Fuocoammare, sfuma l’Oscar come miglior docu Il regista Rosi: «Tutto questo è già un successo»

Fuocoammare si ferma a un passo dal sogno dell’Oscar. Vince nella categoria come miglior documentario O.J. Made in America di Ezra Edelmann. Il film sulle storie dei migranti che si intrecciano con quelle di chi vive a Lampedusa, nella cerimonia di premiazione di stanotte, si è dovuto arrendere alla storia dell’ex campione di football oggi in carcere per omicidio.

«Per favore non parlate di delusione. Se perdo domenica non sarà una delusione. Tutto questo è già un successo», aveva detto il regista Gianfranco Rosi pochi giorni fa nell’ultimo incontro con i giornalisti. Nella notte più importante di Hollywood, Fuocoammare è stato candidato insieme a O.J. Made in America di Ezra Edelmann, 13th di Ava DuVernay, Life, Animated di Roger Ross Williams e I am not your negro di Raoul Peck. 

Protagonista del documentario su Lampedusa è il medico Pietro Bartolo, che da anni è impegnato nell’accoglienza e nelle cure ai migranti che sbarcano sull’isola delle Pelagie, ma anche nelle autopsie sui tanti corpi senza vita che arrivano. Per Bartolo la vittoria più importante è comunque raggiunta. «È importante essere in America in questo momento – ha commentato – è importante essere riusciti a fare emergere in maniera potente questo che molti chiamano problema e che invece è un’opportunità. Un’opportunità di conoscenza, perché è l’ignoranza che porta al razzismo. C’è molta gente buona al mondo, e spero che questo film abbia acceso un faro». 

Inevitabile che in questa edizione degli Oscar si parli di muri, alla luce delle politiche del nuovo presidente statunitense Donald Trump. «Ho incontrato tanta gente buona e tante teste di cemento armato – ha dichiarato Bartolo – perché chi vuole costruire muri ha in testa solo cemento armato. Ma le persone buone sono la maggioranza, quando conoscono, quando spieghi, allora capiscono. Gianfranco Rosi è stato il mio genio della lampada, ho trovato la lampada, l’ho strofinata ed è uscito lui, che mi ha permesso di far conoscere, di spiegare. Di portare questo messaggio in tutto il mondo». Il medico, dopo il ruolo da protagonista nel film di Rosi, ha anche raccontato la sua esperienza nel libro Lacrime di sale. «Li chiamano migranti economici e contano meno. Come se morire di fame fosse meno drammatico che morire di guerra. Li chiamano clandestini, anche se hanno due giorni e sono nati sul gommone. Parlano di invasione. L’invasione ce l’ha Salvini, nel cervello». 

Fuocoammare è nato da una penna di memoria digitale piena di immagini crude. Bartolo l’ha data a Rosi e Rosi dopo aver visto quelle immagini ha deciso di raccontare: Ma avevo bisogno che le emozioni che Bartolo mi ha dato venissero trasmesse al pubblico, così è nata la parte del film che vede il medico davanti al computer, a spiegare». Fuocoammare, vincitore dell’Orso d’oro al Festival del cinema di Berlino, è stato comprato in 64 paesi e ha partecipato a 50 festival. 

Redazione

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