Quei siciliani sulle rive del Nilo per realizzare il sogno di un’agricoltura che unisca i popoli del Mediterraneo

VI RACCONTIAMO L’AVVENTURA DI TRE DOCENTI UNIVERSITARI DELLA NOSTRA ISOLA – PIETRO E LUIGI DI MARCO E LEONARDO URBANI – CHE SOGNANO UNA DIETA MEDITERRANEA TRA SICILIA ED EGITTO. UN SOGNO PER ORA REALIZZATO A META’…

Si può partire dalla dieta mediterranea e arrivare a una collaborazione tra Sicilia ed Egitto? Sembra un’utopia. Con i tempi che corrono, poi: guerre di qua, destituzioni di là. Barconi carichi di immigrati che solcano il Mare Nostrum a cura delle mafie locali. Militari americani che spaziano nel Mediterraneo. E Putin e la Cina che premono…

Insomma, chi glieli porta, con i tempi che corrono, i siciliani in Egitto? E chi li porta gli egiziani nella disastrata Sicilia della Regione siciliana? E invece, roba da non crederci, ci sono persone – siciliani in carne e ossa – che, nonostante i venti di guerra che sconvolgono il Mediterraneo, nonostante gli esodi biblici di migliaia di persone che ogni giorno cercano di attraversare il nostro mare per raggiungere l’Europa, nonostante la situazione politica egiziana – che comunque si va normalizzando – non hanno solo pensato, ma hanno in parte realizzato una collaborazione tra Egitto e Sicilia.

Ovviamente, facendo le cose per bene, senza le montagne di soldi pubblici (quanti soldi ha buttato la Regione siciliana negli ultimi dieci anni con le ‘buttanate’ mediterranee!), mettendoci le idee, la propria intelligenza, la propria professionalità, la faccia e, perché non dirlo?, rischiando in proprio.

Nella storia che vi raccontiamo la Regione siciliana – per fortuna, diciamo noi – non c’entra niente. No, qui non leggerete di assessori regionali che se ne vanno due o tre settimane in giro per il mondo in vacanza con la scusa di rappresentare la Sicilia (e infatti la ‘rappresentano’ nel nulla pneumatico…). Noi vi raccontiamo l’avventura di tre personaggi che sanno sognare a occhi aperti. (a destra, foto tratta da panoramio.com)

Sono tre docenti universitari di Palermo. Il primo e Luigi Di Marco, che insegna alla facoltà di Agraria di Palermo. Il secondo è Pietro Di Marco, fratello del primo, medico e già docente di Ematologia al Policlinico universitario. Il terzo è Leonardo Urbani, docente di urbanistica all’Università di Palermo.

Abbiamo detto che sono tre siciliani. Un po’ abbiamo sbagliato. I primi due – i fratelli Di Marco – lo sono. Il terzo, il professore Urbani, è siciliano d’adozione. Quest’ultimo ha sempre pensato che, anche in Sicilia, la politica dovrebbe essere al servizio della gente. Un idealista impenitente che non si è mai arreso all’idea, molto italiana, che la politica debba essere a servizio dei pochi, magari anche dei mafiosi. (Ora la situazione è peggiorata, perché nell’Unione europea i popoli sono stati trasformati in sudditi…con i soliti tedeschi e la Bce…).

I tre – questo il nostro dubbio – debbono conoscersi da sempre. Li lega, l’abbiamo già detto, la capacità di sognare ad occhi aperti. Partendo dall’agricoltura. Direte: perché l’agricoltura? Perché è una delle poche cose che tiene gli uomini con i piedi per terra. Soprattutto oggi, in tempo di spread, di Mari Monti, di Governi Letti-Alfani e di teratologie ontologico-politiche-economico-finanziaria-speculative varie.

Luigi e Pietro Di Marco, oltre che docenti universitari, sono agricoltori. Veri agricoltori. In Lombardia la loro azienda sarebbe a conduzione capitalistica. In Sicilia lo sa solo Nostro Signore Iddio che cosa significa condurre un’azienda agricola. Viabilità delirante, commercianti rapaci, qualche timido aiuto dall’Unione Europea o dallo Stato, enti locali assenti, solo problemi dalla Regione.

Fu così che un giorno di tanti anni fa Luigi e Pietro decidono di andare a fare agricoltura in Egitto, sul delta del Nilo. Lì i terreni non mancano. Per carità: anche in Sicilia i terreni non mancano: ma mancano tutte le altre cose: altre cose che nell’Egitto di Mubarak, invece, c’erano.

Comincia così la loro avventura a cavallo tra l’Egitto e la Sicilia. Un po’ di qua e un po’ di là, uno di qua e uno di là. Perché i due fratelli Di Marco, non dimentichiamolo, oltre che essere docenti universitari, sono sempre titolari di una bella azienda agricola in Sicilia.

Un po’ di qua e un po’ di là, dicevamo. Per osservare e studiare le similitudini pedologiche (pedologia: studio dei terreni), agronomiche, colturali e, diciamolo pure, culturali. I due fratelli hanno vissuto in Egitto negli anni in cui a raccontare questo straordinario Paese c’era Naguib Mahfouz, grande scrittore egiziano di Il Cairo. Un premio nobel per la letteratura che ha descritto in modo magistrale – e mediterraneo – la sua terra.

Ovviamente, quando è esplosa la ‘Primavera araba’ – che poi di primaverile non ha avuto proprio nulla – i due fratelli Di Marco si sono trovati nel bel mezzo della guerra quasi-civile egiziana.

Qui interrompiamo il racconto per riprenderlo da un’altra parte. Anche per non lasciare troppo in pace il professore Urbani che, dalla Sicilia, non si è mai stancato di occuparsi di agricoltura e turismo. A modo suo. Da studioso. Provando anche a dialogare con una società siciliana spenta da un lungo quindicennio di precariato: oltre 80 mila precari tra Regione e Comuni, più altri 40, forse 50 mila precari ‘stabilizzati’ in quei grandi ‘bordelli’ sociali senza capo né coda che sono ormai diventate le pubbliche amministrazioni di un’Isola sempre più disastrata e sempre più stretta dalla morsa di una crisi economica e di una militarizzazione senza precedenti (vedere il Muos di Niscemi e i droni di Sigonella).

Pensare di distogliere la politica siciliana dal clientelismo efferato è impresa impossibile. Ma questo non ha impedito al professore Urbani di avviare uno studio con i suoi due amici. Insieme, mettendo in comune l’esperienza in Sicilia e la conoscenza dell’Egitto (anche il professore Urbani si reca più volte lungo il delta del Nilo), hanno deciso di pensare a una dieta mediterranea tra la nostra Isola e la Sicilia.

Così arriviamo ai giorni nostri. Due giorni fa, i tre docenti e amici invitano un docente universitario egiziano, il professore El Araby a Palermo. Appuntamento a Palazzo Spadafora, bella residenza universitaria a poco più di cinquanta metri dal Teatro Politeama. Un convegno per parlare di un sogno che, piano piano, mette radici: la già citata dieta mediterranea tra Egitto e Sicilia.

L’occasione per andare ad ascoltare cosa pensa un docente universitario egiziano ormai di casa in Sicilia, visto che viene spesso nella nostra Isola grazie a Luigi e Pietro Di Marco e al Leonardo Urbani. Ma anche per farsi raccontare da un egiziano che cosa sta succedendo in Egitto.

Così, mezz’ora prima che inizi il convegno chiediamo un’intervista al professore El Araby. In realtà, il docente egiziano arriverà con un po’ di ritardo e ci dedicherà un quarto d’ora. Ma sarà un quarto d’ora illuminante.

La partenza è scoppiettante. “Comincia tutto con Nasser”, ci dice il docente. Gamal Abd el-Nasser (nell foto a destra, tratta da ziomania.com)che prende il potere nel 1952.

“Dalla monarchia siamo passati alla dittatura – racconta El Araby -. Con la rivoluzione contro tutti gli stranieri. Tanti stranieri, prima dell’avvento di Nasser, sostenevano l’economia egiziana. Con Nasser arriva l’isolamento internazionale. E le nazionalizzazioni. A cominciare dalla Compagnia del Canale, ovviamente di Suez. Nasser aveva tanti amici. E molti suoi amici, in buona parte militari, gestivano l’economia”.

Il docente ci racconta che anche Nasser vara una riforma agraria. Simile in tutto e per tutto a quella siciliana del 1950. Divisione delle terre. Appezzamenti spezzettati. In pratica, un mezzo fallimento. Che sia questa la similitudine tra Sicilia ed Egitto?

Il docente sorride. E ci racconta che l’economia egiziana andava bene. Era una delle migliori economie di questi Paesi. Magari con Nasser, soprattutto all’inizio, c’erano stati problemi. ma con Sadat e Mubarak l’economia prosperava.

Questo, grosso modo, è lo scenario che eredita Anwar al-Sadat. Nasser, ci dice il professor El Araby, aveva chiuso ai Fratelli Musulmani, mentre Sadat…

Gli chiediamo notizie su questi Fratelli Musulmani. Ci spiega che non sono un fenomeno egiziano. Sono presenti in tanti Paesi arabi fin dagli anni ’20 del secolo passato. Cosa vogliono?

“Rifondare l’Impero Ottomano con al governo una teocrazia”, ci risponde il docente. Un progetto, osserviamo, che non sembra il linea che gli altri ‘Fratelli’: quelli americani…

Sadat, ricorda il docente egiziano, apre ai Fratelli Musulmani. Che in Egitto, ci spiega El Araby, sono una minoranza, il 15, forse il 10 per cento della popolazione.

Morto Sadat, assassinato nel 1981, arriva Mubarak.

Gli chiediamo: che tipo era Mubarak.

“Normale”, ci risponde il docente. Ma era corrotto come dicono? El Araby ci regala un sorriso sornione: “Era come tutti gli altri. E, da quello che decifriamo, abbiamo la sensazione che ci stia dicendo che sì, magari un po’ di corruzione c’era, ma era normale.

Come in Italia?, chiediamo. Il professore sorride. No, l’Italia non si batte tra mafia, camorra, ‘ndrangheta, banche, finanza, massoneria, trattative, stragi, depistaggi, ‘Professionisti dell’Antimafia’: no, in questo campo siamo campioni del mondo a vita, altro che Egitto!

E dopo Mubarak? Arriva Morsi. Aiutato dai Fratelli Musulmani. Aiutati, questi ultimi, dal Qatar.

Ma finisce male. Perché? Perché finisce male. Anche a noi è finita male: il professore, infatti, è richiesto al tavolo del convegno. Ci lascia così. Sappiamo che, dopo Morsi, è arrivato El Sissi. Il suo non è un regime militare. Al contrario, ci dice che ha salvato l’Egitto da una guerra civile.

Lo confessiamo: siamo rimasti un po’ così. Avremmo voluto chiedergli qualcosa in più sull’agricoltura egiziana. Sulle similitudini con l’agricoltura siciliana. Sul come si fa agricoltura sulle rive del Nilo oggi. Che colture, che tecniche di coltivazione si utilizzano.

Avremmo voluto sentire anche il professore Luigi Di Marco. Per farci raccontare la sua avventura in Egitto. Ma il convegno inizia. Ci sarà una seconda puntata per farci raccontare ancora l’Egitto? Il professore Luigi Di Marco ci dice di sì.

Arrivederci alla seconda puntata, allora. La storia di Sicilia ed Egitto continua.

 

 

 

 

 

Giulio Ambrosetti

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