Intanto il teatro Coppola e villa Fazio. Poi anche il villino di via Rametta, la ex villa De Stefani, villa Gentile Cusà, villa Curia, la ex chiesa San Francesco e la ex chiesa di Sant’Euplio. Sono questi i beni che sei consiglieri comunali hanno chiesto di stralciare dal piano di riequilibrio del Comune di Catania. La discussione in senato cittadino comincerà questa sera, tra le proteste delle associazioni di cittadini che hanno annunciato che presidieranno piazza Duomo e l’aula consiliare. Ma difficilmente oggi sarà il giorno decisivo: con oltre un centinaio di emendamenti presentati, è facile che il documento venga votato – e forse approvato – tra domani e dopodomani. Tra le modifiche richieste dai rappresentanti dei cittadini, c’è anche quella che ha per primo firmatario Agatino Lanzafame (Catania futura) e che è stata sottoscritta anche da Ersilia Saverino e Niccolò Notarbartolo (Pd), Alessandro Messina (stesso gruppo di Lanzafame), Giuseppe Catalano (Articolo 4) e Salvatore Tomarchio (Progetto popolare, presidente della commissione Patrimonio). Sono loro, nel 46esimo emendamento al piano di riequilibrio, a richiedere che vengano esclusi dalla lista dei beni alienabili gli otto immobili citati.
Il valore complessivo dell’emendamento è di quattro milioni e quasi 661mila euro. Cifre che non dovrebbero causare problemi a una misura sulla quale sono già stati avanzati parecchi dubbi. Il primo dei quali è certamente che negli anni passati le previsioni di vendita non sono state rispettate, e non è chiaro in che modo l’amministrazione intenda modificare un trend già consolidato. Visto che «nell’elenco del patrimonio dell’ente sono citati beni per un valore stimato di oltre 56 milioni di euro», e visto che si tratta solo di una parte degli immobili nelle disponibilità dell’amministrazione, i consiglieri propongono che il Comune mantenga la proprietà di almeno alcuni di quelli inseriti nella scheda allegata al documento di riequilibrio economico finanziario.
Del resto, le alienazioni patrimoniali dovrebbero incidere sul recupero del disavanzo per quasi 47 milioni di euro, dieci milioni in meno rispetto alla somma del valore degli immobili segnalati dall’amministrazione. Togliere otto beni – e più di quattro milioni e mezzo – dovrebbe essere sopportabile per la tenuta dei progetti di rientro formulati dalla giunta di Palazzo degli elefanti. «Come si vede – spiega Lanzafame – abbiamo scelto immobili che sono già fruiti da liberi cittadini o da associazioni. Rimuoverli dall’elenco fa sì che il Comune non possa fare cassa su quelli». Del resto, di edifici comunali che potrebbero essere venduti, sostiene Lanzafame, «ce ne sono parecchi: botteghe sottoutilizzate o chiuse, di cui non ha senso che il municipio mantenga la proprietà». Di più: «Il risanamento finanziario è necessario – continua il consigliere – ma non deve essere realizzato privando la collettività di beni importanti dal punto di vista sociale e culturale».
Il teatro Coppola, per esempio: abbandonato fino al 16 dicembre 2011, quando un collettivo di artisti e lavoratori del mondo dello spettacolo lo ha riaperto per renderlo fruibile alla città. Da allora, ogni anno, realizza una stagione teatrale alternativa e ospita concerti, mostre, rappresentazioni e attività culturali. Nonostante le minacce di sgombero arrivate negli anni e il totale autofinanziamento. Altro capitolo merita villa Fazio, ristrutturata con 600mila euro di fondi europei e affidata – fino al 31 maggio 2016, quando è scaduta la concessione – al consorzio Sol.co.. Nonostante le polemiche che hanno investito la gestione, il bando europeo parla chiaro: la destinazione d’uso dell’immobile deve rimanere invariata – quindi legata ad attività a sfondo sociale – almeno fino al 2021. Discorso simile vale per villa Curia, la struttura di corso Indipendenza in cui ormai da anni hanno trovato la loro sede le volontarie dell’associazione animalista Le aristogatte.
L’emendamento in questione è il numero 46. Ma pare che a questo se ne aggiungeranno un altro centinaio. Che minacciano di allungare le sedute – già prevedibilmente lunghe – del senato cittadino. La questione, poi, diventa politica. Molti consiglieri comunali hanno pubblicamente dichiarato che non voteranno il piano di rientro. Molti altri usciranno dall’aula ed eviteranno di dire la propria, assentandosi. E questo vale tanto tra le file della maggioranza quanto tra quelle dell’opposizione (quest’ultima piuttosto indecisa da mesi). Fuori dal palazzo di città, poi, ci saranno le associazioni chiamate a raccolta da I siciliani giovani e quelle che hanno deciso, dopo l’invito del vicepresidente del consiglio comunale Sebastiano Arcidiacono, di protestare contro il piano di rientro. A queste si aggiunge anche CittàInsieme che, questa mattina, con una nota dal titolo Sic transit gloria cunti (evocativo, bisogna riconoscerlo), invita i cittadini a partecipare alle sedute del consiglio comunale. E pone alla giunta una domanda: «Il dissesto finanziario, data la situazione, sarebbe una scelta positiva oppure negativa?».
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