Qbio, due dipendenti aggredite da uno sconosciuto «Chi dice che sia stato solo un tentativo di furto?»

«Qualche dolorino, lividi, escoriazioni e tanti capelli strappati. Ma il vero trauma è la botta psicologica, in realtà». Malgrado ne parli con tranquillità dell’aggressione subita pochi giorni fa all’interno della bottega di Qbio in cui lavora, lei, amministratrice dell’attività, non dimenticherà tanto facilmente quanto accaduto. Sono da poco passate le 14 di un normale sabato, insieme a una collega di turno tira giù tutte le saracinesche del negozio di via Randazzo, una traversa di via Terrasanta, per la pausa pranzo. Tutte, meno una. Quella che lascia a vista la porta d’ingresso. Le due donne si preparano per il meritato pranzo e per riaprire solo alle 16.30, quando sentono bussare. «Ho pensato a un cliente ritardatario, perciò ho aperto», racconta a MeridioNews l’amministratrice. Non sa, però, di avere aperto al suo aggressore.

«È entrato un uomo bassino, vestito di scuro e con un berretto di lana in testa, il suo volto era scoperto. Mi ha spinta dentro al negozio, richiudendo la porta dietro di sé, senza dire nulla – ricostruisce la donna -. Tornando con la mente a quel momento e mettendo insieme tutti i dettagli, so che sarà durato appena tre minuti o poco più, ma a me e alla mia collega è sembrato in realtà un momento lunghissimo». L’amministratrice, quasi travolta dall’uomo a cui ha aperto, inizia a urlare. Subito accorre in suo aiuto la collega, che viene a sua volta aggredita dallo sconosciuto, che la afferra per i capelli. L’uomo a un certo punto chiede loro dei soldi. Le due donne si mostrano ben disposte ad accontentarlo, purché non faccia più loro del male. Malgrado non ci sia alcuna opposizione da parte di entrambe, lui continua a usare la violenza. «Io sono stata strattonata, ho sbattuto più volte nelle scaffalature del negozio. È stata un’aggressione piuttosto brutale, ho ricevuto molte botte in faccia, ho anche perso gli occhiali».

«Sono riuscita a divincolarmi però – dice ancora -, a quel punto ho aperto la porta gridando come una disperata. La zona a quell’ora era un po’ deserta, ma speravo comunque di attirare l’attenzione di qualcuno». Lui la afferra di nuovo, ma ormai il danno è fatto e davanti, adesso, ha una porta spalancata sulla strada. Solleva il cappuccio della felpa e si dà alla fuga. Qualcuno che in quel momento passa di là e assiste alla scena prova a inseguirlo, ma è tutto inutile. L’aggressore riesce a dileguarsi. «Magari qualcuno lo stava aspettando, lo stava aiutando», si dice la vittima. Le due donne si richiudono dentro e avvisano le forze dell’ordine. Poi si fanno refertare in ospedale. Solo ieri mattina hanno completato in questura la loro denuncia contro l’uomo che le ha aggredite.

«Non so se effettivamente fosse un semplice tentativo di furto fine a se stesso – continua l’amministratrice -. Come prima cosa lui ci ha messo le mani addosso, ci ha aggredite fisicamente e fatto male, solo dopo ha chiesto i soldi. E malgrado la nostra intenzione di darglieli, lui ha continuato a malmenarci, non ha preso nulla, tanto che alla fine è fuggito a mani vuote». Dettagli che generano perplessità e dubbi nelle due donne, che si chiedono se non abbiano frainteso fino a quel momento qualche episodio del passato, qualcosa che forse doveva essere un avvertimento ma che nessuno in bottega era riuscito a cogliere. «C’è qualcosa che ci appare strano. Anche una nostra cliente del quartiere è stata aggredita davanti al portone di casa solo poco tempo fa. Abbiamo segnalato tutti questi dettagli e alcune cose accadute in precedenza e che adesso potrebbero essere utili a ricostruire tutto».

In passato, però, la bottega di via Randazzo non ha mai subito episodi simili. Aperta dal 2015, la startup si è consolidata presto in città, grazie non solo al punto vendita ma anche per via della piattaforma web e all’app ideata per valorizzare il rapporto diretto tra aziende e consumatori. «Di solito passa qualche mendicante a chiedere l’elemosina e noi regaliamo qualcosa da mangiare per aiutarli – dice l’amministratrice -. Capita che qualcuno voglia altro, ma noi non accontentiamo nessuno per non creare un’abitudine sbagliata». Solo un mese fa un signore ha avanzato insistentemente delle richieste alle dipendenti della bottega, tutte donne, e al loro diniego è rimasto per un po’ a passeggiare nelle vicinanze del negozio, in bella vista. Non è lui, però, l’aggressore di sabato. Ne sono certe tutte e due le vittime che si sono ritrovate le sue mani addosso e i suoi occhi di fronte: «Non lo avevamo mai visto, me ne ricorderei sicuramente».

Shock a parte, le due donne si dicono piuttosto tranquille. «Non abbiamo paura, qui i clienti sono innanzitutto degli amici e non ci fanno mancare vicinanza e attestati di stima, che aiutano molto a non sentirsi sole – conclude la donna -. Facciamo anche parte di Addiopizzo, una delegazione ieri è venuta a trovarci in bottega, e abbiamo in mente di organizzare qualcosa che sia non solo una reazione da parte nostra ma anche un segnale». Una risposta, cioè, da un lato a una situazione sociale sempre più imprevedibile e incontrollabile, che genera poveri, disperati e, in certi casi, potenziali criminali improvvisati. Dall’altro, a una cultura ancora oggi troppo maschilista che vede nelle donne delle prede facili: «Vogliamo fare emergere soprattutto questo aspetto, che ci sta molto a cuore dato che l’anima di Qbio è al femminile».

Silvia Buffa

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