Entro fine mese dovrebbe essere tolta la recinzione in legno che nasconde i lavori per preservare i mosaici di piazza Sett’Angeli, alle spalle dell’abside della Cattedrale. Il cantiere, finanziato con 116mila euro di fondi Po-Fesr 2007-2013, ha chiuso i battenti a fine dicembre 2015, ma per togliere la staccionata si aspetta di fissare la data di riconsegna dell’area alla Sovrintendenza ai Beni culturali di Palermo.
«Nel 2000 – Racconta Rosa Not, responsabile unico del procedimento dirigente del Centro Regionale per la Progettazione e per il Restauro – durante la posa della rete idrica, vennero trovati dei mosaici e fu avvertita la Sovrintendenza che li identificò come pavimentazione di una domus, e datò quei reperti come manufatti dell’età romana imperiale, quindi attorno al I-II secolo dopo Cristo. La responsabile degli scavi, l’archeologa Francesca Spatafora, decise che quelle tessere dovessero rimanere sul posto, quindi – vista la mancanza di fondi – si stabilì di ricoprire il tutto con un geotessuto e con del brecciolino».
Nel frattempo l’attenzione sull’area si è affievolita e le sterpaglie hanno iniziato a colonizzare la superficie dello scavo. Poi nel 2011 la svolta: «Venne introdotta – continua Not – una nuova linea d’intervento dei fondi Ue dedicata alle tecnologie innovative in ambito archeologico, e il Centro per il restauro presentò delle schede progettuali relative alle indagini sulle pavimentazioni antiche in due siti pilota, ovvero a Solunto e appunto in piazza Sett’Angeli. Adottammo il progetto di recupero dei mosaici e di copertura dell’area redatto dalla Sovrintendenza e iniziammo gli studi e le ricerche».
La prima fase ha comportato il diserbo, la rimozione del telone e delle piccole radici che si erano infiltrate al di sotto. Si è avuta qualche apprensione per una radice un po’ più consistente di ailanto che aveva compromesso alcune tessere, ma una eventualità del genere era stata prevista, e un restauratore è riuscito a riparare i danni. Poi si è passati al consolidamento dei muretti che delimitavano i vari ambienti della domus e alla realizzazione della copertura trasparente. Durante gli scavi per posizionare i pali di sostegno in direzione corso Vittorio Emanuele venne pure alla luce un pozzo, probabilmente di epoca medievale che è stato ricompreso nella copertura. «La soddisfazione – spiega la responsabile – è quella di aver utilizzato tutti i fondi e nel tempo previsto, facendo un buon lavoro. Ora però bisogna pensare a trovare le somme per la manutenzione ordinaria, visto che i mosaici ora saranno più esposti, e spingere per una pedonalizzazione dell’intera piazza, per far sì che i reperti e il nostro lavoro possano essere goduti al meglio».
Dopo che il Centro per il restauro diretto da Enza Cilia ha ultimato i collaudi dell’opera, la Sovrintendenza, titolare dei beni archeologici, l’assessorato regionale ai Beni culturali – dal quale dipende il Centro – e il Comune – proprietario dell’area in cui si trovano i reperti e la copertura – stanno lavorando in vista della cerimonia ufficiale di riconsegna e per concordare gli opportuni criteri di gestione.
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