Poeti, scrittori e appassionati insieme per celebrare il dialetto «Serve una presa di coscienza militante perché non si estingua»

«Molti mi chiedono perché scrivo in siciliano piuttosto che in italiano. Il fatto è che io penso in siciliano! E quando scrivo non sto rappresentando la mia lingua ma la mia identità». A raccontarlo, tra una poesia e l’altra, è il poeta Giuseppe Gerbino, intervenuto ieri al Pomeriggio celebrativo della lingua siciliana, il convegno organizzato nella Sala gialla di Palazzo reale in occasione della Giornata nazionale del dialetto e delle lingue locali. In centinaia tra poeti, scrittori, studiosi e appassionati hanno risposto all’appuntamento organizzato dall’Accademia della lingua siciliana per rendere omaggio all’idioma parlato nell’isola.

Tra questi, anche il professore Massimo Costa, docente della facoltà di Economia all’Università di Palermo ed esperto di storia siciliana e il professore Alfonso Campisi, docente di Filologia Italiana e romanza all’Università de La Manouba di Tunisi, città ricca di comunità siciliane dove, alla fine del XIX secolo, è sorta addirittura una cittadella, esistita fino a metà degli anni ’50, chiamata le petite Sicilie, oggi La Goulette. E proprio a La Manouba è stata istituita la prima cattedra al mondo di Lingua e cultura siciliana. Presente in sala anche il console di Tunisia Jalel Ben Belgacem, che con un intervento in francese ha portato i saluti dalla nazione sull’altra sponda del Mediterraneo, ricordando proprio i legami tra Sicilia e Tunisia. 

Tra un’intervento e l’altro, le poesie in siciliano e sul siciliano composte e recitate da Euranio La Spisa, Rita Elia e Arcangela Rizzo. «Una carenza storica apparente del siciliano è il suo uso prettamente lirico e artistico – afferma, prima di dare spazio alle domande dal pubblico, il professore Costa -. Dico apparente, perché in molti sconoscono la lunghissima tradizione del siciliano in prosa». Il docente dell’Università di Palermo, si è soffermato sull’uso politico, amministrativo e scientifico del nostro dialetto nel Regno di Sicilia, partendo dall’analisi di alcuni antichi testi di ragioneria. Fu lingua ufficiale nel XIV e nel XV secolo, veniva riportato negli atti e nelle comunicazioni amministrative, esistevano grammatiche, dizionari siciliano-latino e fino alla prima metà del XVII secolo rivestiva un ruolo predominante nella comunicazione pubblica.

«Ogni quattordici giorni muore una lingua», è poi la risposta di Fonso Genchi, moderatore dell’evento, a chi si è domando se il siciliano sia oggi estinto o nuovamente lingua. E prendendo a prestito le parole del linguista dell’Unesco Chris Moseley ha proseguito: «Affinchè una lingua non si estingua e riprenda vigore, occorrono essenzialmente due fattori: che ci siano degli atti politici e istituzionali volti alla tutela e all’uso di essa e, soprattutto, che ci sia una presa di coscienza militante da parte della gente». Dopo la Wikipedia siciliana e l’inserimento da parte di Facebook e Youtube della lingua siciliana tra le opzioni di traduzione e classificazione dei video, qualcuno chiede se prima o poi esisterà anche un t9 per la lingua siciliana. Durante l’evento, c’è stato spazio anche per presentare il logo ufficiale dell’Accademia vincitore del concorso, ideato e realizzato da Lorenzo Mercurio.

L’Accademia della lingua siciliana, istituita a Caltanissetta il 18 febbraio del 2017, conta più di 150 membri tra studiosi, artisti, cantautori, poeti e appassionati. Nata con l’intento di promuovere e incentivare l’utilizzo del siciliano, in occasione della sua ufficializzazione, l’Accademia ha divulgato un documento contenente sei consigli per scrivere in siciliano senza incorrere in errori troppo grossolani. A conclusione della giornata di ieri, ha anche annunciato di stare lavorando per un nuovo evento che si svolgerà in occasione della Giornata internazionale della lingua madre indetta dall’Unesco, il prossimo 21 febbraio.

Maria Vera Genchi

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