Fase 2, la sfida di chi ha deciso di riaprire il bar «Abbandonati dallo Stato, proviamo a ripartire»

«Aprire oggi significa evitare di lasciare le saracinesche chiuse per sempre». Nel giorno uno del dopo lockdown diversi bar di Catania hanno deciso di rimettersi in moto, ma il rompete le righe generale però non c’è stato. Per molti ricominciare non è conveniente. Chi ha deciso di farlo si è inevitabilmente dovuto adeguare alle nuove prescrizioni governative per contenere il diffondersi del virus. Ingressi a uno a uno, nessuna possibilità di consumare al banco e asporto consentito ma solo per consumazioni lontane dalle attività commerciali. Paolo Viscuso, titolare dell’Urban Caffè di via Rodi, ha rialzato la saracinesca dopo 55 giorni. «Abbiamo sanificato tutto. Senza guadagni stava diventando davvero dura», spiega a MeridioNews

I clienti del suo bar arrivano a ritmo costante. Gente di passaggio, alcuni con la sorpresa negli occhi nel ritrovare l’attività aperta. «La prima cosa che ho venduto oggi è stato
un cornetto e un caffè». Proprio gli espressi sono quelli che vanno per la maggiore. Tutti rigorosamente «da portare via». Per evitare assembramenti, e scoraggiare le consumazioni all’interno, sono stati tolti pure i cestini. La vita ricomincia a piccoli passi.  

In
via Lavaggi anche Salvatore Fabio Vecchio ha deciso di riaprire il suo Moka coffee soul. «Ho due figli e l’affitto da pagare. Praticamente in questi mesi ho accumulato soltanto debiti», racconta, sconsolato, a MeridioNews. «Lo Stato ci ha abbandonato – aggiunge – Dopo due mesi non ho ricevuto il bonus da 600 euro e l’unico che mi ha aiutato è stato mio suocero». Esposti nel bancone, oltre a diversi cornetti, ci sono pure alcune pizzette. All’ingresso, invece, un flacone di sanificante per le mani per i clienti. Quella cominciata oggi è una sorta di sperimentazione. Due settimane, fino al 17 maggio, e poi si tireranno le somme. Almeno per chi ha deciso di ricominciare. 

Dario De Luca

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