Perché la sospensione degli esami?

Molti studenti nella nostra facoltà si chiedono ultimamente da che parte sta la giustizia: sta dalla parte dei docenti ricercatori che giustamente protestano contro il Disegno di Legge Delega, atto denigratorio del ministro, o sta dalla parte di noi “poveri” studenti-cavie che subiamo con un inevitabile vittimismo questa protesta per una breve ma intensa settimana di sospensione di esami? Sta di fatto che studenti e docenti hanno i loro sacrosanti diritti: una parte del diritto allo studio dei primi legittimamente negato dal diritto allo sciopero dei secondi.

Sicuramente non dobbiamo rimanere impassibili ed indifferenti di fronte a questa mobilitazione che, secondo molti studenti, non ci coinvolge in prima persona, ma che, in qualche modo, seppur negativamente – con la sospensione del secondo appello di esame – ci riguarda. Abbiamo intervistato il Prof. Attilio Scuderi, docente di letterature comparate, uno dei promotori di questa protesta.

 

 

Perché è nata questa forma di protesta?

La valutazione è che alla Camera stanno accadendo dei “pasticci istituzionali” e l’oggetto di discussione che a noi interessa è stato mutilato e peggiorato. Questo Disegno di Legge prevede che l’ingresso dei giovani ricercatori, che è la linfa vitale del mondo universitario ed è la grande forza di tutti i paesi avanzati, venga così stabilito: un giovane svolge tre anni di dottorato e un numero tendenzialmente illimitato di un contratto rinnovabile ogni tre anni che si basa su un lavoro subordinato diviso tra didattica e ricerca. Il precariato è così tendenzialmente illimitato! In USA il dottorato dura complessivamente sette anni e poi si diventa professori a tutti gli effetti.

Per non parlare del reddito di un ricercatore italiano: al mese guadagniamo poco più di 1.000 euro (annuale 18.000 euro circa), mentre in USA il reddito annuale è pari a 40-50.000 dollari, più del doppio rispetto allo stipendio di un ricercatore nel nostro paese.

Nel resto d’Italia sono state scelte varie forme di protesta -sospensione delle lauree, sospensione degli appelli rimandati alla prossima sessione d’esami, assemblee, ecc…- che danno un segnale preciso e hanno un senso. Se noi avessimo bloccato le lauree avremmo penalizzato anche i laureati triennali che intendono passare alla specialistica e, considerando la già bassa percentuale di laureati del nuovo ordinamento, abbiamo ritenuto opportuno mantenere questa sessione di laurea seppur introdotta da un comunicato e senza la toga.

 

A cosa è dovuto tutto questo proliferare di ricercatori precari e quante persone coinvolge questa “drammatica” situazione professionale?

In questi ultimi anni con la riforma universitaria del 3+2 e con la diversificazione e la nascita di nuovi e molteplici corsi di laurea, la “piramide” si è allargata: in Italia i docenti precari sono oggi circa 50.000. In presenza di una legge di questo tipo si produce una università rassegnata alla marginalità culturale, intellettuale e scientifica e si avrà difficoltà a produrre qualificate figure per l’istruzione di base (professori della scuola media inferiore e superiore).

Noi abbiamo bisogno di riforme profonde che diano rilevanza alla qualità della ricerca, altrimenti rischiamo di diventare il “Terzo Mondo” di domani, delle future generazioni. Praticamente si nasce  precari e si morirà precari.

 

Gli studenti si sono sentiti improvvisamente privati di un loro diritto (quello allo studio) con la sospensione degli esami dal 21 al 27 giugno e non sono state poche le lamentele. Non pensate di aver così creato un disagio, un ulteriore problema, all’interno di questa vostra mobilitazione?

Questa riforma è la malattia del sistema. Siamo in presenza di un momento tragico: per questo motivo vengono bloccati gli esami. La maggior parte di noi docenti ne ha parlato a lezione con gli studenti per mesi, ma la risposta degli studenti non è stata granchè interessata, perché alla fine non erano interessati. Da parte degli studenti, io ho notato un certo disinteresse per il problema e ostilità nei confronti dei professori.

Noi rischiamo di “sfornare” disperati! In realtà vi chiediamo aiuto. Noi blocchiamo questo servizio per evitare di farlo crollare in un prossimo futuro e per evitare che gli utenti, cioè gli studenti, vengano polverizzati dalla riforma. Siamo veramente ai limiti della sopravvivenza. Qui stanno smantellando l’università e stanno creando un paese senza cervelli che andrà presto in rovina!

Noi vogliamo che voi abbiate le stesse opportunità di uno studente inglese e americano, altrimenti chi vuole continuare nella ricerca sarà costretto ad andare all’estero. E’ in gioco il vostro futuro di studenti. Non dovete scandalizzarvi e anzi dovete mettere da parte la vostra rabbia di fronte ai problemi più contingenti –gli esami bloccati- per dare più importanza a queste gravi carenze. Abbiamo bisogno di visibilità e vi chiediamo di riflettere su questa cosa, di ragionare sul dove stiamo andando.

 

C’è la probabilità che questa protesta verrà prolungata oltre il 27 giugno?

Questo verrà deciso al prossimo Consiglio di Facoltà, proprio giorno 27. In linea di massima tutti gli appelli della settimana dal 21 al 27 verranno annullati e non posticipati.

 

 

Infine il professore ha voluto rivolgerci lui la seguente domanda: leggendo questa legge, siete sicuri che tra dieci anni ci sarà l’Università in Italia?

Nella speranza che non nasca una protesta dentro la protesta e che l’università non venga distrutta e non muoia così facilmente nel giro di pochi anni, non ci resta –a noi studenti- che far sentire la nostra voce “per evitare –come ha aggiunto il prof. Scuderi- che sotto silenzio passi una mutilazione del nostro paese”.

Valeria Arlotta

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