Ponte di Messina, “No” al risarcimento al General contractor

La vecchia politica italiana dice che vuole rinnovarsi. Questo è il segnale che gli italiani dovrebbero leggere con l’elezione di Laura Boldrini alla presidenza della Camera dei deputati e di Piero Grasso alla presidenza del Senato. Bene, adesso la politica tradizionale ha la possibilità di manifestare – con i fatti e non con le chiacchiere – questa voglia di cambiamento. Su un tema delicato: il grande raggiro andato in scena in questi ultimi anni sull’improbabile Ponte sullo Stretto di Messina.

“Lo Stato non deve pagare nessuna penale ad Eurolink per la mancata realizzazione del Ponte sullo Stretto”, sostiene l’avvocato Ernesto Fiorillo, presidente nazionale di Consumatori Associati. Precisazione importante, perché il raggruppamento di imprese che avrebbe dovuto realizzare il Ponte chiede, adesso, un risarcimento pari a circa un miliardi e 200 milioni di euro!

Il finale di questa incredibile storia si configura, come ora proveremo a raccontare, come una beffa per il Mezzogiorno d’Italia e, in particolare, per la Sicilia e per la Calabria. I tema è noto. Berlusconi, nel 2001, ha lanciato il progetto del Pinte sullo Stretto di Messina, presentato come uno snodo europeo che avrebbe rilanciato i destini del Sud Italia, con particolare riferimento, come già accennato, alla Sicilia e alla Calabria.

Dal 2001 al 2006, però, l’unica cosa fatta dal Governo Berlusconi è stata l’individuazione del General contractor. Nel 2006 è arrivato il Governo Prodi che ha bloccato l’opera, aprendo le porta a un risarcimento non al Sud Italia, che è stato ancora una volta preso in giro, ma al General contractor.

Nel 2008 è tornato il Governo Berlusconi che, a parole, ha affermato che il Ponte di Messina sarebbe stato realizzato. Senza fermare, però, la richiesta di risarcimento del General contractor. Poi è arrivato il Governo Monti che, com’è noto, ha svuotato le tasche degl’italiani, ha riempito i forzieri delle banche e ha appostato i soldi da erogare al General contractor.

Da qui la protesta dei cittadini che ieri, a Messina, hanno dato vita a una grande manifestazione non per dire “No” al Ponte – un “No” che ormai è nelle cose, visto che si è trattato d una grande presa per i fondelli – ma per dire “No” al risarcimento al General contractor.

E’ ‘interessante’, anche sotto il profilo della sociologia politica truffaldina del nostro Paese, sottolineare lo ‘spirito’ di questo raggiro degno dell’Abate Vella ‘rivisitato’ e ‘riproposto’ in chiave ‘appaltizia’: hanno promesso al Meridione d’Italia un investimento di quasi 4 miliardi di euro per il Ponte , da reperire, in parte, dai privati. Poi, lo steso Stato che ha programmato l’opera e chiamato il General contractor ha mandato a ‘buttane’ l’opera – che in realtà era solo uno specchietto per le allodole – e vorrebbe pagare al General contractor (che guarda caso sono gruppi imprenditoriali del Nord Italia…) una penale di un miliardo e 200 milioni di euro per il ‘disturbo’.

Ieri, a Messina, come già ricordato, è andata in scena una grande manifestazione popolare per dire “No” a questo assurdo risarcimento ai gruppi imprenditoriali del Nord Italia. Per risarcire, invece, il Sud d’Italia che è stato preso in giro. Con questo miliardo e 200 milioni di euro la Sicilia e la Calabria potrebbero realizzare opere per prevenire il dissesto idrogeologico (problema molto grave proprio in provincia di Messina)

Sulla vicenda, come già accennato, è intervenuta l’Associazione dei Consumatori Associati con una lettera indirizzata a Beppe Grillo, Pierluigi Bersani, Silvio Berlusconi e al Presidente della Repubblica, Giorgio Napoletano.

Spiega l’avvocato Fiorillo presidente dell’Associazione: “E’ solo Eurolink la parte inadempiente e quindi la nostra Associazione di consumatori offre allo Stato Italiano l’assistenza legale gratuita per chiedere al General contractor il risarcimento dei danni per inadempimento, pari a 600 milioni di euro”. Dunque, secondo l’Associazioni dei consumatori, non è lo Stato che deve risarcire il General contractor, ma l’esatto contraio.

“Si deve poi avviare anche l’azione di responsabilità contro gli amministratori della Società Stretto di Messina – aggiunge Fiorillo – che è costata ai contribuenti proprio 600 milioni di euro”.

“Tra l’altro – prosegue il presidente dell’Associazione – il costo per la realizzazione del Ponte sullo Stretto è arrivato a 8,5 milioni di euro, più del doppio di quello con cui il General Contractor Eurolink, capeggiato da Impregilo, ha vinto la gara (3,9 miliardi rispetto ai 4,4 miliardi di euro posti a base di gara). Parliamo del 40% in più rispetto al valore di partenza, se si considera l’importo lordo di 6,1 miliardi di euro, ripetutamente indicato dai progettisti”.

“Il Ponte poi – insiste il legale – non si sarebbe mai ripagato con il traffico stimato visto che le previsioni degli stessi progettisti prevedevano che un incremento di costo del progetto nell’ordine del 15% avrebbe determinato un Valore attuale netto negativo. Si può immaginare il risultato con un incremento del 39% rispetto all’importo lordo”.

“Il progetto infine – conclude il legale – presenta ancora gravi carenze tecniche rilevate già dalla Commissione Valutazione impatto ambientale che, avanzando 223 richieste di integrazione, ha evidenziato come gli studi relativi ad alcuni interventi non abbiano un livello di approfondimento tale da essere parte di un progetto definitivo.

Oltre a ciò, tra le tante irregolarità, Eurolink è responsabile per avere pubblicato illegittimamente l’elenco delle Ditte da espropriare causando gravissimi danni ai proprietari degli immobili; l’elenco è stato eliminato dal sito web solo a fronte della nostra denunzia al Garante della privacy”.

Questi i ‘numeri’ dell’ormai tramontato Ponte sullo Stretto di Messina. Se la politica tradizionale italiana, con in testa il Pd, dice di voler cambiare, bene: risarcisca il Sud con un miliardo e 200 milioni di euro. Sarebbe veramente un segnale importante di cambiamento.

 

Redazione

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