Dopo il licenziamento, all’inizio di quest’anno, di diciotto lavoratori a contratto ex Co.Co.Co di Lettere, anche alla Facoltà di Lingue e Letterature Straniere continua la difficile situazione del personale tecnico-amministrativo, senza che si intraveda nessuno spiraglio positivo. Il personale aveva finora sperato nei bandi a tempo determinato deliberati dalla Facoltà fin dal febbraio 2010, con la possibilità di rientrare nella procedura di stabilizzazione. Tutte occasioni sfumate prima ancora di partire.
Dopo l’ultima riunione del Consiglio di Facoltà di venerdì 10 dicembre l’unica prospettiva sembra quella di continuare a mantenere, solo per alcuni mesi, l’esigua retribuzione alla quale i precari si sono assoggettati. Dall’inizio di aprile lavorano tutti a metà stipendio: 450 euro mensili. Il protrarsi di questa condizione avverrebbe attraverso una proroga dell’attuale contratto (a scadenza il 31 dicembre 2010) e il passaggio alle dipendenze di una cooperativa di lavoro interinale. Ma il nuovo contratto “esternalizzato” avrà valore solo fino alla data in cui Lingue convergerà nella nuova Facoltà che dovrebbe vederla riunificata con Lettere. Calendario alla mano, si tratta di un rinvio del “tutti a casa” al 31 ottobre 2011.
Buona parte dei quattordici membri del personale tecnico amministrativo, che attualmente lavorano a metà stipendio e che rischiano il posto di lavoro, erano stati assunti undici anni fa con un contratto Co.co.co, sempre rinnovato seppur nella totale precarietà. In seguito alla restrizione della tipologia dei contratti a progetto soltanto ai laureati, e ancor di più per la limitazione al 50% dei contratti dell’anno precedente inserita nella Legge finanziaria, l’unica possibilità di non perdere il lavoro, sarebbe stata l’apertura di bandi per l’attribuzione di contratti a tempo determinato e la possibilità, una volta vinto il bando, di rientrare nella procedura di stabilizzazione del personale, avviata ad ottobre. Ma anche qui non sono mancati i problemi, perché l’amministrazione centrale ha sempre rinviato al mittente le deliberazioni del Consiglio di Facoltà di Lingue (vedi verbale del CdF del 18/2/2010). In un primo tempo con la motivazione che la Facoltà “non disponeva della copertura economica sufficiente”. In un secondo tempo, dopo che la Facoltà aveva trovato la disponibilità di bilancio, perché il tetto del 50% dei contratti dell’anno precedente, che è calcolato sull’intero ateneo, era stato già oltrepassato. Ci spiega i dettagli di questo intricato iter il responsabile dell’area didattica Enzo Ierna: “L’apertura dei bandi non dipende dalla Facoltà, ma dall’amministrazione centrale che per aprirli chiede la copertura economica. Lingue era riuscita a trovare i fondi per stabilizzare cinque dipendenti. Solo che la riforma Tremonti dello scorso agosto prevede che non si possa superare il 50% dei contratti dell’anno precedente”. Ma c’è di più. “La riforma – prosegue Ierna – prevede anche che i contratti di collaborazione in eccesso devono essere finanziati non più con il budget interno delle facoltà, ma tramite finanziamenti estrerni. Se in genere è molto difficile reperire questi fondi, per una facoltà umanistica è praticamente impossibile“.
Quindi, i precari di Lingue sono stati tagliati fuori dalla procedura nonostante, come precisa Ierna, “questa inizialmente prevedesse che il 50% delle stabilizzazioni fossero destinate ai dipendenti assunti con contratti atipici, tra cui proprio i Co.co.co. Alla fine però si è deciso di stabilizzare soltanto i contratti a tempo determinato e tutte le strutture si sono affrettate a trasformare in tal senso le precedenti collaborazioni”. E i dipendenti di Lingue sono rimasti fuori. “L’elenco definitivo delle stabilizzazioni è già uscito, non ci è stato riservato nessun posto“, chiosa il responsabile dell’area didattica. Ma perché, allora, la Facoltà non ha fatto come le altre trasformando i co.co.co in contratti a tempo determinato? “Tutto dipende dal fatto che per la facoltà di Lingue non sono mai usciti bandi per contratti a tempo determinato perché non c’erano le risorse finanziarie, o forse per scelte poco oculate del passato. Non credo si apriranno proprio adesso che la facoltà va a trasferirsi da un’altra parte“. Insomma, oltre al danno, la beffa. Ormai, arrivati a metà dicembre, non ci sarebbero più nemmeno i tempi per indire i bandi e permettere al personale di parteciparvi entro la fine del mese.
Quindi, se la situazione non cambia, quattordici collaboratori a contratto saranno retrocessi, ancora per pochi mesi, alla “esternalizzazione” di una cooperativa interinale e poi mandati a casa. Alla domanda se hanno ricevuto rassicurazioni in merito al loro futuro dall’amministrazione centrale, la risposta di Ierna è chiara: “Si sta solo provando a trovare una soluzione provvisoria che durerebbe soltanto fino alla chiusura della sede di Lingue a Catania. Il futuro di noi lavoratori precari è a termine“.
Ad oggi quindi l’intero staff tecnico amministrativo della Facoltà di Lingue ammonta a diciotto dipendenti, di cui quattordici precari e quattro strutturati. A conti fatti al momento dell’unificazione con Lettere la facoltà di Lingue contribuirebbe soltanto con quattro impiegati tecnico amministrativi.
Se il futuro è questo, di certo non è roseo l’oggi dei lavoratori ma anche degli studenti (che pagano le tasse). In seguito alla “autoriduzione” delle retribuzioni e di conseguenza dell’orario di lavoro del personale, gli universitari e i prof sperimentano il peggioramento dei servizi di segreteria, portineria, area didattica, laboratori, presidenza, e tutte le aree di competenza del personale tecnico. Un esempio? È già a casa lo storico webmaster assunto con un contratto atipico diverso dal Co.co.co, già scaduto e non più rinnovato. E chi ha frequentato la facoltà sa quanto fosse preziosa la sua presenza al Monastero. Gli altri ci sono, ma a giorni alterni. Come ricorda Agata D’Urso, impiegata nella segreteria di presidenza: “Da aprile 2010 percepiamo meno di 500 euro al mese di stipendio a fronte di sei ore di lavoro al giorno per cinque giorni alla settimana. La situazione era insostenibile e, da settembre, abbiamo deciso di lavorare soltanto tre giorni alla settimana“. Quindi, di fatto, il personale di Lingue è come se fosse già stato ridotto a metà.
“Come si può lavorare serenamente con un sussidio, mentre giorno dopo giorno si avvicina la data del licenziamento annunciato? Dopo undici anni di lavoro per questo Ateneo – si sfoga D’Urso – la rabbia nasce dal fatto che persone che lavorano qui da tre o quattro anni, addirittura da due, sono rientrate nel piano di stabilizzazione e sono state assunte a tempo indeterminato. Perché loro sì e noi no? Perché non si è voluto tenere conto delle mansioni e delle necessità? Perché non si è fatta una graduatoria di tutto il personale precario dell’Ateneo, che tenesse conto anche dell’anzianità e di altri criteri obiettivi? Mi dite io, a 49 anni, dove me ne vado? O come andiamo a pagare l’affitto di casa? Perché nell’elenco del personale stabilizzato si leggono i nomi di “figli- mogli- amici-parenti di”? Verrò licenziata solo perché non sono figlia di nessuno? Qui a Lingue non abbiamo il diritto di lavorare? Non vorrei che l’amministrazione centrale non avendo più interesse a mantenere viva la facoltà abbia cercato di colpirla prendendosela coi più deboli“.
Queste le domande dei precari di Lingue. Chissà se riceveranno risposta.
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