Rabbia, dolore e vergogna in piazza

Lunedì 5 febbraio ore 10 appuntamento in piazza Spedini. Un appuntamento che non ci sarebbe stato, se questa città fosse stata una città diversa. Una presenza forte quella di poche centinaia di persone tra poliziotti, tifosi, giornalisti, gente comune, che si sono incontrate nella piazza dell’orrore. Un pellegrinaggio di gente, continuo e silenzioso, di fronte ai numerosi mazzi di fiori poggiati all’ingresso della tribuna A e ai biglietti, messaggi e lettere di persone che hanno voluto dare l’estremo saluto a Filippo Raciti, il poliziotto che per adempiere al proprio dovere è stato barbaramente ucciso. Una piazza ripulita dai resti della guerriglia, ma sporca perchè macchiata di sangue innocente. Tutti il 5 febbraio si sentivano in dovere di esserci per dimostrare che Catania non è solo quello che è successo, non è solo un luogo di tragedie, non è solo un gruppo di fanatici delinquenti e assassini, o quello che hanno trasmesso i media di tutto il mondo negli ultimi due giorni. Essere presenti a questa manifestazione significava ricordare la tragica sera del derby del 2 febbraio e dire no a tutto ciò che non va in questa città.

 

“Gli incidenti si sono verificati tutti fuori, dentro lo stadio non è successo nulla. Dei criminali hanno aggredito le forze dell’ordine” ha dichiarato Ivan Maravigna, segretario UIL della Polizia di Messina. “Noi siamo qui per testimoniare la nostra solidarietà a una persona che è caduta per difendere la legalità in questa città, per promettere il nostro impegno di vigilanza continua, per stare vicino alle forze dell’ordine, per sentirci uniti come cittadini, per dire che queste sono persone che non appartengono alla nostra società, che sono frutto di emarginazione sociale nei grandi centri urbani – come Milano, Torino, Roma – per la quale c’è gente che ha responsabilità politiche che vanno accertate. Questo tentativo di generale criminalizzazione verso una città laboriosa, onesta, pulita lo rimandiamo al mittente. Catania è ben altro da quello che si vuole far credere, è una città piena di valori e di cultura che sta reagendo”.

 

“La situazione può cambiare, – ha prosegito Maravigna – anch’io sono un poliziotto e so che se Raciti avesse sparato per difesa e avesse ucciso il ragazzo, adesso sarebbe stato criminalizzato lui. Ma noi non parliamo solo di Catania. C’è una sala del parlamento della Repubblica che porta il nome di Carlo Giuliani, il giovane che con un estintore in mano cercò di aggredire una camionetta al G8 di Genova. Un collega giovanissimo, di 18 anni, si difese e sparò per legittima difesa. A Giuliani hanno dedicato una camera del parlamento e sua madre è stata portata in senato da Rifondazione comunista. Ma che esempio diamo alla gente? Che aggredire la polizia è una cosa legittima? E che se muori ti intestano le sale del Parlamento? A parte le scritte ‘Giuliani è stato vendicato’ c’è anche l’ipocrisia di gente che ha cercato di politicizzare qualcosa che di politico non ha nulla”.

 

Ma chi si nasconde dietro questi delinquenti mascherati da tifosi? Secondo due ragazzi che erano presenti venerdì allo stadio “Sono dei gruppi organizzati, è gente bene o male conosciuta che si trova la domenica nelle curve. Non so se fanno parte degli ultras, ma penso che chi ha fatto danno fuori, non è solo gente esterna allo stadio. Fino all’arrivo dei tifosi del Palermo la situazione era tranquilla, poi sono arrivati i lacrimogeni all’interno della curva…”

Qualcun altro, una volta appresa la notizia dell’arresto del figlio di un poliziotto, ci ha detto: “Ormai hanno buttato fuori i valori per far posto alle cose inutili, ai telefonini, alle scarpe firmate. Mi dite voi cosa c’entra un figlio che vuole uccidere il padre, un figlio contrapposto al padre, cosa c’entra col calcio? Questa è solo mancanza di valori. Questi sono i giovani che vanno in via Etnea per fare bullismo, per lanciare uova contro le botteghe dei commercianti, per fare violenza”.

Sull’argomento Maravigna ha sottolineato: “Questo è un paradosso, è frutto di quel disagio sociale di cui parlavamo prima. Purtroppo la perdita di valori c’è anche in alcune famiglie dei poliziotti. Non sappiamo cosa ci sia dietro, quale condizione familiare…ma prima di decidere di lapidare una persona bisognerebbe con serenità analizzare i fatti”. Sono in molti a sostenere che questi delinquenti sono rigirati dagli stessi ultras, che stanno dentro lo stadio, mentre i ragazzini vengono lasciati fuori a fare i danni e creare scompiglio.

 

Di recente, come soluzione a questi eventi drammatici, si è parlato di partite a porte chiuse, interruzione del campionato e persino di questioni come lo scioglimento dei club sportivi, ipotesi che Maravigna non condivide: “Vietare i club e le trasferte è assurdo ed anticostituzionale. Sono dei provvedimenti restrittivi alla libertà personale. La libertà di associazione rientra nell’articolo 18 della costituzione. Non possono abolire queste libertà, solo perché loro non sono in grado di gestire una situazione di ordine pubblico. Invece si accerti il responsabile di chi ha dato l’autorizzazione all’apertura del Cibali e di altri diciotto stadi illegittimi. Ci sono diciotto persone tra prefetti, politici e segretari che hanno firmato un’autorizzazione che non doveva essere firmata. Questi pagheranno o no? O si troveranno i colpevoli per le responsabilità oggettiva nei tifosi, nel Catania Calcio? L’Italia può stare benissimo un anno senza calcio, per mettere gli impianti a norma, i tifosi sanno aspettare. Il problema è che ci sono di mezzo altri interessi più grandi. Io, come sindacalista di polizia, sono stato additato perché la sera in cui sono successi i fatti ho minimamente accennato all’indennità che un poliziotto percepisce per venire allo stadio, ma io volevo parlare dell’assurdità degli stipendi dei calciatori, e non dico dei nostri calciatori del Catania, ma di un Moratti che spende quanto uno stato africano per mettere su una squadra di calcio. Che senso ha vincere lo scudetto quando ti sei comprato chiunque? Che senso ha più questo calcio?”

E se per il presidente Matarrese vale la regola dello “show must go on”, per la gente comune questa è solo una grande mancanza di rispetto.

 

E oltre alla morte di Raciti, agli stadi non a norma di legge, alle varie ipotizzabili decisioni che verranno prese da dirigenti e governo, c’è chi parla anche dell’ingiustizia all’interno del Massimino e della “legge del più forte” dettata da chi gestisce lo stadio.

Un giovane tifoso ci ha raccontato che “In troppi vengono allo stadio senza abbonamenti e senza biglietto. Io faccio l’abbonamento e poi devo rischiare perché mi spingono, devo andarci sempre un’ora e mezza prima, perché se arrivi in ritardo non trovi il posto a sedere. Troppa gente entra sistematicamente senza pagare, di conseguenza allo stadio siamo sempre il doppio, non possiamo neanche muoverci, e se succedesse qualcosa potrebbero morire un sacco di persone”.

 

E tra le tante voci, le tante lamentele, tra la rabbia e la vergogna per quello che è successo, un veterano frequentatore del Massimino ha rivelato: “Ogni volta che vado allo stadio devo mostrare l’abbonamento agli abusivi per potere avere il mio posto a sedere! E’ assurdo. A me non hanno mai controllato l’abbonamento che mi è costato 1000 euro. Lo stadio è fatto per ospitare 20 mila persone ma di fatto ne entrano sempre almeno 30 mila. E’ una vergogna. Gli ultras, che sono nati nel ’94, dicono che io non ho diritto di parlare e di commentare perché ‘non mi faccio le trasferte’, ma sono 52 anni che vado allo stadio, mentre per questa gente io non sono niente”. Chi sono questi “padroni dello stadio”? “Sono le maschere (ndr, quelli che staccano i biglietti). Si fanno milioni di incassi, perché a testa hanno 50-60-70 amici. Una volta una maschera mi ha aggredito perché mi ero accorto che quattro ragazzi avevano rubato i biglietti ad altri ragazzi con i biglietti alla mano che poi non sono riusciti ad entrare. Io l’ho fatto presente e mi hanno minacciato e massacrato di botte nell’antistadio”.

 

Ma le ingiustizie non sono solo allo stadio. “Ci sono le persone sbagliate nei posti giusti – afferma un cittadino. – Sono favorite le conoscenze: ci sono quelli che fanno la fila e quelli che entrano dalla porta sul retro. Qui allo stadio, come al pronto soccorso. Fanno i controlli solo alle persone oneste, per far vedere che i controlli li fanno”. Come a dire che è l’illegalità a farla da padrone. Del resto siamo in Sicilia, a Catania. Dove comincia e che dimensioni ha la parte marcia della città?

Noemi Coppola

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