A proposito del preteso tentato rapimento di Catania, anche la direzione del quotidiano “La Sicilia” – come gran parte della stampa nazionale – si era affrettata a sbattere i mostri in prima pagina, contribuendo ad amplificare l’allarme sociale sui rom “ladri di bambini” già suscitato dall’episodio di Napoli. Adesso, sei giorni dopo l’udienza in tribunale, il quotidiano locale torna sull’episodio con un approfondimento più rispettoso dei fatti e più garantista nei confronti degli accusati. Peccato che – quasi a voler giustificare il dovere di cronaca – la brava Giovanna Quasimodo abbia sentito la necessità di dare per scontato un altro “tentato rapimento che si è realmente verificato lo scorso 11 maggio a Napoli”. Eppure la sedicenne indicata come autrice del tentato rapimento della bimba napoletana, preso a pretesto per dare avvio al pogrom contro il campo nomadi di Ponticelli, continua a proclamare la propria innocenza, mentre le prime inchieste giornalistiche mettono in dubbio la verosimiglianza dell’accaduto. Salutiamo comunque questo primo tentativo dei redattori della cronaca di Catania di trattare un argomento così delicato con l’obiettività ed il senso di responsabilità che sempre dovrebbero caratterizzare l’informazione. Dopo il clamore allarmistico dei primi giorni resta da vedere se a qualcuno interessa seguire l’accertamento dei fatti e l’epilogo giudiziario. O se le due vicende verranno definitivamente oscurate in nome del garantismo all’italiana: quello da riservare esclusivamente agli imputati in colletto bianco, mentre sarebbe sprecato concederlo ai “brutti, sporchi e cattivi”.
La Redazione di Step1
«Non volevamo sequestrare la bambina»
I due rom confermano d’aver rivolto parole di troppo alla madre, ma negano l’infamante accusa
di Giovanna Quasimodo
Da “La Sicilia” del 25 maggio 2008, pag. 39.
Se il sospetto del tentato sequestro della bimba catanese da parte di due giovani rom nel parcheggio di Auchan si rivelasse fondato, ci sarebbe davvero di che temere. Ma forse l’allarme sociale, almeno a Catania, potrebbe essere ingiustificato. Forse la mamma della bambina, terrorizzata al solo pensiero che volessero rubarle la figlia, soprattutto alla luce del tentato rapimento che si è realmente verificato lo scorso 11 maggio a Napoli, ha frainteso le intenzioni dei due giovani zingari e ha reagito di conseguenza, vinta dalla paura che una simile sventura potesse capitare anche lei.
Un comportamento umanamente comprensibile da parte di una madre, ma la circostanza comunque non esime da una postuma e più lucida analisi degli eventi. Così la pensa l’avvocato difensore dei due rom, Marilisa Gaeta, che intende portare avanti questa linea all’udienza del tribunale della libertà che dovrà essere fissata entro fine mese. La sua pozione, il legale, l’ha comunque prospettata già lunedì scorso 19 maggio, durante l’interrogatorio di garanzia condotto dal gip Alba Sammartino; quest’ultima, come ricorderete, a fine udienza ha convalidato le accuse di tentato sequestro di persona,
minacce e violenza privata nei confronti di Viorica Zavache, di 20 anni e del suo fidanzato Sebastian Neculau di 24, originari della Romania, emettendo nei loro confronti ordinanza di custodia cautelare.
I fatti risalgono al 15 maggio scorso. Secondo la denuncia sporta dalla mamma della piccola, Viorica le si sarebbe avvicinata all’uscita del supermercato mentre lei spingeva il carrello dentro il quale, oltre alla
spesa, era seduta anche la sua figlioletta. La zingara le avrebbe chiesto l’elemosina e al suo rifiuto avrebbe cercato reiteratamente di strappare la piccola dal seggiolino del carrello. Nel comunicato della Questura si legge che «solo la tenace resistenza della madre, che riusciva a chiudersi in macchina ed a chiamare il 113, faceva desistere momentaneamente la donna dal proposito. Ed invero – prosegue la nota stampa – la stessa rom, dopo essere andata a chiedere manforte ad un suo connazionale, ritornava unitamente a quest’ultimo sui propri passi e insieme a questo minacciava la signora di scendere dall’auto». Nel frattempo sono arrivati gli agenti (il marito della signora è un poliziotto e presta servizio non lontano da Auchan), i quali, sulla base delle indicazioni della denunciante, hanno individuato i due nomadi che, secondo l’accusa, si stavano dando alla fuga.
Sin qui l’accusa, ma secondo quanto gli indagati hanno riferito al gip, le cose sarebbero andate diversamente. Viorica ha ammesso di aver chiesto l’elemosina, ma ha anche aggiunto che la signora, nel rifiutare di darle denaro, l’avrebbe anche cacciata via in malo modo. E anche ammesso di avere reagito anche lei aspramente, rivolgendo alla signora frasi non certo benevole, senza per questo aver mai osato sfiorare con un dito la bambina. Il fidanzato di Viorica, Sebastian (arrivato sulla «scena del delitto» solo quando la madre si era già rinchiusa in macchina con la bambina e aveva chiamato la polizia col cellulare), avrebbe a sua volta confermato, anzi confessato, di avere spalleggiato la sua compagna nel battibecco con la signora. Vanno bene gli insulti, va bene qualche occhiataccia, dunque, ma lungi da lui l’idea del rapimento.
Sebastian e Viorica (riferisce ancora il difensore), pur sapendo che stava arrivando la polizia, non sarebbero scappati rimanendo nell’area parcheggio di Auchan. «E perché sarei dovuto scappare – avrebbe detto Sebastian al gip – se non avevo fatto nulla di male?». Sebastian e Viorica, inoltre, sarebbero due volti conosciuti per chi lavora o frequenta Auchan di San Giuseppe la Rena, dato che entrambi, provenienti dal vicino campo nomadi della Plaia, bivaccavano spesso in quel luogo dove praticavano l’accattonaggio.
Inoltre – rivela l’avvocato – Sebastian spesso riceveva in regalo qualche campioncino dal reparto profumeria dell’ipermercato, campioncino che poi rivendeva abusivamente all’esterno per cercare di fare un po’ di soldi. Alla difesa, pertanto appare improbabile che i due giovani abbiano potuto tentare un reato così grave in un luogo in cui erano in tanti a conoscerli; qualora avessero rubato la bambina, sarebbe stato fin troppo facile risalire a loro. Infine, anticipando un po’ quello che sarà la linea difensiva, perplessità dell’avvocato sono rivolte al fatto che la mamma della piccola, ancor prima che sul posto arrivasse la polizia, avesse sistemato in macchina la spesa fatta poco prima ad Auchan. «Ma se ha avuto il tempo di riporre la spesa – si domanda l’avvocato – vuol dire poi che la minaccia del rapimento non era poi così incombente».
Della vicenda di Viorica e Sebastian si stanno interessando anche i loro numerosi parenti del campo rom, i quali si sono rivolti anche all’associazione Si.Ro (siculo-romena) per avere conforto e sostegno.
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