Processo Pta Giarre, in aula Antonio Scavone «Mi trovo qui per una suggestiva ricostruzione»

Ha lasciato per qualche ora i corridoi di palazzo Madama per prendere posto nelle aule del tribunale di Catania. Il senatore autonomista Antonio Scavone è stato sentito dai giudici della terza sezione penale nel processo, in cui è imputato, sull’affidamento del servizio d’informatizzazione del Pta di Giarre (Presidio territoriale d’assistenza, ndr). Alla sbarra con l’ex manager dell’Asp 3 di Catania ci sono Melchiorre Fidelbo, marito della senatrice del Partito democratico Anna FinocchiaroGiuseppe Calaciura e Giovanni Puglisi, entrambi in passato direttori dell’azienda sanitaria provinciale. I quattro sono accusati a vario titolo, dal pm Alessandro La Rosa, di abuso d’ufficio e truffa. Al centro della vicenda l’affidamento diretto senza gara d’appalto alla società Solsamb Srl, amministrata da Fidelbo, consorte della candidata avversaria di Raffaele Lombardo alle elezioni regionali del 2008. La convenzione venne ratificata il 30 luglio 2010, periodo in cui Lombardo varava il suo quarto governo regionale che sanciva l’ingresso in giunta del Pd. 

Scavone in aula, durante il suo lungo interrogatorio, ripercorre le tappe iniziali della vicenda. Dal progetto polivalente delle case della salute voluto dal ministro della Sanità Livia Turco, che prevedeva un nuovo modello organizzativo per le cure primarie – etichettato come «una cosa da libro dei sogni» – fino ai vari documenti che all’epoca arrivavano sulla scrivania del manager autonomista. «A chiedermi di collaborare per questa cosa – spiega in aula – fu l’Ordine dei medici insieme alla onlus Medici e Società, ma non saprei indicare da chi era composta». Principali interlocutori di Scavone, oltre al marito della Finocchiaro, erano il presidente dei camici bianchi catanesi Gian Salvo Sciacchitano e il medico Giovanni Benedetto. A indicare la sede di Giarre fu lo stesso Scavone: «Era una sorta di spina nel fianco. Quell’ospedale nasceva con una forte carenza di personale, nonostante l’apertura fosse arrivata dopo 40 anni».

Una scommessa, quella di ottenere il finanziamento, che Scavone più volte paragona a «una vittoria al superenalotto». Il 26 novembre 2007 arriva la proposta iniziale del progetto casa della salute da parte del consorzio Sd@. Costo complessivo oltre un milione di euro. Nel raggruppamento, oltre alla società di Fidelbo – titolare del 50 per cento delle quote -, ci sono l’università di Catania, la Tnet Srl insieme alla stessa Asp 3.  «Era una bella opportunità – precisa Scavone – a quel punto mandai la nota all’assessore alla Sanità Roberto Lagalla». Versione questa che non ha convinto il pm La Rosa poiché, come sottolineato dal magistrato, «la data di protocollo riportata sulla proposta è del 29 novembre». «Avevo visto tutto in maniera informale qualche giorno prima, credo il 20» replica l’imputato.

Nel giro di poche settimane tuttavia l’ex manager capisce che «il progetto casa della salute era morto». L’assessorato aveva infatti inoltrato a Roma altri piani di realizzazione sparsi per la Sicilia. E non poteva essere diversamente perché, come rilevato al pm rifacendosi a quanto emerso nelle precedenti udienze, sul tavolo dell’assessore di Cuffaro a Palermo non era arrivata nessuna nota con al centro l’ospedale di Giarre. «Questa cosa – replica un incredulo Scavone – l’apprendo soltanto adesso». Nonostante tutto, trascorso un anno, il programma su Giarre viene nuovamente tirato fuori dal cassetto con la rimodulazione del progetto e un nuovo documento che viene inoltrato all’assessorato nel maggio 2009

Dopo due mesi Scavone cede il testimone all’Asp e la firma del protocollo arriva nel luglio 2010 con il suo successore, anche lui d’estrazione autonomista, Giuseppe Calaciura. «Nemmeno andai all’inaugurazione – è il commento stizzito di Scavone in aula – perché avvertito soltanto una settimana prima». Il 15 novembre 2010 a Giarre a tagliare il nastro tricolore insieme a CalaciuraMassimo Russo, assessore alla Sanità di Raffaele Lombardo, c’erano Melchiorre Fidelbo, Anna Finocchiaro e Livia Turco.

Dario De Luca

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