Pioggia di accuse della Corte dei conti all’era Bianco «Disinteresse verso il bilancio per avere più entrate»

«Per cinque anni, con grandi sacrifici, abbiamo evitato il dissesto. Lo abbiamo fatto tornando ad avere considerazione in tutta Italia: aprendo tratte della metro, acquistando autobus, realizzando importanti lavori». Il modo migliore per guardare nelle oltre cento pagine, con cui ieri la procura regionale della Corte dei conti ha chiesto di condannare Enzo Bianco e tutti gli assessori da lui nominati tra il 2013 e il 2018, è partire dalla fine. Dalle reazioni. L’ex primo cittadino, che oggi siede in consiglio tra i banchi dell’opposizione, ha reagito in maniera ferma alla notizia proveniente da Palermo. Difendendosi dall’accusa di avere causato il dissesto finanziario del Comune di Catania e ponendosi nei panni di colui che ha «anteposto gli interessi della città».

Ma se sul piano politico il giudizio su quella che era stata annunciata come la seconda primavera resta aperto a valutazioni discrezionali, per i magistrati contabili la lettura delle cifre – e degli atti che le hanno scaturite – è inequivocabile: la giunta Bianco, sin dal suo insediamento, avrebbe agito in direzione opposta alle necessità finanziarie dell’ente. Ed è per questo che va chiesto il conto agli amministratori di quell’epoca, oltre che ai revisori dei conti che – secondo l’impianto accusatorio – il cui operato si sarebbe contraddistinto per omissioni e inadempienze. Nel complesso la cifra che viene chiesta è di oltre 1,2 milioni di euro. A cui Bianco dovrebbe compartecipare con più di 97mila euro, superato soltanto dall’allora vicesindaco Marco Consoli, a cui i magistrati chiedono circa 102mila euro. Le somme sono state calcolate moltiplicando per venti il compenso mensile lordo, ovvero la massima sanzione prevista dal Testo unico degli enti locali (Tuel). Oltre alla sanzione pecuniaria, l’accusa chiede per tutti l’interdizione per dieci anni.

La genesi
«Ricordo che il Comune aveva dichiarato il predissesto nel 2012, sotto l’amministrazione Stancanelli per indebitamenti della precedente amministrazione (giunta Scapagnini, ndr)», ha detto ieri Bianco. Ma nonostante quando si parli di difficoltà finanziaria sia difficile risalire alla genesi dei problemi, rischiando di imbattersi in una Fiera dell’Est di responsabilità, per la procura della Corte dei conti è fuori di dubbio la riconducibilità del dissesto – dichiarato ufficialmente il 12 dicembre 2018, pochi mesi dopo l’elezione a sindaco di Salvo Pogliese – alla giunta Bianco. Il motivo sta nel fatto che al momento dell’arrivo di Bianco a palazzo degli Elefanti, nella primavera 2013, al neosindaco fu data la possibilità di rivedere il piano di riequilibrio decennale pochi mesi prima approvato dal consiglio comunale uscente e ancora in attesa di ricevere l’ok dalla Corte dei conti. Bianco, fresco di fascia tricolore, rispose di no, che il piano andava bene così com’era. Un atto legittimo che però – secondo i magistrati contabili – rimarca la presa in carico delle responsabilità dell’ente anche in materia finanziaria. 

Malato grave e distratto
Dagli accertamenti effettuati dalla Corte dei conti emergerebbe che l’amministrazione Bianco, pur nella consapevolezza delle rigide prescrizioni del piano di riequilibrio, abbia agito con estrema noncuranza. E questo nonostante i tasti dolenti ereditati fossero tanti: dalla scarsa capacità a riscuotere i tributi al ricorso continuo all’anticipazione di tesoreria, dal mantenimento di residui attivi di dubbia esigibilità alla mancanza di una fedele rappresentazione contabile dei rapporti con le partecipate, fino ai debiti fuori bilancio. Troppi e troppo spesso non riconosciuti dal consiglio. Nella richiesta di condanna, la procura cita anche gli interrogatori confluiti nell’indagine, attualmente aperta, dalla procura di Catania con l’intento di individuare eventuali profili penali. «Dagli interrogatori e dalle memorie depositate – si legge – emerge un totale disinteresse degli amministratori rispetto ai contenuti del bilancio, non avendo mai provveduto, per loro esplicita ammissione, a esaminarne i documenti né a discuterne in sede di approvazione. Peraltro – continuano i magistrati – si è accertato che in alcuni casi le sovrastime di bilancio sono esclusivamente riconducibili alla volontà della giunta di prevedere maggiori entrate nonostante il diverso avviso del dirigente competente».

Inventarsi un bicchiere mezzo pieno
Per quanto la criticità della situazione fosse chiara, la giunta Bianco avrebbe guidato il Comune per cinque anni descrivendo nei documenti contabili una realtà che non esisteva. In sintesi sarebbero state sovrastimate le entrate previste a fronte di una previsione fin troppo ottimistica delle uscite. Un modo di operare che si sarebbe manifestato anche in situazioni estreme, come nel caso di bilanci preventivi approvati a ridosso della fine dell’esercizio. «Ovvero in un momento in cui l’andamento degli accertamenti risultava già evidente», si legge nella perizia dei due consulenti nominati dalla procura di Catania. Ciò di fatto avrebbe dunque consentito «l’assunzione di spese prive di copertura finanziaria». Ma anche causato un aumento del disavanzo negli anni e un percorso opposto a quella virtuosità che sarebbe stata necessaria per realizzare il piano di riequilibro.

Gli esempi, da questo punto di vista, non mancano. I magistrati contabili, numeri alla mano, riportano diversi casi in cui le voci sarebbero state gonfiate con il chiaro intento di tenere su una baracca soltanto virtuale. Tra i più eclatanti c’è quella riguardante le entrate che sarebbero dovute derivare dall’alienazione degli immobili di proprietà del Comune: nel 2013, la giunta mette nel bilancio di previsione introiti per quattro milioni ma alla fine verranno accertati soltanto 370mila euro. Tre anni dopo: previsti 5,3 milioni, in consuntivo comparirà uno zero. Nel 2017, si raggiunge l’apice: a fronte di una previsione di 32 milioni, in consuntivo ne saranno accertati meno di tre milioni. Discorso simile, stando a quanto rilevato dai magistrati contabili, si potrebbe fare per la reale capacità di riscuotere le tasse in tema di rifiuti, ma anche la pubblicità e le entrate legate ai parcheggi Sostare. 

Le partecipate: il caso Amt
Nella richiesta della procura della Corte dei conti, che verrà esaminata dai giudici il 23 luglio, si citano anche i rapporti intrattenuti tra il Comune e le società partecipate. In più di un’occasione sarebbe emerso che «la giunta comunale aveva stanziato nel bilancio di previsione somme inferiori rispetto a quelle previste dal contratto di servizio, che risultavano, dunque, insufficienti a far fronte ai precisi obblighi previsti dal contratto». Ciò ha portato, per esempio, a un debito con la Sidra di 41 milioni di euro. I magistrati si soffermano poi su quanto accaduto all’Azienda municipalizzata trasporti (Amt). Nel 2016, in occasione dell’approvazione del bilancio finale di liquidazione della partecipata, «sono state traslate nel bilancio del Comune tutte le attività e le passività, con un patrimonio netto negativo pari a 5,8 milioni di euro posto a carico dell’ente» mai ripianato, scrive la procura della Corte dei conti. A confluire nel tesoriere del Comune, però, sarebbero stati anche 44 milioni di disponibilità liquide giacenti nella cassa dell’Amt che, in precedenza, erano state date al Comune dalla Cassa depositi e prestiti con l’obiettivo di risanare i debiti che palazzo degli Elefanti aveva con la propria partecipata. Quest’ultima, a sua volta, avrebbe dovuto usare i soldi per estinguere i debiti con l’Erario e l’Inps. Ma nulla di tutto ciò sarebbe accaduto. 

«Per motivi incomprensibili – scrivono i magistrati contabili – le citate disponibilità liquide, anziché essere utilizzate per provvedere all’immediata estinzione dei debiti, sono state conservate per un rilevante lasso temporale dalla municipalizzata. Peraltro, tali somme, una volta trasferite presso il tesoriere del Comune, sono state impiegate – sottolinea la procura – quali somme a destinazione vincolata utilizzate per spese correnti».

Debiti fuori bilancio e assunzioni
A sostegno della richiesta di condanna per Bianco e gli assessori c’è anche la gestione dei debiti fuori bilancio. «Gran parte di quelli  emersi al termine di ciascun esercizio – si legge – non venivano riconosciuti nell’esercizio successivo, alterando così la veridicità e l’attendibilità delle risultanze contabili dell’ente». Scelte che avrebbero impedito di valutare in maniera reale la deficitarietà del Comune, ma non alla giunta di compiere scelte in contrasto con la norma. Sarebbe questo il caso dell’avvio delle procedure, nel 2016, per stabilizzare il personale precario con l’immissione in servizio di 53 nuovi dipendenti. Un’azione che, stando al Tuel, la giunta Bianco non avrebbe potuto fare proprio per l’esistenza di debiti fuori bilancio ancora da riconoscere. 

La difesa di Bianco
«Alla Corte forniremo prestissimo ogni utile elemento – ha detto ieri l’ex primo cittadino -. La stessa Corte ci ha dato atto della efficacia delle azioni che abbiamo avviato in campo, per esempio, per le spese del personale, per i costi degli organi politici, per i fitti passivi. Pur trattandosi di azioni dovute in caso di un ente che ha dichiarato il dissesto, c’è in me amarezza. Ma anche la piena consapevolezza – ribadisce – di aver operato correttamente». Il 23 luglio è la data fissata dal giudice monocratico della Corte dei conti per l’inizio della camera di consiglio.

Le richieste di condanna
Sindaco e assessori:
Enzo Bianco – 97.356,40 euro
Luigi Bosco – 88.594,40 euro
Rosario D’Agata – 88.594,40 euro
Fiorentino Trojano – 44.297,20 euro
Giuseppe Girlando – 88.594,40 euro
Orazio Antonio Licandro – 44.297,20 euro
Angela Rosaria Mazzola – 88.594,40 euro
Salvatore Di Salvo – 88.594,40 euro
Marco Consoli Magnano San Lio – 102.224,20 euro
Angelo Villari – 88.594,40 euro
Valentina Scialfa Chinnici – 88.594,40 euro
Agatino Lombardo – 88.594,40 euro
Salvatore Andò – 44.297,20 euro

Revisori
Natale Strano – 42.822 euro
Calogero Cittadino – 28.548 euro
Fabio Sciuto – 42.822 euro
Francesco Battaglia – 28.548 euro
Massimiliano Lo Certo – 28.548 euro

Simone Olivelli

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