Radio Luxembourg, da Catania all’Africa

Serafino Famà e Ken Saro Wiwa, il primo avvocato, il secondo scrittore e attivista africano. Nel 1995 entrambi furono uccisi, Famà il 9 novembre e Ken Saro il giorno dopo.
L’avvocato catanese fu assassinato all’uscita dal suo studio con sei colpi di pistola. L’ordine partì dal carcere. Fu Giuseppe Di Giacomo, reggente del clan Laudani, a volere la sua morte. Secondo Di Giacomo l’avvocato era “colpevole” di aver consigliato alla moglie di un suo assistito di astenersi dal fare dichiarazioni nel processo che coinvolgeva il marito. Di Giacomo pensava di poter essere scagionato grazie alla deposizione della donna e riteneva Famà la causa della sua mancata scarcerazione visto che aveva convinto la donna a non deporre. Nella sentenza che ha condannato all’ergastolo Di Giacomo, gli autisti e gli esecutori, si legge: «il movente dell’omicidio va individuato esclusivamente nel corretto esercizio dell’attività professionale espletata dall’avvocato Famà». Insomma, Famà fu ucciso perché credeva nella giustizia, perché aveva svolto il suo lavoro fino in fondo.

Ken Saro Wiwa era uno scrittore e un autore televisivo, ma soprattutto è stato uno degli intellettuali africani più influenti. Ken Saro era un Ogoni, un’etnia minoritaria in Nigeria ma la più presente nel Delta del Niger. Negli anni Ottanta cominciò la sua lotta contro il governo nigeriano e le compagnie petrolifere che estraevano petrolio nel delta. «Accuso il governo nigeriano e le multinazionali del petrolio di genocidio e devastazione del territorio Ogoni» disse Ken Saro nella sua ultima intervista. Nel 1990 diventò leader del Mosop (Movement for the Survival of the Ogoni People) ed era riuscito a mobilitare oltre trecentomila persone che chiedevano il blocco dell’estrazione di greggio da parte della Shell. Tutto il movimento era contro il regime, corrotto e autoritario, del presidente Abacha.
In quattro anni fu arrestato tre volte, l’ultima nel 1994. Un anno dopo, il 10 novembre, mentre i nigeriani festeggiavano la vittoria della loro nazionale nella Afro-Asian cup, Ken Saro fu impiccato, insieme ad altri otto attivisti del Mosop. Il processo a cui fu sottoposto Ken Saro suscitò numerose perplessità e critiche da parte di molte organizzazioni umanitarie. In molti tentarono di difenderlo cercando di dimostrare il coinvolgimento della Shell nell’esecuzione di Ken Saro. Ci riuscì Jenny Greene, avvocato di New York, che avviò una causa contro la multinazionale del petrolio. Nel 2009 la Shell pagò un risarcimento di 15 milioni e mezzo di dollari sostenendo di averlo fatto «anche se Shell non ha partecipato alle violenze che sono avvenute, però ci sono dei querelanti e delle persone che hanno sofferto». Nonostante le dichiarazioni della multinazionale sono in molti a pensare che c’erano documenti che dimostravano la violazione da parte di Shell dei diritti umani. Per l’avvocato Greene «l’accordo è sostanzialmente un’assunzione di responsabilità».
Prima di morire Ken Saro disse: «Il Signore accolga la mia anima, ma la lotta continua». Pare che la sua preghiera sia stata ascoltata.

Le storie dell’avvocato Famà e di Ken Saro Wiwa non saranno le uniche che verranno raccontate nel prossimo appuntamento di Radio Luxembourg. Altri due racconti completeranno la trasmissione: la storia di un noto modo di dire che affonda le radici nelle mitologia greca e di Born in the Usa, canzone di Bruce Springsteen.

francescocurro

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