Premi giornalistici, le tre regole auree

Sabato sera Ischia si mobilita. Il comune capoluogo dell’isola, che fino al pomeriggio avevamo visto indolente e marinaro, si popola invece di tacchi, giacche, abiti lunghi e lustrini. Sbalorditi i passanti, preparati gli abitanti: soprattutto quelli di Piazzale delle Alghe, che avevano già attrezzato i balconi per assistere alla serata conclusiva della trentesima edizione del Premio Internazionale Ischia di Giornalismo.

Dopo circa dieci ore di autobus da Catania a Napoli, dopo la mistica esperienza di ritrovarsi presso la stazione partenopea alle sei del mattino e dopo aver confuso Procida con Ischia, arrivano anche due dei redattori del vostro webmagazine preferito, tirati a lucido, ma sobri nello stile – lo giuriamo – e vagamente intimoriti. Dai taxi scendono sfilando i grandi nomi del giornalismo nostrano e internazionale (compreso il mitico Times).

Ultima fila, ma del parterre, mica male; dietro di noi c’è una strapiena platea. Peccato che la prima cosa da notare sia l’esercito di zanzare accampato in prossimità dei faretti e pronto a sferrare l’attacco fatale ai due presentatori della premiazione, Franco Di Mare e Paola Saluzzi, ma anche a noi poveri e sudati spettatori. Dimentichi dei malefici insetti, ci concentriamo sulla serata che inizia in grande stile con la splendida esibizione di Giovanni Allevi, a cui seguiranno molti altri momenti musicali, tra cui un simpatico Antonello Venditti e vari giovani.

Il momento clou, almeno per noi, non si fa attendere: la sezione blog, novità di quest’anno al premio Ischia, è il secondo momento in scaletta. Sale sul palco una emozionata Cristina Tagliabue (giornalista de Il Sole 24 Ore e coordinatrice della sezione) con il compito di premiare e spiegare le particolarità della categoria: “Erano in dieci e ne sono stati scelti tre, di cui due sono qui stasera…”. Ci siamo, cerchiamo di assumere un contegno. “Fantastico! Facciamo salire i vincitori, Marco Travaglio, Peter Gomez e Pino Corrias!” risponde Di Mare. Eh? Tutto qua? E noi? “No, ma adesso rimedia”, ci ripetiamo a vicenda come una litania. E invece non si è ripreso, e nemmeno noi, a dirla tutta. Vabe’, nostra cara Ischia, sarà per la prossima, intanto guardiamo e impariamo.

La prima lezione che ci viene data dai colleghi più illustri è basilare: “Ad un premio sono tutti amici, anche i nemici”. E’ così che a premiare Ilaria D’Amico come migliore giornalista sportiva dell’anno è un collega di una rete rivale, in una serie di aperti sorrisi e mani bene in vista. La seconda regola d’oro non tarda di certo: “Un poco ciascuno, non fa male a nessuno”.  Vediamo infatti alternarsi sul palco il neodirettore de La Stampa, Mario Calabresi, vincitore del premio giornalista dell’anno, e Augusto Minzolini, direttore del Tg1 che porta a casa un riconoscimento speciale. Ma se per Calabresi si sentono vivi applausi e sincera stima, per Minzolini qualcuno viene colto dal turbamento: ma non è il direttore che poco tempo fa ha ricevuto una strillettera, in stile Harry Potter, dai giornalisti dell’azienda?   

E il sito del Premio Ischia ci mette del suo, pubblicando questa nota nella biografia di Minzolini: “Al suo stile viene riportata l’invenzione del termine ‘minzolinismo’, neologismo nato a metà degli anni ‘90, inteso come «forma di giornalismo che si basa sulla raccolta di dichiarazioni anche informali di uomini politici, senza alcuna verifica delle informazioni raccolte» (Annali del lessico contemporaneo, edizioni Esedra)”. La confusione aumenta: la notizia è gossip, e il gossip è notizia, basta saperlo.

Non ci resta che sperare nella terza regola, che sembra essere: “Il coraggio, alla fine, paga sempre”. Ed è così che sale sul palco un infuocato Armando Valladares, prigioniero di coscienza cubano Premio Ischia per i diritti umani, che racconta la sua storia nei particolari più ripugnanti ma con semplicità, intenerendosi solo davanti a sua moglie, moderna Penelope e artefice della sua liberazione. In questo clima istituzionale, insomma, sembrano essersi bene infiltrati gli outsiders, seppur di chiara fama, nonostante qualcuno non manchi di sottolinearlo. “E tu che ci fai qui? Non è ambiente per te questo, no?” fa notare una sorridente Lucia Annunziata a Marco Travaglio. Noi ghignamo, ma poco poco, ché Travaglio e colleghi ce li avevano presentati poco prima.

 La serata finisce, la folla si accalca sui premiati e noi ci trasciniamo nella più vicina-economica-non strapiena pizzeria. “C’è una saletta laterale, se preferite”: e chi ci troviamo davanti? Il mare, certo, ma anche un’intera tavolata con gran parte dei nomi già citati. Questa però è un’altra storia, stavolta a lieto fine, che leggerete prossimamente su Step1.

Per ora arrivederci Ischia, e grazie.

Salvo Catalano

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