Politiche sociali, stretta su tanti capitoli di bilancio Disabili, malati di Sla e asili nidi: i fondi non bastano

Tagli praticamente a tutti i capitoli. Il bilancio arrivato all’Ars mostra con chiarezza i limiti dell’attenzione rivolta alle disabilità in Sicilia. Dall’assistenza ai soggetti non autosufficienti, fino alle associazioni di ciechi e sordomuti, sono tantissimi i capitoli soppressi o ridimensionati rispetto allo scorso anno. 

È il caso delle «retribuzioni in denaro per l’attuazione dei livelli essenziali delle prestazioni assistenziali con riguardo alle persone non autosufficienti», una voce di bilancio per la quale lo scorso anno sono stati destinati poco più di 21mila euro, mentre quest’anno è stata soppressa. Idem per le «spese per il personale» che dovrebbe pensare a queste prestazioni alle persone non autosufficienti: somma azzerata nel bilancio 2017.

Ancora, zero euro per organizzare «eventi, pubblicità e servizi per trasferta» sempre «per l’attuazione dei livelli essenziali delle prestazioni rivolte alle persone non autosufficienti». La cifra più importante soppressa riguarda i «trasferimenti correnti ad amministrazioni locali per la realizzazione di prestazioni, interventi e servizi assistenziali in favore di pazienti affetti da Sla»: da due milioni e mezzo di euro l’anno scorso a zero. «Contributo annuo all’unione ciechi in Sicilia»: 2,2 milioni di euro lo scorso anno, dei quali è rimasto un residuo di 595mila euro e nessuna nuova risorsa da fondi regionali. Il contributo annuo all’ente per la protezione e l’assistenza dei sordomuti lo scorso anno è stato di 350mila euro: anche in questo caso zero residui di cassa e capitolo soppresso. 

La lista potrebbe allungarsi ancora, il dato di fatto è che il titolo riguardante gli interventi per la disabilità nel bilancio regionale all’esame dell’Assemblea siciliana nel 2016 fotografa impietosamente lo stato in cui versano le politiche rivolte alla disabilità in Sicilia. Nel 2016 i fondi destinati sono stati 90 milioni di euro, quest’anno le risorse sono poco più di 19 milioni, ai quali si aggiungono i quasi 33 milioni residui rimasti dal 2016. 

«Ricordo che ci fu una negoziazione con l’assessore Baccei – racconta Bruno Caruso, predecessore di Micciché, che guidava l’assessorato ai tempi in cui venne predisposto il bilancio 2016 -, ricordo anche un paio di telefonate particolarmente accese col collega alle prese coi numeri del bilancio, mentre io dovevo fare i conti con le esigenze dei soggetti che attendevano risposte dall’assessorato. Quello delle Politiche Sociali è un ramo a perdere in termini numerici per l’amministrazione ed è sempre difficile riuscire a trovare risorse interne. Quest’anno sicuramente c’è stata una stretta ulteriore, ma in ogni caso ormai non credo che ci sia nessun assessorato che possa pensare di gestire tutto soltanto con i fondi regionali, senza attingere a risorse nazionali o comunitarie». Ma secondo i più maliziosi, la stretta attorno alle politiche sociali sarebbe da attribuire politicamente ancora una volta a Gianluca Micciché, colpevole secondo molti di non avere difeso abbastanza il proprio assessorato in sede di giunta.

E non va meglio se dalla disabilità si allarga la visuale agli altri capitoli che compongono tutti quegli interventi comunemente definiti di welfare. Dagli asili nido ai centri d’accoglienza, passando per la parità di genere e le azioni di prevenzione alla violenza sulle donne. Sono le politiche sociali al tempo dei risanamenti dei bilanci pubblici. Ma se la coperta è troppo corta, al dipartimento regionale diretto da Mario Candore si cerca di fare chiarezza sulle anomalie del sistema. Una prima ricognizione ha portato ad evidenziare i dati sulla disabilità gravissima in Sicilia, con picchi da far impallidire anche i più audaci. Ma è così anche in altri ambiti, in cui la Regione vuole vederci chiaro: gli studenti disabili in Sicilia, giusto per fare un esempio, da una prima analisi sembrano essere il 30 per cento in più della media nazionale. E poi le disabilità mentali: una legge regionale prevede una retta mensile di duemila euro per ciascun disabile mentale, a prescindere dalla fascia di reddito della sua famiglia.

Miriam Di Peri

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