«Ma io non ho capito perché hanno messo tutti questi adesivi sui sedili e a terra». A chiederlo è una ragazza che avrà, a occhio e croce, una ventina d’anni. Prima di salire sull’autobus 2-5 a piazzale Sanzio, si è abbassata più volte la mascherina chirurgica per baciare il suo fidanzato. È lui a risponderle alla domanda: «Non è che con la fase due il coronavirus è sparito all’improvviso». Si siedono distanti, separati dal corridoio, nei posti dove non c’è il bollino giallo che indica di lasciarlo libero «per la sicurezza». Sulla fiancata del bus dell’Atm ci sono gli adesivi con le istruzioni per l’uso dei mezzi pubblici per la fase 2: possono salire al massimo undici passeggeri, con l’obbligo di indossare la mascherina e di rispettare la distanza di un metro.
Alle 11.45 si parte. L’autista è dall’altro lato della barricata che, nei fatti, è una catenina di plastica bianca e rossa. Fino a via Etnea va tutto liscio. È alla fermata di corso Sicilia che il bus comincia a riempirsi – compresa me siamo 16 – Tutte le persone hanno la mascherina, molte anche i guanti, ma le distanze di sicurezza non vengono rispettate. Qualche fermata dopo salgono altre sette persone. In tutto, adesso, siamo 23. «Loro non possono salire, siamo già troppi», lamentano diversi passeggeri. «Se qualcuno non avesse suonato per prenotare la discesa, non mi sarei fermata», risponde la conducente prima di procedere nella sua corsa. Attorno alla scritta “stai qui” e ai due piedi disegnati nell’adesivo per terra – nell’area solitamente riservata ai passeggini – ci stanno tre-quattro persone. Altre sono accalcate vicino alla porta centrale da cui si sale e si scende. A piazza Alcalà il mezzo si svuota.
Molti dei passeggeri hanno in mano buste della spesa piene, altre raccontano al telefono le commissioni (ricarica, bollette) per cui sono uscite di casa. Ripartiamo da lì in 4. Per tutto il percorso del ritorno a bordo non ci sono mai più di sei persone. «Sono sul 2-5, mi sto ritirando», risponde una anziana al cellulare che, prima di parlare, si abbassa la mascherina chirurgica. Sul display a bordo dell’autobus scorre di continuo la scritta “prove tecniche”. Per l’Amt, in effetti, la fase 2 sembra essere ancora a quello step.
«La situazione è ingestibile e, al momento, non c’è soluzione», ammette a MeridioNews il presidente di Amt Giacomo Bellavia che, già lo scorso 29 aprile, aveva mandato una lettera al prefetto Claudio Sammartino per sollevare le prevedibili criticità della fase 2 per il trasporto pubblico locale. «Il timore che lo scenario rappresentato possa provocare assembramenti alle fermate e all’interno dei bus – si legge nella nota che ha come destinatari anche il sindaco di Catania Salvo Pogliese e l’assessore alla Polizia municipale Alessandro Porto – è concreto e difficilmente affrontabile con i soli strumenti dell’azienda». A quanto pare, il timore dell’Amt era anche ben fondato.
«Gli autisti da soli non riusciranno a fronteggiare la situazione – spiega Bellavia – In tutta Catania ci sono 1500 fermate e ci vorrebbe un presidio di tipo militare». Quello che c’è, invece, è il supporto dei vigili urbani e della protezione civile ma solo nei capolinea di piazza Borsellino e della stazione centrale. «Ai conducenti abbiamo impartito ordini di servizio non solo sul rigoroso rispetto del limite massimo dei passeggeri – sostiene il presidente di Amt – ma anche di fare scendere le persone fuori dalle fermate per evitare che, se il mezzo è già pieno, possano salirne delle altre».
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