Da Qumran a Catania, passando per la Francia e arrivando alla fine nel Surrey in un viaggio che inizia nel 150 avanti Cristo e fa tappa ai giorni nostri. Sembrerebbe la trama di un nuovo bestseller di Dan Brown, invece sono le coordinate spazio-temporali di uno studio effettuato sui celebri Rotoli del mar Morto da un gruppo di studio dell’Università di Catania coordinato dal prof. Giuseppe Pappalardo.
I rotoli del mar Morto sono dei manoscritti rinvenuti a Qumran, nell’odierna Cisgiordania, tra il 1947 e il 1956. I rotoli si dice furono ritrovati in maniera quasi “biblica” da un pastore che, cercando una pecora smarrita, s’imbatté in una serie di anfore nascoste dentro a delle caverne sulle rive del mar Morto. Quasi immediatamente fu compresa l’immensa importanza della scoperta: tra i 15mila frammenti (quasi 900 documenti in totale), scritti in aramaico, greco ed ebraico, si celava la più antica edizione del Testo masoretico, l’edizione ebraica del Vecchio testamento. Quella, dunque, giunta con il minor numero di errori di traduzione e censure.
Lo studio, richiesto dall’Istituto federale per materiali di riferimento di Berlino, è stato condotto da un’équipe dei Laboratori Nazionali del Sud e dai colleghi dell’Ibam (Istituto per i Beni archeologici e monumentali) di Catania grazie all’Xpixe (X-ray and particle induced x-ray emission) uno strumento che emette radiazioni e “fotografa” i componenti chimici. Grazie al successivo intervento dell’acceleratore di particelle Tandem, i ricercatori catanesi sono stati in grado di stabilire la composizione chimica dei frammenti dei rotoli messi a disposizione dallo Shrine of the Book (la sezione dedicata a questi preziosissimi documenti) dell’Israel Museum di Gerusalemme e dalla collezione Ronald Reed della biblioteca universitaria John Rylands.
I risultati della ricerca sono stati resi noti il primo luglio dal prof. Pappalardo durante un convegno internazionale ospitato dall’Università del Surrey. Secondo gli studi del gruppo catanese, i valori di bromo e cloro presenti nei frammenti coincidono con quelli riscontrati nelle acque limitrofe a Qumran; questo dato permette dunque di stabilire con certezza che il supporto dove sono state redatte “La regola della guerra” o “Il manuale della disciplina” proveniva dallo stesso luogo di ritrovamento dei rotoli.
L’Xpixe è stato sviluppato a Catania, dai ricercatori dei Laboratori del Sud dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare in collaborazione con i colleghi francesi del Cea. L’importanza della scoperta è importante per gli addetti ai lavori, anche perché – grazie alla strumentazione catanese, l’unica nel suo genere in tutto il mondo – i frammenti sono rimasti integri dopo gli esami effettuati.
La prossima sfida che i ricercatori catanesi si trovano adesso ad affrontare è l’esame dell’inchiostro utilizzato per redigere i rotoli. Le nuove analisi sono molto attese dagli esperti archeologi e religiosi di tutto il mondo: queste nuove informazioni permetteranno di sapere se i manoscritti sono sempre stati a Qumran o sono stati prodotti sul mar Morto, scritti altrove e riportati laddove il giovane beduino Muhammad al-Hamid li trovò nel ’47. Il viaggio, cominciato a dorso di cammello, prosegue alla velocità di un acceleratore di particelle.
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