Primarie Pd, Piccione apre la campagna elettorale «Non si può invitare Micciché a iniziativa di partito»

Quando a margine della conferenza stampa di presentazione della candidatura alle primarie per la segreteria regionale del Pd, le si chiede se quelle che la aspettano siano settimane difficili, Teresa Piccione non si nasconde dietro un dito: «Sinceramente – ammette, augurandosi di avere la meglio sul suo rivale – mi spaventa di più quello che avverrà dopo il 16 novembre, non prima». Perché la certezza, ancora una volta, negli occhi di tutti i protagonisti di questa nuova stagione di lacerazioni all’interno del Pd, è che alla fine resteranno soltanto macerie

Tira un sospiro di sollievo, Piccione. E inizia a dire quello che ci si aspetta che lei dica, che indichi il nemico dentro casa. E dia il via alla lotta fratricida che vedrà il suo culmine alle primarie. «Il Pd è il Pd, per cui in non credo che possa essere conciliabile che a una manifestazione di partito, si inviti Gianfranco Micciché. Questa campagna elettorale – continua – parte dai cantieri culturali e dall’istituto Gramsci come luogo simbolico, perché dobbiamo aprire una nuova stagione d’ascolto dei nostri iscritti, degli elettori, dei cittadini, degli amministratori locali, di quelli che chiamiamo i territori, delle istanze delle categorie, perché tutto questo finora ci è mancato. E ci avrebbe evitato alcuni errori». 

Se dall’altra parte i renziani propongono un’idea di partito smart, moderno e trasversale, le parole di Piccione appaiono invece estremamente vintage, antiche, rassicuranti. Ma non per questo meno attuali. Parla di «cantiere aperto», di maggiori spazi ai circoli, ricorda la storia del dialetto siciliano privo della declinazione al futuro (osservazione, che non sfugge ai più attenti, di borselliniana memoria), chiede a ciascuno «di fare la sua parte». Non insulta, ma descrive una «destra cattiva, che pensavamo la storia avesse cancellato per sempre». Invece, aggiunge, «questi promettono la luna e hanno bisogno entrambi del nemico, presunto o reale, che per gli uni è l’immigrato, per gli altri la casta. Generano rabbia, invidia sociale, rancore, tutti sentimenti che non aiutano la convivenza e la pace». 

Dall’analisi di ciò che accade all’esterno del partito, alle ammissioni di colpa di natura endogena, Piccione sostiene la tesi secondo cui «bisogna ricostruire il campo del Partito democratico, allargarlo, non andando oltre il Pd, ma andando alle ragioni fondative del Pd, di alleanza larga di centrosinistra, di motore, di spazio di discussione e confronto del Paese. E temo – aggiunge – che in questo momento il destino del partito possa coincidere con quello dell’Italia». Restringendo ulteriormente il campo, ecco la Sicilia, che «da questo punto di vista non è un’Isola, ma anzi ha dato ai populisti dei consensi plebiscitari. Per questo occorre che il partito ritrovi ragioni e proposte per occupare questo spazio e dare ai cittadini una nuova stagione di riforme per il rilancio dello sviluppo siciliano e della stagione del lavoro». 

Infine il lungo sospiro prima della coltellata al compagno di partito, ma avversario alle primarie, col riferimento all’invito a Micciché. E non solo. «Non credo che possa essere accettabile che il candidato alla segreteria del mio partito possa essere deciso in una riunione dov’è presente il segretario di Sicilia Futura. Perché quello è un altro partito e nessuno interviene nelle sue scelte. Io credo che tutto questo sia inammissibile. Che poi in un secondo momento si pensi ad aperture di alleanze, certamente non con la destra, questa è un’altra storia. Ma le scelte del partito devono riguardare il partito». 

Il partito plurale immaginato da Renzi? «Il Pd – risponde – è già un partito plurale, che guarda al cattolicesimo democratico, alla cultura ambientalista, ai verdi, al socialismo europeo. Tutte forze che hanno contribuito a costruire la storia della Repubblica italiana, il partito è già plurale. Temo invece che il pluralismo a cui allude Faraone vorrebbe superare categorie di destra e di sinistra, che secondo me non sono superabili». In questo clima, ovviamente, un ultimo auspicio, prima di aprire il dibattito coi giovani che sosterranno la sua candidatura: «Le primarie sono un grande esercizio democratico. Spero che nessuno sogni di inquinarle».

Miriam Di Peri

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