Il ponte sullo Stretto? «Certo che si farà, il problema è quando». Matteo Renzi chiarisce la sua posizione personale e quella del governo rispetto alla mega infrastruttura di cui si è tornati a parlare nelle ultime settimane. Lo fa rispondendo a Bruno Vespa, per il suo ultimo libro. «Ora, prima di discutere del ponte, sistemiamo l’acqua di Messina, i depuratori e le bonifiche. Investiamo due miliardi nei prossimi cinque anni in Sicilia per le strade e le ferrovie. E poi faremo anche il ponte».
Il presidente del Consiglio si sofferma sull’emergenza nella città dello Stretto. «A Messina – dice – abbiamo mandato l’esercito con le autobotti perché mancava l’acqua e le autorità locali non riuscivano a risolvere il problema. Poi faremo anche il ponte, portando l’alta velocità finalmente anche in Sicilia e investendo su Reggio Calabria, che è una città chiave per il Sud. Dall’altra parte dobbiamo finire la Salerno-Reggio Calabria. Quando avremo chiuso questi dossier, sarà evidente che la storia, la tecnologia, l’ingegneria andranno nella direzione del ponte, che diventerà un altro bellissimo simbolo dell’Italia. Ma primum vivere, avrebbero detto i latini. Ora abbiamo le autobotti per Messina. Poi penseremo al resto».
Quindi Renzi precisa che «noi, i soldi per la Sicilia, non li facciamo spendere ai soliti. Facciamo pulito. Abbiamo già iniziato, del resto. Non sono solito guardare dal buco della serratura delle intercettazioni. Ma scoprire che i dirigenti dell’Anas corrotti si dicono “Sbrighiamoci, perché Renzi qui vuole cambiare tutto” mi conferma in ciò che stiamo facendo con il nuovo presidente Armani. In certe strutture la rottamazione è ancora poco: occorre disintegrare e disinfettare».
Del ponte si è tornati a parlare a settembre dopo le dichiarazioni del ministro dell’Interno, Angelino Alfano, del sottosegretario ai Trasporti che ha parlato in Parlamento e del ministro dell Infrastrutture Graziano Delrio. Secondo l’ultimo progetto l’infrastruttura avrebbe un costo di 4 miliardi di euro. Bocciato, si pensava in maniera definitiva dal governo Monti, lo Stato ha già pagato 300 milioni di euro di penali per la sua mancata realizzazione. Nel 2005 la Dia aveva illustrato in Parlamento il rischio di infiltrazioni mafiose.
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