Ragazzi, arriva il referendum per abolire il Fiscal Compact

MOLTO INTELLIGENTEMENTE, CHI LO HA PROPOSTO HA AGGIRATO I VICOLI MASSONICI E ANTIDEMOCRATICI (I DUE TERMINI, DECLINATI IN SENSO ‘EUROPEISTA’, SONO ORMAI SINONIMI) VOLUTI DA QUEI GRAN FIGLI DI… TROIKA

La notizia è di quelle buone: Sinistra Unita-AreA di Progresso e Civiltà ha promosso il comitato referendario per cambiare la legge 243/2012 che regola la materia del Fiscal Compact. Lo slogan prescelto è “Sì alla fine dell’austerità; Sì all’Europa del lavoro e di un nuovo sviluppo”.

Perché la notizia è buona? Per la ragione che il referendum chiama il popolo italiano a pronunciarsi su una questione che gli è stata imposta dalla Troika, cioè dalla Commissione europea, dalla Banca centrale europea (Bce) e dal Fondo monetario internazionale (Fmi). Imposizione dei governi italiani non eletti da nessuno, ma inventati dal Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, allo scopo di evitare che il popolo italiano si esprimesse su una opzione politica attraverso il voto politico. Governi che hanno fatto scelte suicide per il popolo italiano, rendendo il nostro Paese prono ai voleri delle massonerie finanziarie europee.

Va ricordato che, a seguito degli impegni assunti in Europa dall’ex Governo del professore Mario Monti – nominato senatore a vita per grazia ricevuta -. l’Italia, a partire dal prossimo anno dovrà abbattere il proprio debito pubblico di 50 miliardi l’anno, per vent’anni. Questo prevede il Fiscal Compact, un trattato internazionale demenziale voluto dal Governo Monti e approvato dal Parlamento di nominati (legge eletti con il Porcellum).

Ebbene, di questa scadenza né il presidente del Consiglio Matteo Renzi, né il ministro dell’economia, Padoan, parlano. I loro discorsi pongono al centro dell’attenzione nazionale il taglio di 20 miliardi di euro per abbattere i costi del lavoro e la tassazione in generale, pur sapendo che questa scadenza non può essere disattesa, specie a seguito dei reiterati impegni assunti in sede europea da Matteo Renzi, quando ha formalmente confermato il rispetto dei patti in essere con l’Europa. Il Fiscal Compact è per l’appunto uno dei patti assunti (forse è meglio dire: costretti a prendere) con l’Europa.

Mentre il Governo italiano traccheggia con la “flessibilità” nell’applicazione dei parametri del Trattato di Maastricht – parametri che taluno chiama eufemisticamente “austerità”, per non definirli nella maniera più appropriata “sbagliati” e, perciò, da modificare urgentemente – qualcuno ha pensato bene di far pronunciare sull’argomento direttamente il popolo italiano, seppure per induzione, cioè in forma indiretta. Le ragioni di questo ‘aggiramento’ risiedono in due precetti costituzionali; l’uno riguarda l’ultimo comma dell’articolo 41 del testo modificato che vede inserito l’obbligo del pareggio di bilancio da parte dello Stato e l’altro, l’articolo 75, che non prevede la possibilità di referendum popolare, oltre che sui trattati internazionali, anche “sulle leggi tributarie e di bilancio”.

Per ovviare a queste difficoltà normative, il comitato referendario ha ritenuto, quindi, di abrogare le norme che prescrivono le modalità di attuazione del principio di equilibrio di bilancio. Un modo intelligente per impedire il pronunciamento di inammissibilità da parte della Corte Costituzionale. A sostenere il comitato referendario c’è il movimento che ha promosso la lista L’Altra Europa con Tsipras e, sembrerebbe, anche la Fiom-Cgil. Due componenti importanti della Sinistra politica e del Lavoro, ovvero di coloro che interpretano e difendono gli interessi di chi è chiamato a sopportare le pesanti conseguenze dei grandi operatori finanziari che dominano le strategie economiche europee e nazionali: gli interessi delle banche, delle compagnie di assicurazione, degli operatori di Borsa del grande capitalismo parassitario.

Capitalismo che vive dei profitti finanziari ricavati dagli investiti finanziari nei debiti pubblici europei e mondiali, essendosi approvvigionati del denaro occorrente, ad interessi vicini allo zero, ed impiegato proficuamente, a reddito sicuro, senza correre alcun rischio di mercato ove l’avessero investito in attività produttive.

Che ben venga, dunque, il referendum che consentirà al popolo italiano di esprimersi sulle strategie economiche italiane ed europee, strategie che ci obbligano ogni anno a sborsare nei riguardi delle rendite finanziarie circa 80 miliardi per gli interessi sul debito ai quali si aggiungono per i prossimi vent’anni i 50 miliardi all’anno per onorare il Fiscal Compact. Pagare ogni anno e per 20 anni otto/nove punti di Pil, Prodotto lordo nazionale, significa rinunciare alla gran parte dei servizi pubblici, dalla sanità alla scuola, dai trasporti alle pensioni, fino allo sviluppo del Paese per mancanza di mezzi finanziari da destinare agli investimenti, eccetera, eccetera.

Scegliere in seguito l’opzione referendaria tra il Sì ed il No sarà cosa abbastanza facile. E’ sufficiente porsi una semplice domanda: siamo pazzi o idioti vocati al suicidio collettivo?

Foto tratta da tabletipgames.com

Riccardo Gueci

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