Processo Noce, in udienza parla l’assassino Il padre di Stefania: «Lui recita la sua parte»

È cominciato con la nomina di uno psichiatra e di un criminologo, ed è continuata con delle dichiarazioni spontanee dell’omicida. Il processo d’appello a Loris Gagliano per l’assassinio della sua ex fidanzata Stefania Noce e di Paolo Miano, il nonno di lei, è ripreso questa mattina con la seconda udienza, nelle aule del tribunale di Catania. Un procedimento che, rispetto al primo grado di giudizio, aggiunge alcuni nuovi elementi. Il 5 aprile 2013, il giudice monocratico del tribunale di Caltagirone aveva condannato Gagliano, 26 anni, al carcere a vita, stabilendo che l’aggressione alla ventiquattrenne Stefania e a suo nonno, 71 anni, erano premeditati. Il 25 novembre, il processo di secondo grado era cominciato con una novità: uno psichiatra nominato dalla difesa, Eugenio Aguglia, aveva dichiarato l’imputato «incapace d’intendere e di volere» in quanto affetto da un «disturbo narcisistico della personalità».

La perizia è stata sbugiardata oggi dallo stesso Gagliano, che ha preso la parola dopo che il giudice ha nominato due periti neutri, tra i quali il criminologo Francesco Bruno, spesso ospite di salotti televisivi nazionali. Nel corso del suo discorso, ha rifiutato di riconoscere le affermazioni di Aguglia, sostenendo di non riconoscere la sua firma in calce a un disegno a lui attribuito. Lo schizzo, usato ai fini della diagnosi psichiatrica, sarebbe quindi falso. «Gagliano ha raccontato di essere stato obbligato, nonostante la sua volontà contraria, a seguire delle terapie – spiega Giovanni Noce, padre di Stefania, presente questa mattina in aula – Ha detto di essere stato minacciato più volte, in carcere». Ma sulla presunta infermità mentale, il ragazzo non avrebbe preso una posizione netta: «Si contraddiceva spesso e parlava in modo contorto».

«Sta recitando la sua parte», afferma, duro, Noce. «Questo dell’infermità mentale non è altro che uno stratagemma per ottenere una riduzione della pena – sostiene l’uomo – È un sotterfugio di basso livello, la giustizia non può tenerne conto». Anche perché, ricorda il padre della giovane donna uccisa, «una prima perizia sullo stato mentale di Loris era stata già acquisita nel corso del primo processo». Poco tempo dopo l’omicidio, infatti, Gagliano era stato trasferito dal carcere all’ospedale giudiziario di Barcellona Pozzo di Gotto. Lì è rimasto in osservazione per alcune settimane. «Al termine di quel periodo – racconta Rosa Miano, madre di Stefania e figlia di Paolo Miano – i medici avevano detto che non stava male, avevano detto che era normale». «Adesso – le fa eco l’ex marito – intervengono luminari di Psichiatria che si riempiono la bocca di paroloni a cambiare le carte in tavola. E a fare finta che tutti gli elementi che vanno nella direzione della premeditazione non esistano».

Gli ultimi fatti a venire fuori, tra le righe di interrogazioni e dichiarazioni, riguardano ancora una volta i giorni immediatamente precedenti all’omicidio. Per esempio il fatto che Loris Gagliano possedesse, dopo averle rubate a Stefania, le chiavi di casa sua. «Le ha usate per entrare in garage a manomettere le ruote dell’auto», ricorda ancora Giovanni Noce. E le ha usate anche la mattina di quel 27 dicembre 2011, per intromettersi nell’abitazione di Licodia Eubea e ammazzare la sua ex fidanzata. «Quella mattina aveva visto mia moglie uscire (lui spiava l’appartamento da una casa abbandonata poco distante, ndr) e l’aveva chiamata al cellulare – conclude il genitore – “Mi passa Stefania?”, le aveva chiesto. “No. Sono dai carabinieri”, aveva risposto Rosetta. Un quarto d’ora dopo, Stefania non c’era più».

La terza udienza è fissata per  il 4 febbraio. E se la prima era stata in occasione della giornata mondiale contro la violenza di genere, anche la data della prossima ha il suo valore: sarebbe stato il compleanno di Stefania.

Luisa Santangelo

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