Un documento che dice tante cose ma che, in merito a quelle su cui da anni si dibatte, resta timido. Rinviando ad altri momenti e altri luoghi le decisioni. Il piano regionale di gestione dei rifiuti deve ancora vedere la luce, ma il travaglio è a buon punto, e già suscita malumori e polemiche. A puntare il dito contro le 274 pagine che nei giorni scorsi hanno ricevuto il parere positivo della commissione tecnico-specialistica della Regione è Giampiero Trizzino. Deputato M5s, nel 2017 indicato come assessore ai Rifiuti nel caso di un’elezione a presidente di Giancarlo Cancelleri. «Ho studiato quella che mi è stata presentata come una bella copia, ma spero vivamente sia ancora un documento preliminare – dichiara l’esponente cinquestelle a MeridioNews – Se così non fosse ci troveremmo davanti a un piano che non solo non affronta metà delle contestazioni che il ministero ha già fatto davanti alla prima bozza, ma che spalanca le porte a speculatori interessati a fare soldi e poco a rispettare l’ambiente».
L’attacco frontale è rivolto a un tema non nuovo, ma che è sempre stato affrontato con distinguo e riferimenti a una normativa di cui Trizzino contesta l’interpretazione. Ovvero: la Regione è chiamata o no a dare precise indicazioni in merito alle tecnologie da utilizzare in Sicilia per il trattamento dei rifiuti e, in particolar modo, del residuo da smaltire? Una domanda che, senza particolari giri di parole, suona pressapoco così: il governo regionale vuole o non vuole gli inceneritori? La risposta, ma per chi ha seguito il dibattito degli ultimi anni non è una novità, all’interno del piano semplicemente non c’è. E il motivo sta nel fatto che per il governo Musumeci a doversi esprimere sul tipo di impiantistica da adottare devono essere i territori. Oggi le Srr, domani, con la riforma di settore approvata, le autorità di governo dell’ambito (Ada) coincidenti con i territori delle ex Province. «L’assoluta mancanza di previsione degli impianti e delle tecnologie da adottare mantiene una condizione di illegittimità rispetto al codice dell’Ambiente – va avanti Trizzino – Quel testo obbliga le Regioni a indicare quale tipologia di impianti sia necessaria in considerazione del fabbisogno».
Dietro una disputa che potrebbe sembrare materia per soli esperti di diritto, secondo il deputato cinquestelle si nascondono pericoli concreti per il futuro del territorio. «Io credo che le cronache giudiziarie abbiano già dimostrato come il panorama nebuloso che storicamente ha contrassegnato la gestione dei rifiuti abbia favorito l’azione di chi ha visto nella spazzatura un modo per fare soldi a discapito dell’ambiente e della salute dei cittadini. Servono – sottolinea Trizzino – paletti chiari». In merito agli inceneritori, nel piano regionale, che presto dovrebbe approdare in commissione Ambiente per poi essere emanato dal presidente Nello Musumeci, si dice che la Regione «entro i prossimi cinque anni effettuerà valutazioni ambientali, tecniche, economiche e di potenzialità di innovazione, fermo restando che i soggetti deputati alla realizzazione del piano saranno gli Ato o chi per essi». Nel documento, di cui MeridioNews è in possesso, si specifica inoltre che l’analisi del fabbisogno da coprire con l’eventuale realizzazione di impianti di incenerimento o recupero energetico sarà esplicitata all’interno del Piano dei rifiuti speciali o in un apposito stralcio di quello generale. In ogni caso, in un secondo momento.
«Questo genere di approssimazione non è accettabile in atti così fondamentali per il futuro di una regione, è gravissimo», è l’affondo di Trizzino. MeridioNews nei giorni scorsi ha dato in esclusiva la notizia di un nuovo progetto di inceneritore presentato dagli imprenditori bresciani Ettore Lonati e Amato Stabiumi, tramite una società creata ad hoc. L’idea è di costruirne uno in un’area che ricade non lontano dallo stabilimento Ikea di Catania e a ridosso dell’ex Acciaieria Megara, di cui i due magnati dell’acciaio sono controllori. Neanche troppo lontano da lì, è localizzato il progetto dell’inceneritore che i Leonardi – i padroni della discarica di Lentini arrestati per le mazzette ai funzionari e i rapporti con esponenti del clan Nardo – vorrebbero costruire. «Finché si lasceranno maglie così larghe, trincerandosi dietro al diritto d’impresa e senza tenere conto di ciò che è scritto a chiare lettere nel codice dell’Ambiente, ovvero che i piani regionali devono dare indicazioni anche sulle tecnologie da utilizzare, dobbiamo aspettarci altri tentativi di ottenere le autorizzazioni per impianti di questo tipo».
A riguardo va detto che il piano pensato dal governo Musumeci specifica che «per le autorizzazioni all’impiantistica di titolarità privata, oltre al nulla osta dell’Autorità d’Ambito, per l’esercizio e l’alimentazione dell’impianto, il richiedente dovrà attestare documentalmente la titolarità del flusso dei rifiuti di cui è affidatario». Ovvero, senza avere vinto una gara d’appalto pubblica qualsiasi impianto di trattamento di rifiuti urbani – inceneritori compresi – non potrà mai essere azionato. «Non è una garanzia sufficiente perché non esclude che qualcuno possa scommettere su un impianto anche a costo di tenerlo fermo, in attesa di un mutamento delle condizioni, di un’emergenza o di una gara d’appalto indetta successivamente», conclude Trizzino. Per alcuni un freno indiretto agli investimenti sugli inceneritori – proprio questo pomeriggio un appello a farli è arrivato dal leghista Igor Gelarda, in seguito alla crisi di Bellolampo, mentre nei mesi scorsi l’auspicio era arrivato dall’altro leghista catanese Fabio Cantarella – deriverebbe dalla prescrizione riguardante la chiusura del ciclo dei rifiuti all’interno dei singoli ambiti. Cioè, l’inceneritore potrebbe ricevere soltanto la spazzatura prodotta all’interno della singola provincia. A riguardo, però, il piano dei rifiuti – richiamando un comma dell’attuale legge di settore – specifica che la realizzazione di questi impianti andrà pianificata in seguito ad accordi tra più enti. Ovvero, più Ada potrebbero decidere di condividere e usufruire di un grande inceneritore.
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