«Perché si perdona un mafioso e non un divorziato?» La domanda di Giulia all’arcivescovo Corrado Lorefice

«Perché un mafioso pentito può avere la confessione e il perdono dalla Chiesa e una donna divorziata no?» È la domanda schietta rivolta da una studentessa, Giulia, nel corso della conferenza promossa dal centro Pio La Torre direttamente all’arcivescovo di Palermo Corrado Lorefice, che al cinema Rouge et Noir di Palermo ha incontrato centinaia di studenti coinvolti nel progetto educativo antimafia. 

«Mia nonna è stata una delle prime donne in Sicilia a divorziare, ma da quando ha fatto questa scelta è stata esclusa dalla sua chiesa e non ha potuto avere la comunione, allora mi chiedo perché un mafioso può avere la confessione e il perdono mentre una donna che ha divorziato viene esclusa», ha chiesto Giulia, risoluta. «Ogni realtà si sclerotizza attraverso i secoli – le ha risposto don Lorefice – nelle tue parole colgo i segni di una lunga sofferenza, è come se tu avessi letto l’esortazione apostolica “Amoris letitia” di Papa Francesco che parla di accoglienza e dove si dice che i divorziati non sono scomunicati. Anche il mafioso può cambiare vita – ha precisato l’arcivescovo – ma se lo fa si deve vedere e deve dire che prende le distanze da quello stile di vita». 

L’arcivescovo ha poi ribadito come «la potenza del Cristianesimo sta qui, nessun uomo o donna può avere una condanna come ultimo giudizio, tutti possono cambiare, e se un mafioso denuncia a un prete il suo peccato e lo ripara, allora può avere il perdono da quel prete che gli dirà di cambiare vita. Ognuno può sbagliare – ha aggiunto – ma l’ultima parola non può essere lo sbaglio. Oggi siamo abituati a perdonare chi ci chiede scusa, ma Dio ci perdona in anticipo. C’è una chiesa che deve progressivamente tornare al Vangelo, altrimenti il rischio è che si allarghi la forbice con i suoi fedeli e deve essere sempre più capace di assomigliare al suo Cristo, questa è la sfida del cristianesimo». Inevitabile anche un riferimento alla giornata di ieri, che ha visto in piazza centinaia di donne e uomini contro ogni tipo di violenza: «All’indomani dell’8 marzo non è possibile che le donne siano ancora schiavizzate».

Antonella Lombardi

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