattiva gestione, gli studenti iblei hanno potuto portare a sostegno delle proprie ragioni solo un verbale di assemblea in rettorato dello scorso 29 maggio, nel quale si faceva riferimento – sempre genericamente – all’intento da parte del Consorzio ibleo di ripianare i debiti. Ma la situazione è precipitata, e il Rettorato, secondo gli studenti ragusani, non ha rispettato gli accordi. Difficile dire nulla di più, in assenza di esponenti ufficiali, e dopo qualche momento di brusio (e il primo dei due rappresentanti che conclude il discorso con l’abilità di non far capire come la pensa), prende la parola Antonio Corrado, rappresentante studentesco Consiglio di Amministrazione, che esordisce con un “sono stato eletto anche con i voti delle sedi decentrate, ci tengo a sottolinearlo“. Anche in questo caso non prende posizioni nette, pro o contro il Consorzio, pro o contro il Rettore. Sposta il problema su un livello più alto: “Forse non c’entra l’Università o il Consorzio, la colpa in fondo è dei comuni, delle province, della Regione e sempre più su“. Una uscita alla Grillo, che non scontenta nessuno, ma non piace a nessuno. Forse perché è condivisibile come ragionamento, ma che c’azzecca con l’urgenza degli studenti che temono di non poter più continuare gli studi, buttando molti esami sostenuti (a Modica) o semplicemente di non potersi più iscrivere vicino casa?
Le domande che 150 studenti ragusani volevano fare al Rettore oggi erano in fondo semplici: come devo fare per continuare gli studi senza dover stravolgere i miei progetti? Come farò, se dovrò trasferirmi, a trovare casa a Catania o a Roma o in qualunque altra città? Se il mio corso verrà cancellato, mi riconosceranno tutti i crediti?
A questo punto andiamo via dall’Aula magna. Nessun dibattito concreto o confronto sui temi, sui soldi, sui presunti accordi fra il Consorzio Ibleo e il Rettore dello scorso 29 maggio, scritti su un foglio sbandierato in Aula, ma che alla lettura sembrava più quello che era: un verbale, non un accordo. Niente in mano, nessuno a difenderli, nessuno ad ascoltarli, e nessuna risposta ai problemi concreti. Gli studenti ragusani dopo non molto tornano anche loro a casa, probabilmente più sfiduciati che mai. Agli studenti di Ragusa e Modica, giunti oggi a Catania per protestare contro una chiusura dei poli universitari che vedono come uno scippo, resta poco da sperare.
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