Piazza Risorgimento, testimoni contro i vigili «Lo hanno istigato e non gli hanno creduto»

«Olive verdi, ottime per salamoia. Due euro al chilo». In piazza Risorgimento ci sono un cartello incenerito, cipolle bruciate, un paio di casse di plastica mezze sciolte e una coperta annerita e ridotta a brandelli. È tutto quello che è rimasto della protesta di Salvatore La Fata, ambulante di 56 anni, ex operaio edile specializzato, che ieri mattina si è dato fuoco mentre la polizia municipale tentava di sequestrare la sua merce. Poca cosa, venti euro di verdure, che gli sono costate ustioni sul 60 per cento del corpo e un ricovero, in prognosi riservata, nel reparto di rianimazione dell’ospedale di Acireale. Ed è lì che, a causa di alcune complicazioni, questa mattina gli hanno applicato un sondino per aiutarlo nella respirazione. «Ha bruciato per almeno una quarantina di secondi, era una torcia umana, e nessuno ha fatto niente per evitare che si desse fuoco», racconta un giovane che lavora poco distante dal luogo dei fatti e che ieri mattina, intorno alle 10, ha assistito per intero alla scena. Una versione in parte diversa da quella ricostruita dal comandante della polizia municipale Pietro Belfiore che parla di «un  gesto sproporzionato, che non si poteva prevedere» ed esprime «massima solidarietà alla famiglia per una vicenda che mi amareggia tantissimo, perché siamo esseri umani anche noi».

«C’è stata una discussione, l’ambulante li ha pregati di non sequestrargli niente, ma loro non hanno voluto sentire ragioni», ricorda il ragazzo. «Lui ha minacciato di darsi fuoco e uno degli agenti gli ha risposto “Sì, ma spostati più in là”, perché lui aveva in mano il blocchetto per fare il verbale – sostiene – Non gli hanno creduto». E tra i commercianti e gli altri ambulanti della zona la versione è univoca: «Io mi stavo facendo gli affari miei, so che lo hanno istigato», denuncia un uomo, anche lui al lavoro poco distante. «Va bene che loro devono fare il loro servizio, però l’hanno preso in giro, non si fa così», aggiunge. E pure Sergio La Fata, fratello di Salvatore, accusa: «Gli hanno detto, ironicamente, “E datti fuoco”». Ma Pietro Belfiore, comandante della polizia municipale di Catania, ribatte: «Nella relazione gli agenti sul posto riportano di aver detto “Non darti fuoco“. Poi, come viene inteso il gesto, magari con la comunicazione non verbale… Purtroppo gli agenti vanno lì per fare il loro lavoro e si ritrovano a dover essere psicologi e psichiatri».

«Mentre quello si buttava la benzina addosso non sono intervenuti, lui era proprio lì davanti, li guardava in faccia mentre si bagnava col carburante», prosegue il primo testimone. Da quel momento a quando Salvatore La Fata ha appiccato le fiamme ai suoi vestiti con un accendino sarebbe passato un attimo: «Lo guardavano bruciare, erano immobili. Si è spento lui stesso, perché si è ricordato di avere un secchio d’acqua accanto alla bancarella, quello che gli serviva per bagnare la frutta, l’ha preso e se l’è buttato addosso». Solo dopo qualcuno sarebbe arrivato ad avvolgerlo con una coperta. Anche questa parte della storia, però, secondo le forze dell’ordine è andata diversamente: «I primi a soccorrerlo sono stati gli operai della Multiservizi che vengono con noi durante queste operazioni per prendere la merce – dichiara Belfiore – Certo, è possibile che ci sia stata qualche incertezza da parte dei vigili perché siamo impreparati a questo tipo di soccorso, di certo non usuale». «Prima dell’arrivo dell’ambulanza sono passati 45 minuti – conclude il ragazzo di piazza Risorgimento – Nel frattempo, un sacco di gente si è raccolta attorno ai vigili, hanno rischiato il linciaggio».

«Erano sei o sette macchine di servizio e due camioncini, volevano fare chiudere anche me», dice un altro ambulante che preferisce rimanere anonimo. «Se a un cristiano gli levi pure venti euro di merce, quello come lo deve portare il pane a casa? Siamo tutti disperati, se mi levano le cose io come faccio a pagare i miei fornitori? – chiede – Quando sono venuti da me io gliel’ho detto: “Se mi sequestrate le cose, mi potete portare in galera perché vi alzo le mani. Fatemi chiudere, ditemi che me ne devo andare, va bene, ma se mi togliete cento euro di frutta mi rovinate e io preferisco farmi attaccare“. Poi è successo quello che è successo». E un altro uomo, che vende altra frutta e verdura rincara la dose: «Io lavoro solo per portare a casa il pane per i miei due figli, uno ad ammazzarsi ci pensa tutti i giorni facendo questa vita, se poi non c’è manco un po’ di comprensione dai vigili, che sono padri di famiglia pure loro…». Il titolare di un negozio di piazza Risorgimento interviene: «La municipale è arrivata con arroganza, senza nessuna umanità, sbarattando tutte cose… Se uno deve sopportare i mafiosi, tanto vale che sopporta quelli senza divisa, no?».

«Fare questi servizi è pesante perché il vigile si trova in contesti non semplici, in cui tutti gli ambulanti minacciano gesti autolesionistici o di altro genere durante la verbalizzazione. Nel caso specifico forse è stato un atto dimostrativo, sproporzionato e magari non voluto da lui stesso, che è andato oltre», afferma il comandante Belfiore. Che prosegue: «Da parte nostra non c’è stato nessun accanimento. Gli agenti nemmeno lo conoscevano, era la prima volta che procedevano a un sequestro nei suoi confronti e, da quello che mi hanno riferito, era calmo. Non potevano pensare arrivasse a tanto». E annuncia: «Oggi vorremmo andare in ospedale a trovare la famiglia, anche se non so il clima che troveremo». Nel frattempo, il sindaco Enzo Bianco ha avviato un’indagine interna per chiarire la dinamica dei fatti.

Claudia Campese

Giornalista Professionista dal 2011.

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