Caso Mered, parla il tecnico informatico della difesa «Tre profili a confronto, ma solo uno è dell’imputato»

Account Facebook, indirizzi Ip, numeri di telefono e localizzazioni nel tempo e nello spazio. Davanti ai giudici della seconda corte d’assise si torna a fare il punto sugli aspetti più tecnici del processo al presunto trafficante di uomini Yehdego Medhanie Mered. Ma questa volta, dal punto di vista della difesa. Sotto accusa un uomo che dal momento del suo arresto ha sempre dichiarato di essere vittima di un clamoroso scambio di persona e di essere in realtà un rifugiato in attesa anche lui di arrivare in Libia e da lì poi in Europa attraverso il Mediterraneo. Il suo nome sarebbe Medhanie Tesfamariam Behre, rinchiuso da ormai due anni al Pagliarelli di Palermo. «Escludo che siano tutti e tre profili riconducibili all’imputato», dichiara sicuro il consulente informatico Danilo Spallino, nominato dall’avvocato Michele Calantropo per confrontare i profili Facebook tirati in ballo dalla pubblica accusa, per la quale farebbero tutti capo al presunto trafficante sotto processo. Si tratta dei profili denominati Medhanie Meda, che l’imputato stesso riconosce come il proprio account personale, e di Meda Yehdego e Meda Yehdego.7.

Tre profili messi a confronto fra loro sulla base dei dati ricavati dall’analisi approfondita degli stessi e di quelli contenuti nel cosiddetto Facebook Business Record, sorta di archivio digitale. Diversi account, quindi, per altrettante diverse persone, secondo il parere del tecnico, che ha confrontato anche gli indirizzi Ip di volta in volta utilizzati per le connessioni a questi profili e delle geolocalizzazioni relative a questi accessi nel tempo: «Risulta riconducibile all’imputato un solo profilo, Medhanie Meda», che lui stesso si attribuisce. Un profilo che risulta registrato il 4 ottobre 2014 e per il quale risultano sia il numero di telefono accoppiato a questo account il 12 agosto 2015, sia l’indirizzo mail. Il primo accesso risulta effettuato da Asmara, sulla base del fuso orario che appartiene a quella zona. I dati registrati su questo profilo indicano oltre alla data di nascita anche la città di nascita “Asmara, Eritrea”, uguale alla città attuale (nel momento in cui viene eseguita la registrazione). Se la registrazione viene eseguita da un dispositivo dotato di GPS è probabile che la città attuale venga automaticamente acquisita dal social, «ma non sappiamo se sia questo il caso, non si può sapere».

L’ultima connessione su territorio eritreo è del 31 ottobre 2014, sempre da Asmara e la sim utilizzata è eritrea. Il 7 dicembre 2014 questo profilo risulta collegato da Addis Abeba, in Etiopia, connessione avvenuta tramite dispositivo mobile. Il 30 gennaio 2015 il profilo si collega a un indirizzo ip sempre assegnato dalla compagnia mobile etiope individuabile nella città di Asosa, sempre in a Etiopia. Fino al 9 marzo 2015 gli accessi avvengono da territorio sudanese. Risultano altri accessi anche mentre l’imputato è già detenuto. Ne risulta uno il giorno dell’estradizione dall’aeroporto di Roma, probabilmente attribuibile agli inquirenti, un altro a giungo da Palermo, uno da Sciacca, infine uno a luglio ancora da Palermo, relativa a un tentativo di accesso al profilo fatto dallo stesso avvocato Calantropo. Ci sono, secondo il perito informatico, compatibilità evidenti fra i dati emersi dall’analisi dei dati restituiti dai profili social e quanto dichiarato, rispetto ai spostamenti nel tempo, dall’imputato stesso e da alcune persone a lui vicine e che lo conoscono con l’identità di Medhanie Tesfamariam Behre, dai famigliari ai coinquilini e gli amici più stretti.

Incompatibili, invece, con gli spostamenti e le relative localizzazioni relative agli altri account posti a confronto. Il profilo Meda Yehdego viene registrato il 24 settembre 2013, mentre per Meda Yehdego.7 è il 20 agosto 2016: «Non esistono tracce o dati inerenti che possano fare ritenere che quel telefono dell’imputato sia stato utilizzato per collegarsi a questi due profili». Gli accessi del profilo Meda Yehdego dal 1 febbraio 2014 al 27 marzo 2015 sono tutti localizzati sul territorio libico. Dal 5 agosto al 22 novembre 2015 sono tutti localizzati nel territorio sudanese. Mentre il 22 agosto 2016 risulta un accesso da Dubai. Non proprio un luogo a caso, se vogliamo. Secondo quanto riferito a processo lo scorso novembre dal sergente Samuele Sasso (nucleo speciale capitaneria di porto), infatti, la fonte in contatto con la polizia olandese durante le indagini «ha riferito che fino all’estate del 2016 Medhanie si trovava a Dubai», in riferimento proprio al boss della tratta. Lo stesso che in teoria sarebbe sotto processo a Palermo e in carcere da maggio 2016.

Sempre dallo stesso profilo, fino al 7 ottobre 2016 gli accessi sono tutti da Nairobi, mentre dal 23 novembre dalla citta di Kampala in Uganda. Anche il profilo Meda Yehdego.7 nell’agosto del 2016 si collega da Dubai: «I collegamenti di questo profilo e del precedente nello stesso periodo avvengono dalla stessa area, quindi presumibilmente si potrebbe trattare dello stesso utente – spiega il perito -. È possibile che un altro soggetto possedendo le credenziali necessarie effettui questi accessi, da un posto all’altro, il telefono quindi passa dalle mani di più soggetti». Chiarisce, infine, i dubbi su alcuni contenuti ritrovati nel cellulare dell’imputato al momento dell’arresto. Come quelli sulle immagini che «erroneamente il perito dell’accusa ricollega a scene di cannibalismo e al traffico di organi, ma che si riferiscono in realtà a immagini relative a un rito funerario buddhista che viene fatto all’interno dei cimiteri, lo conferma l’ambasciatore reale della Thailandia». 

Silvia Buffa

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