È arrivato ieri pomeriggio a Pozzallo il rimorchiatore Asso 25, nave commerciale che è stata chiamata dalla Guardia costiera per soccorrere un gommone che stava per affondare in acque Sar maltesi con a bordo 62 persone, provenienti da Senegal, Sudan, Costa D’Avorio, Nigeria e Gambia.
La squadra mobile che ha seguito le operazioni di sbarco ha fermato due giovanissimi, accusati di essere gli scafisti. Un 16enne e un 21enne, entrambi senegalesi. I due non avrebbero nessun legame con i trafficanti libici che hano organizzato la traversata e che hanno ricevuto 1.500 euro per ogni migrante, in totale 90mila euro. Come spesso accade, i due scafisti sarebbero invece due disperati come gli altri, scelti però dagli organizzatori all’ultimo momento per guidare il gommone: bussola e telefono satellitare a un ragazzino.
Il rimorchiatore è arrivato intorno alle 15.30. I migranti sono stati portati nell’Hotspot di Pozzallo per essere visitati e identificati dalla polizia scientifica. Secondo quanto ricostruito dagli agenti, il 6 giugno intorno alle 13 il gommone si trovava in acque Sar maltesi e navigava verso
l’Italia quando, per un’avaria al gommone, i due scafisti hanno lanciato l’allarme: uno dei
tubolari del natante si era afflosciato ed imbarcavano acqua. Dopo diverse ore, da Roma è partita la richiesta al rimorchiatore Asso 25, il più vicino rispetto al luogo dove si trovava il gommone, di intervenire.
I migranti hanno raccontato di essere rimasti nella connection house libica, le prigioni gestite dai trafficanti dove aspettano di imbarcarsi, per molti mesi. Sarebbero quindi partiti dalle coste libiche solo dopo aver pagato in media 1.500 euro ciascuno. Durante la traversata durata circa 65 ore, quasi tre giorni, non avrebbero ricevuto niente da mangiare, e nemmeno acqua, solo prima della partenza un pezzo di pane e formaggio.
L’indagato maggiorenne è stato portato nel carcere di
Ragusa e il minore in un centro di
prima accoglienza di Catania a disposizione della Procura della Repubblica presso il Tribunale per i
Minorenni. Dalle operazioni di fotosegnalamento e dall’acquisizione delle impronte
digitali è stato accertato che nessuno degli sbarcati fosse mai stato identificato in Italia.
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