Cronaca

La Pillirina diventata proprietà privata per un «errore di fatto»: accesso vietato «per l’incolumità pubblica»

La Pillirina è proprietà privata ed è anche off limits, ma «per ragioni di sicurezza». Le due cose, però, pur essendo state quasi contemporanee, non sarebbero collegate tra loro. La conseguenza, però, è che una delle più importanti necropoli storiche della Sicilia – sul litorale nord-orientale della penisola del Plemmirio, nel Siracusano – non è più accessibile. L’area di Punta della Mola è da anni terreno di scontro tra gli ambientalisti e la Elemata Maddalena Srl del marchese Emanuele De Gresy. Ed è proprio la società ad avere richiesto e ottenuto, con un ricorso, la ridefinizione dei confini demaniali. Il Consiglio di giustizia amministrativa ha così revocato la sentenza precedente, che non aveva accolto l’appello della società, la quale chiedeva di annullare il decreto dell’assessorato regionale dei Beni culturali sul piano paesaggistico. Revoca della sentenza per un «errore di fatto»: ovvero avere considerato già esistente una riserva naturale terrestre (quella di Capo Murro di Porco e Penisola Maddalena) che, invece, non è mai stata istituita dalla Regione.

Ridefinita la linea che segna il confine tra le aree del demanio marittimo e quelle di proprietà privata (che in pratica si estende fino al mare), è stato poi chiuso lo sbocco 34 dell’area marina protetta del Plemmirio, per la «necessità di garantire la pubblica incolumità». Così almeno prevedono le ordinanze che hanno portato all’interdizione dell’accesso, del transito, della sosta e della balneazione della Pillirina. Un’incolumità che sarebbe messa a rischio dalla roccia bianca «particolarmente friabile sottoposta a erosione con caduta massi di grosse dimensioni», ma anche dalla presenza di «insenature di natura sabbiosa» e di «fortificazioni in cemento armato, inclinate verso il mare». La stessa area su cui il marchese Di Gresy, accantonata l’idea iniziale di un resort di lusso, ha intenzione di costruire un residence. Un progetto contro il quale, da anni, si battono gli attivisti che rivendicano il diritto a fruire di quel tratto di litorale.

«Un’area che rimane comunque un Sic (sito di interesse comunitario, ndr) e su cui restano sia il vincolo paesaggistico che quello architettonico – commenta a MeridioNews Carlo Gradenigo, presidente di Lealtà e condivisione, che è stato anche assessore comunale all’Ambiente a Siracusa – Occorrerà batterci ancora, perché è incredibile non avere più il diritto di accedere al mare di Punta della Mola». Un diritto negato e, tra l’altro, non proprio a tutti. «All’inizio di settembre – lamenta Gradenico – sulla spiaggetta della Pillirina c’era una troupe che stava girando, forse, uno spot pubblicitario. Si vede che divieti, ordinanze e interdizioni non valgono per tutti». Eppure gli attivisti non si rassegnano. «Bisogna ripartire dal porre delle domande e dal pretendere delle risposte concrete, anche con richieste di accesso agli atti». Dove e perché si è bloccato alla Regione l’iter per istituire la riserva? Come è possibile che quelle cinque particelle considerate da sempre del demanio dello Stato non fossero, in realtà, pubbliche? Non solo. «Non è assurdo – aggiunge Gradenigo all’elenco dei quesiti – che su un’area con rocce pericolose e friabili, soggette a frane e smottamenti, non si possa passeggiare ma si possano ristrutturare le case dove poi vivere e dormire? A me sembrano dei controsensi».

Tutto avrebbe senso, invece, per Elemata Maddalena. La società che nel 2008 ha comprato il bene – sdemanializzato all’inizio degli anni Ottanta – dai precedenti proprietari: questi se l’erano aggiudicato all’asta per poco meno di 400 milioni di lire, Elemata Maddalena ha sostenuto una spesa di tre milioni e mezzo di euro. Un investimento con la mira di farlo fruttare nel settore turistico-alberghiero. «Lei parla di un presunto “diritto alla Pillirina” – hanno scritto da Elemata Maddalena in una lettera aperta che rispondeva a un post pubblicato sui social da Gradenigo – ma l’unico diritto che coinvolge questa zona è quello di proprietà privata». Spiegato «l’errore di classificazione delle aree demaniali», che adesso sarebbe stato rettificato, la società ha voluto chiarire che «ciò che stiamo realizzando (il resort, ndr) non è un “muro” per allontanare la comunità, bensì un’opportunità di sviluppo per Siracusa». Con un progetto che – almeno stando ai proclami – dovrebbe prevedere un investimento di almeno 60 milioni di euro.

«Sono d’accordo con Elemata quando dice che la proprietà privata è un diritto – risponde Gradenigo – ma esiste anche un diritto pubblico, e il paesaggio rientra costituzionalmente tra i beni da tutelare». Due diritti che, nel caso della Pillirina, stanno sui due diversi piatti della bilancia. «Come si può pensare di negare una porzione di terra intrisa di cultura, storia e natura, che trasuda di epiche battaglie, di leggende, miti e racconti, di mille ricordi d’infanzia, sbattendo la porta in faccia a una intera comunità e tornando a parlare di investimenti ultramilionari in un’area in cui vige il divieto assoluto di edificazione?». Una questione su cui la politica locale non ha (ancora) speso una parola. «È evidente – continua l’ex assessore all’Ambiente del Comune aretuseo – che se ci fosse una reale volontà politica, si potrebbe arrivare a un accordo per l’esproprio delle aree private, come si è sempre fatto in ogni riserva naturale. E – suggerisce Gradenigo – basterebbe rinunciare agli aumenti degli stipendi approvati lo scorso anno da Giunta e Consiglio comunale (dal valore di 1,3 milioni di euro l’anno) per coprire, in pochi anni, la cifra necessaria all’acquisto della Pillirina, così da poterla restituire ai siracusani».

Marta Silvestre

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