«Più volte ho pensato di fare un film su Pio La Torre. La sua storia è talmente compressa e drammaturgicamente solida che la materia ci sarebbe». Se a dirlo è il pluripremiato regista di film indimenticabili, dal Nuovo Cinema Paradiso alla La leggenda del pianista sull’oceano solo per citare i più famosi, c’è da fidarsi. Giuseppe Tornatore non nasconde la sua ammirazione per la figura di Pio La Torre, politico e sindacalista italiano ucciso da Cosa nostra per il suo impegno, la cui immagine è indissolubilmente legata alla legge, che oggi porta il suo nome, per l’introduzione del reato di associazione mafiosa e la confisca dei beni ai clan.
Una stima, quella regista bagherese, così profonda e radicata al punto da accarezzare spesso l’idea di portare sul grande schermo la coraggiosa vita del sindacalista ucciso in un agguato mafioso nel 1982. «Non sono andato oltre l’idea – ha rivelato – che non ho trasformato in progetto, perché oggi una storia come questa sarebbe più giusta per un prodotto televisivo o per un meraviglioso documentario». L’occasione, l’incontro pubblico organizzato dalla Cgil stamane a Palermo per presentare a il libro “Pio La Torre e la Cgil. L’Impegno sindacale a Palermo e in Sicilia”, di Pierluigi Basile e Dino Paternostro (Ediesse edizioni).
«Oggi presentiamo il frutto di un lavoro di ricerca sull’esperienza di Pio La Torre come sindacalista – ha detto la segretaria nazionale della Cgil Susanna Camusso – Molto spesso si racconta la biografia di La Torre solo nel periodo della sua iniziativa in commissione Antimafia e nella sua vita da parlamentare. In realtà, la sua formazione fondamentale è stata tra i lavoratori, in particolare tra quelli della terra. Sono convinta che molta parte della sua attività, per cui viene ricordato sempre, è frutto anche di quella esperienza, del ruolo che la mafia ebbe nella stagione fondamentale dell’occupazione simbolica delle terre a Palermo».
«La sua parabola esistenziale – ha aggiunto Tornatore – andrebbe raccontata: quelli che hanno fatto in tempo a conoscerlo sono stati dei privilegiati. Aver conosciuto un uomo politico come lui ha dato a tutti un’arma straordinaria – ha concluso – riuscire a comparare il mestiere del politico con quel modello e capire subito chi fa bene il proprio mestiere e chi non lo fa».
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