Professor Colucci, ovvero maestro Polunin

E’ stata, certamente, una lungimirante idea, accoppiata a tanto buon gusto, riproporre nel corso degli ultimi anni, per ben la terza volta, l’ospitalità ad uno spettacolo con la S maiuscola come quello ideato dal sessantunenne Vyacheslav Ivanovich, meglio conosciuto come Slava Polunin, definito “a Russian performance artist and clown”, creatore di stage-spettacoli, quali “Asisyai-revue”, “Diabolo” e questo “Slava’s Snowshow” in tournée organizzata dall’«ATER» (Associazione Teatrale Emilia Romagna), una delle più grosse aziende teatrali, produttrici di spettacoli italiani e internazionali. Ha avuto il duplice effetto di “ringiovanire” la vecchia sala del “Biondo”, da molto tempo abituata alla naftalina delle pellicce delle “signore per bene” (eccetera, eccetera, eccetera) con spettatori giovanissimi che gagliardamente godono di uno spettacolo insolito e che finisce con l’elettrizzarli, accompagnati da genitori anch’essi stupiti (non si capisce la disposizione imposta dalla direzione della Compagnia che invita alla visione dello spettacolo i bambini superiori agli otto anni) e, nello stesso tempo, ha rimpinguato, con soldi pronta cassa, il botteghino notevolmente provato dalla crisi e dal malgoverno cittadino.
Noi non parleremo dell’emozionante spettacolo dei clown che indossano un lungo cappotto color verde pastello, dai lunghissimi neri piedoni e che portano cappelli a mo’ di un pezzo d’elica di fantastici aviatori, delle loro trovate, dei paesaggi innevati dove si svolgono le varie azioni comiche o di una scena con il mare in tempesta e con tanto di pescecani, nella quale si rimane imbambolati di fronte all’azione tragicomica sottolineata dal leit motiv di “Momenti di gloria” del compositore greco Vangelis e per finire dei ballon che improvvisamente, con una sapiente magica regia invadono la sala e … diventiamo tutti bambini!
Vi parliamo, invece, del protagonista tra i tanti “piedoni neri”, protagonisti comprimari e, cioè di quell’emulo del creatore (Slava, da anni non si esibisce più nelle tournée perché preferisce rimanere a creare nella sua dimora, un mulino ad acqua restaurato nelle vicinanze di Parigi). L’attore pantomimo danser architetto è Onofrio Colucci, nativo di Martina Franca, il delizioso centro adagiato sulle colline sud orientali della Murgia, situato a 431 metri d’altezza sul livello del mare e che domina la seducente Valle d’Itria, magnifica distesa verde biancheggiante di trulli, nella provincia tarantina.
Un meridionale, un “terrone” che si è fatto onore e onora il nostro Meridione abbandonato, ma non per questo povero di fermenti e di talenti che spesse volte riescono a varcare, come in questo caso, quella invisibile frontiera che ci separa dal resto dello Stivale e addirittura uscirne per lidi più lontani, ma dove, sempre, l’arte è apprezzata e incoraggiata di più che da noi. Colucci è uno di questi; è più noto, in effetti, all’estero che in Italia.
È giusto chiarire che la scena è popolata dai “piedoni neri” e da Slava che si distingue per le movenze diverse dagli altri e veste una “giubba” gialla solare, guarnita da una sciarpina rossa, come pure rosse solo le enormi e deliziose babuche. Quando lo “Slava’s Snowshow” deve affrontare due recite (pomeridiana e serale) è intervenuto l’accordo che per non stancarsi troppo (è un modo di dire) Onofrio Colucci, nella pomeridiana, veste i panni di un “piedone” e il suo compagno, l’alter ego bravissimo, anch’esso allievo e emulo di Polunin, il russo Oleg Lugovskoy, veste quelli di Slava. Ma a scanso d’equivoci il “primus inter pares” è lui, il martinese, Onofrio Colucci che occupa il primo camerino a destra salendo la scala interna del “Biondo”, quel camerino che ha ospitato Ermete Novelli, per l’inaugurazione del Teatro nell’ottobre del 1903 e via via Ruggero Ruggeri, le Gramatica, Tatiana Pavlova, Vittorio Gassman nel pieno del successo e per l’ultimo spettacolo, quel famoso “L’addio del Mattatore” che rimane memorabile, Salvo Randone, Anna Magnani, i più prestigiosi nomi del teatro di prosa, della lirica, dell’operetta, della rivista e della commedia musicale.
Onofrio Colucci, nato nel 1971, a quattordici anni, colpito dal sacro fuoco per l’arte di Tersicore decise: “[…] paese mio ti lascio e vado via / che sarà che sarà che sarà / che sarà della mia vita chi lo sa / so far tutto o forse niente / da domani si vedrà / e sarà sarà quel che sarà…”, parte per Roma, meta agognata di tutti i meridionali, s’iscrive in una scuola di danza, nella quale si forma con una solida preparazione classica di base e in breve affronta la maggior parte dei diversi generi di ballo, ma la sua passione è la performance. Dopo s’iscrive alla facoltà di Architettura dell’Università di Firenze, laureandosi e divenendo, anche assistente del noto professore Aurelio Cortesi, esperto di “Composizione architettonica e urbana”. E lì il nostro Onofrio è sottoposto ad un fuoco di fila di domande da parte degli studenti ai quali è sacrosanto dare una risposta. Per far questo è necessario tenersi sempre aggiornato, studiare, ripassare, proporsi sempre all’altezza del compito per non deludere i discendi. Fare questo è faticoso e di contro nelle carriere universitarie il movimento, l’avanzamento, quel quid che premia gli sforzi, lascia molto a desiderare. E il nostro Colucci si rende conto che la staticità, lui abituato a ore e ore di sbarra, non fa per lui, ottimo tersicoreo. Allora che fa:? “[…] che sarà che sarà che sarà / che sarà che sarà della mia vita chi lo sa / so far tutto o forse niente / da domani si vedrà / e sarà sarà quel che sarà …”. Convinto che “Audaces fortuna iuvat”, parte alla volta di San Pietroburgo, la sovietica Leningrado, s’iscrive ai corsi del Teatro Derevo, diretto dal coreografo russo Anton Adassinski, nel quale inizia ad estrinsecare le sue grandi qualità artistiche. ? la sua prima palestra formativa; nell’edizione del Carnevale di Venezia del ’97 incontra Slava… prosegue con il suo teatro laboratorio Licedei. Nasce il simpatico performer: Onofrio Colucci, che porta per il mondo la sua arte e quella del suo maestro con questo “Slava Snowshow “. Successivamente per il martinese si aprono, con tutti gli onori, le porte del Cinque du Soleil, la formazione del Canadà francese, il più importante circo del mondo, con il quale prende parte, dal dicembre 2004 al dicembre 2006, allo spettacolo “O” (Eau, con la pronuncia francese), “an aquatic masterpiece of surrealism and theatrical romance”. Colucci ha partecipato a “Zaia”, il grandioso show andato in scena al Venetian Casinò di Macao, per la regia di Gilles Maheu. Dopo divenne il protagonista di “Zed”, lo spettacolo scritto e diretto da Francois Girard per il Cirque du Solei che si è esibito, per anni, al Cirque du Soleil Theathre di Tokyo. Nell’ottobre del 2007 gli è stato attribuito il prestigioso premio “Lunas del Auditorio” per il ruolo di Slava. Colucci ha trovato, però, il tempo di esibirsi in Italia, applaudito prima a Roma nel 1998 e successivamente nel 2007 -2008 in un tour a Torino e Milano.
Colucci ha raccolto, meditato, ha fatto proprie le varie esperienze artistiche che ha saputo filtrare in tanti anni di lavoro in una vita che conta appena quaranta primavere. Complimenti! Non possiamo che congratularci e augurargli le migliori fortune.
Ci piace a questo punto riportare quello che lo stesso Colucci ebbe a dichiarare a Ferruccio Gattuso de “Il Giornale”, la testata fondata da Indro Montanelli, il 21 febbraio 2007: “Molti anni fa Slava vide in me ciò che nemmeno io vedevo. Non posso che esprimere così la mia gratitudine per un artista che mi ha insegnato tantissimo, che mi ha permesso di assorbire la sua arte. A Slava non mi sono mai assuefatto; ogni volta che lo guardo resto sbalordito […]. Ebbi questa possibilità col Cirque e ritenni giusto tentare, per ampliare le mie conoscenze, e per misurarmi con uno show impressionante. Oggi il mio è un ritorno del figliol prodigo. Aver lavorato col Cirque, che ha rivoluzionato la percezione del circo nel mondo, è stata un’esperienza indispensabile: nello show “O” ebbi l’occasione di mettermi in mostra, i miei numeri in un certo senso interrompevano il fluire organico dello show, facevo un numero su una casa galleggiante, immersa fino al tetto. Una casa che si trasformava in barca e mi trasportava verso nuovi orizzonti. […] Molti clown, in Italia soprattutto, hanno tradito, diciamo pure degenerato, il ruolo: un clown non è solo vestiti assurdi e risate, un clown ha un messaggio importante da far conoscere alla gente. Per molti, il clown è diventato solo qualcosa di esteriore, e se sei solo qualcosa per far passare il tempo tra un numero equestre e un altro, il pubblico finisce per non crederti più. Perdi il contatto con lui. […] Sì, farò da tutore ai giovanissimi clown russi arruolati da Polunin per questo spettacolo. La storia dello show ci porta sulla neve. La neve è sempre un evento magico, che cambia la fisionomia alle città, nell’aspetto e nei suoni. Il freddo inverno, poi, ci spinge all’introspezione, a chiuderci in casa per ascoltare storie affascinanti. Con l’inverno si diventa più intimi”.
La riconoscenza e la modestia!!! Per Onofrio Colucci deve essere sempre primavera. Se lo merita! Anche perché è il felice papà della sua prima figlia; si chiama Carmeleonora (certamente un omaggio a un nome di famiglia), ma la chiamano “Mela”. Una bellissima e vispissima “mela”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Lino Piscopo

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