«Mi sento io l’imputato». Seppur con educazione e con un mezzo sorriso, Giambattista Scirè segnala il proprio disagio al collegio giudicante. È in corso una delle prime udienze del processo penale che riguarda la selezione pubblica effettuata nel dicembre 2011 dall’università etnea per un incarico triennale da ricercatore in Storia contemporanea. E il fuoco di fila degli avvocati degli imputati, che lo interrogano, è difficile da gestire. Alla sbarra, con l’accusa di abuso d’ufficio in concorso, ci sono i componenti della commissione esaminatrice. Sono i professori Simone Neri Serneri, dell’università di Siena, Luigi Masella, dell’ateneo di Bari, e Alessandra Staderini, dell’università di Firenze. Scirè giunse secondo a quella selezione, per poco meno di tre punti, in favore di Melania Nucifora, ricercatrice con una laurea in Architettura. Un titolo che il Tar ha già definito «inidoneo».
Lo storico vittoriese ha condotto una lunga battaglia in giro per i tribunali amministrativi. Adesso è il momento di «discuterne» alla terza sezione penale di piazza Verga. Dove Scirè è stato ascoltato lungamente dalla pm, dai legali degli imputati e dal collegio giudicante. «Il fatto di essere arrivato secondo al concorso – spiega in aula – mi ha spinto a effettuare un accesso agli atti. Sono rimasto molto sorpreso quando ho scoperto che il curriculum della candidata vincente non aveva niente a che fare con il concorso». E proprio i titoli di Melania Nucifora sono il punto centrale del processo. Nel 2011, la ricercatrice non aveva conseguito il dottorato di ricerca. Una circostanza che secondo gli storici Salvatore Lupo e Luciano Granozzi sarebbe inusuale. I due docenti sono stati sentiti come testimoni in virtù di alcune comunicazioni, via posta elettronica, che erano intercorse tra loro e Scirè dopo lo svolgimento della selezione.
Un secondo punto nodale è il rapporto tra Melania Nucifora e l’imputato Simone Neri Serneri, storico di fama dell’università di Siena. I due hanno partecipato insieme a un convegno nel 2005, organizzato da un’associazione di settore di cui fanno parte entrambi. Due anni dopo un saggio di Nucifora appare in un volume curato da Neri Serneri. Dall’esame dei testimoni, compreso il maresciallo dei carabinieri che effettuò una parte delle indagini, non sono emersi al momento collegamenti diversi, per l’appunto, da appuntamenti di approfondimento, pubblicazioni e partecipazione comune ad associazioni specialistiche.
La testimonianza di Salvatore Lupo contribuisce a definire quali siano «i confini della Storia contemporanea». Su precise richieste della giudice e della difesa, l’esperto di Storia della mafia ha espresso forti perplessità – per quanto personali – sul fatto che un’architetta, per quanto preparata, possa gestire un incarico di quella disciplina. Granozzi, invece, ricorda di non aver apprezzato la nomina di una commissione esaminatrice composta soltanto da membri «esterni», priva dunque di un rappresentante se non della facoltà che ha bandito il concorso, quantomeno dell’Ateneo catanese. «Non dobbiamo dimenticare – dichiara – in quel concorso non c’erano soltanto Nucifora e Scirè, ma anche molti altri giovani studiosi solidi e preparati». La prossima udienza si terrà il 25 settembre. Servirà ad ascoltare un altro testimone, Giuseppe Carlo Marino, docente di Storia contemporanea all’università di Palermo.
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