Capire oggi le dinamiche e le strutture delle organizzazioni criminali è cosa assai complessa. Ed è ancora più interessante capirle nel contesto lombardo, ed in particolare di Milano, alle prese con grossi interessi economici, giudiziari, politici e socio-culturali. Per fare luce su questo fenomeno, Nando Dalla Chiesa, Docente dell’Università Statale di Milano nonché Presidente della Scuola di Formazione Politica ‘Antonino Caponnetto’ e Presidente onorario di Libera, sta portando avanti a Milano un corso di formazione popolare dal titolo “Le organizzazioni mafiose a Milano e in Lombardia”.
Corso che prepara la strada alla XV Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime delle mafie che si terrà come ogni anno il 21 marzo (quest’anno viene anticipata a sabato 20 marzo per favorire una maggiore partecipazione da tutta Italia) quando l’associazione LIBERA si incontra con associazioni, scuole e cittadini per celebrare la memoria degli innocenti colpiti da tutte le mafie e per ribadire l’impegno quotidiano nella realizzazione di percorsi di legalità democratica e partecipazione civile.
A prendere parte ad uno di questi incontri dal titolo “La vulnerabilità del sistema lombardo: Varchi, porte e portoni. Perché le organizzazioni mafiose possono espandersi nell’attuale contesto socio-economico e culturale regionale” è stato l’avvocato Carlo Smuraglia. Già relatore per conto della Commissione parlamentare antimafia di un dettagliato rapporto sulla presenza delle cosche in aree non tradizionali, agli inizi degli anni novanta, dopo aver redatto – da consigliere comunale del capoluogo un analogo report sulle cosche a Milano (1991-1993), oggi è qui per analizzare i recenti fenomeni di corruzione che si stanno verificando in Italia.
Al termine di un incontro interessante e pieno di spunti per una riflessione sui temi dell’attualità, Step1 non ha perso l’occasione di incontrare Smuraglia e Dalla Chiesa e gli ha posto alcune domande.
Avvocato Smuraglia, perché le organizzazioni mafiose hanno gioco facile nel penetrare nel tessuto socio-economico e culturale regionale?
«Perché ci sono molti varchi e perché l’insieme è permeabile e si difende poco e male contro queste intrusioni. Naturalmente le organizzazioni criminali ne approfittano e continuano a crescere».
In che settori è più attiva la Mafia in Lombardia? E quale tra le tre grandi organizzazioni (cosa nostra, ‘ndrangheta o camorra) ha più potere a Milano e dintorni?
«Quella che ha più potere, secondo tutti gli osservatori, è la ‘ndrangheta. Un potere assoluto perché occupa tutti i campi: dagli appalti, a quelli del riciclaggio e del traffico di droga di grandi dimensioni e così via. Ha conquistato la leadership tra le organizzazioni criminali. A quanto sembra, di volta in volta può anche allearsi con le diverse organizzazioni per compiere degli affari isolati, non creando dei rapporti a carattere continuativo. Diciamo che ci tiene a tenere il suo primato».
La mafia si espande di più nei quartieri periferici abitati dagli extracomunitari o nei salotti della “Milano bene”?
«Credo che abbia cominciato dalle periferie e gradualmente si è rivolta alle piccole operazioni e alla raccolta della cosiddetta manovalanza. Le grandi operazioni certamente si fanno con i colletti bianchi e quindi negli uffici dei professionisti, nelle banche e così via».
Expo 2015: c’è chi parla di infiltrazioni della ‘ndrangheta e chi premia l’impegno di Stanca & Co. Ma quale può essere la strada da seguire attualmente?
«Ogni volta che c’è un fenomeno rilevante è logico immaginare che le mafie cercano di infiltrarsi. Per l’Expo si aspettano costruzioni, espansioni di aree e altro materiale appetibile. Bisognerebbe intensificare i controlli della magistratura ma anche quelli amministrativi di tipo preventivo sulle società, sulle operazioni edilizie e così via, per evitare che poi riescano a penetrare. Perché l’Expo è un’occasione appetita come lo sono stati i Mondiali di nuoto a Roma e come per ogni grande manifestazione».
La politica o la pubblica amministrazione hanno a che fare in qualche modo diretto o indiretto con l’espansione delle organizzazioni criminali?
«Certamente se la politica fosse indenne da ogni forma di corruzione, se gli enti locali non avessero nessun problema e fossero davvero dei muri attraverso i quali non si può passare, la Mafia troverebbe degli ostacoli. Sentiamo e leggiamo invece qua e là degli episodi che dimostrano almeno in alcuni casi che queste possibilità si aprono attraverso gli appalti e altre operazioni. Purtroppo se ne sta parlando proprio in questi giorni».
Come considera l’arresto del consigliere comunale Milko Pennisi: un fatto isolato o l’inizio di un “Tangentopoli bis”?
«Non so se si possa parlare di Tangentopoli bis o altro. Mi sembra che ci sia un insieme di fatti di corruzione ma con caratteristiche diverse di quelli dell’epoca di Tangentopoli. E’ ancora presto per sapere quale sia l’entità del fenomeno. Ancora siamo di fronte a casi isolati, almeno spero. Vedremo cosa succederà».
Prof. Dalla Chiesa, secondo lei, Tangentopoli e le stragi di Falcone e Borsellino hanno cambiato i rapporti tra mafie e potere? Sui giornali si legge ancora di intrecci perversi tra politica, amministratori pubblici e criminalità organizzata…
«C’è stata quella grande fiammata di indignazione civile e anche di paura di chi aveva giocato col fuoco. Molto si è sistemato tornando alla normalità. Non possiamo dire che nulla sia cambiato, penso ai tanti latitanti presi, però le leggi sono state peggiorative nella lotta contro la mafia a partire dalla metà degli anni ’90 ed in particolare da quella legge che consentiva l’uso sociale dei beni confiscati alla mafia ad oggi».
Non è un luogo comune dire che dove sta il potere c’è anche la criminalità?
«Non vedo perché dovremmo proporre delle teorie ricche di interpreti quando ci sono dei casi specifici e far finta che queste cose non accadano, che siano innaturali per il potere. Posso esserci dei poteri più o meno corrotti. Poteri che commettono delle illegalità e poteri che si intrecciano con altri poteri criminali. Quindi le possibilità sono tante. Il nostro caso è di un potere che non ingaggia una lotta con i poteri criminali. Anzi, un Presidente del Consiglio che annuncia che vorrebbe strozzare quelli che hanno scritto, parlato e realizzato film sulla mafia, dal punto di vista culturale è un’indicazione formidabile di ostilità nei confronti dell’antimafia».
Non reputa sbagliata la distinzione tra un’organizzazione mafiosa “violenta” al sud e da “salotto” al nord?
«E’ sbagliata perché la mafia ha saputo muoversi egregiamente anche al Sud ed ha ucciso anche a Milano. Non dobbiamo dimenticarlo questo. E’ chiaro che dove ha più interesse a non farsi vedere, cerca di selezionare anche gli atti di violenza con più oculatezza. Che è quello che sta facendo da dopo le stragi. Perché questo interesse a non farsi vedere non lo si riscontra ormai soltanto in Lombardia ma anche in Piemonte e si è manifestato anche sul piano nazionale».
Teorema Ciancimino jr: secondo lei c’è stato davvero un patto tra Stato e Mafia o è una generalizzazione che fa sfregio alla memoria di chi come suo padre ha rappresentato la parte sana dello Stato?
«Mi chiedo come si fa a pensare che non ci sia stata una trattativa. Credo che ci siano tutti gli elementi per pensarlo. Poi i contorni e le modalità specifiche sono tutte da sapere e da capire. La trattativa c’è stata e probabilmente non è mai finita».
Il video dell’incontro
Links utili
www.nandodallachiesa.it
www.libera.it
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