L’ingresso della riforma delle scuole superiori riaccende gli animi e le riflessioni degli insegnanti catanesi. Un biennio non unitario con indirizzi specifici per ciascun istituto, meno ore per le materie più insegnate nei licei (latino e matematica) e l’esclusione delle complementari. E i docenti?
A loro non resta che protestare contro i tagli che, a partire dall’anno prossimo, saranno circa mille nel territorio catanese.
Questi i temi più discussi all’assemblea organizzata lunedì sera dal partito di Rifondazione comunista e dal circolo “Città Futura”, alla quale hanno partecipato insegnanti ed esponenti sindacali del comparto scuola.
Ad aprire l’incontro Grazia Bux, insegnante d’inglese e membro del circolo: “Questa è una finta riforma. D’innovativo non c’è nulla. Dietro ai nuovi indirizzi c’è solo un’offerta formativa più povera, una scelta irreversibile per i ragazzi, e meno didattica perché le ore curriculari saranno ridotte”. Ciò comporterà inevitabilmente meno cattedre per i docenti, ed alcune materie diventeranno di serie b, per l’esiguo numero di ore previsto nei programmi.
Tradotto in numeri lo scenario che si prospetta è poco confortante: secondo i dati di “Città Futura” l’anno prossimo si prevedono 5.600 tagli nella scuola siciliana, si passerà da quaranta ore settimanali a trentadue negli istituti professionali, con un deficit nelle discipline qualificanti.
L’educazione musicale, le discipline audiovisive e l’insegnamento del diritto scompariranno: è previsto un taglio del 100%. “La musica diventerà un sapere settoriale” afferma Grazia Bux. Elemento imprescindibile dalla cultura di un uomo, la musica non trova spazio in questa scuola. O musicisti professionisti, o niente.
Il ministro Gelmini ha sottolineato l’importanza di un profilo internazionale della scuola italiana: la riforma prevede più inglese per tutti. “Più inglese?” sorride amaramente la professoressa Bux. “Al liceo classico l’inglese è già presente con l’indirizzo sperimentale. Non si farà altro che tagliare la seconda lingua straniera”.
La scuola italiana sembra non avere mai pace. Si emana un decreto ministeriale dopo l’altro, alcune competenze spettano alla Regione, altre allo Stato. L’avvocato Ursula Raniolo, membro del circolo, chiarisce l’attuale situazione normativa: “Siamo davanti ad una scuola del risparmio. Il decreto ministeriale 49 del 2009 consente al docente tre province aggiuntive al momento della domanda per l’incarico. Il successivo decreto 134 del 2009 è stato definito “salvaprecari” perché preferisce, nel conferire l’incarico, il docente che l’anno precedente avesse insegnato per almeno 180 giorni”. E tutti gli altri?
“Questo è il decreto ammazzaprecari”, afferma senza mezzi termini la professoressa Maria Chiara Longo, coordinatrice del movimento precari. “Se non accetti i 10 giorni qua e le due settimane altrove vieni depennato dalla graduatoria, perdi punteggio e pure l’indennità di disoccupazione”. La Longo lamenta le difficoltà che s’incontrano nel rendere pubbliche le azioni dei docenti, soprattutto sulla tv nazionale. E accenna alla proposta di uno sciopero degli scrutini di giugno.
“Condividere il problema con la cittadinanza è importante: bisogna creare una serie di alleanze per facilitare il dialogo con i vertici” afferma Lillo Fasciana, segretario provinciale della FLC-Cgil di Catania. Oltre al problema dell’occupazione per i docenti, il nodo centrale della scuola rimane la formazione: gli insegnanti intervenuti all’incontro ribadiscono l’importanza di una soluzione comune per il biennio, che permetta di scegliere con serenità e maturità il proseguimento degli studi.
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