La scelta del Rettore e degli organi dell’Ateneo di Catania di procedere comunque alla nomina della Commissione Statuto, sia pur in presenza di un ampio e motivato dissenso all’interno dell’Ateneo stesso, e non certo di sterili ingerenze esterne, appare un sintomo di debolezza e fragilità politica che allontana ancora – per metodi e forme – l’Università di Catania da altri ed eccellenti Atenei italiani che hanno ben diversamente risposto alla scommessa della fase complessa, delicata e “straordinaria” di riscrittura della carta costituente della comunità universitaria.
Riteniamo, in tal senso, che il gesto più coerente e corretto da parte dei componenti, appena nominati, della Commissione, sia quello delle dimissioni immediate e irrevocabili e che vi sia una contestuale apertura a forme più condivise di scelta della Commissione stessa.
Ciò appare ancora più opportuno anche alla luce dei vizi procedurali che, come denunciato da alcuni presidi, hanno caratterizzato la nomina dei sei membri della Commissione da parte del Senato Accademico, a partire dall’imposizione del voto palese e dalla inibizione di un dibattito democratico.
Riteniamo dunque che, in modo responsabile, tutta la comunità accademica debba interrogarsi su metodo e merito della redazione dello Statuto, e che la Commissione non debba semplicemente e in modo autoreferenziale rispondere ai suoi stessi designatori (sia pur con larvate forme di “trasmissione” dei suoi lavori alla comunità universitaria) ma debba invece redigere una agenda di audizioni delle strutture (Facoltà, Dipartimenti, Corsi di Laurea) e dei soggetti che rappresentano interessi collettivi (sindacati, organizzazioni di categoria, associazioni di studenti, precari della docenza e della ricerca, docenti e personale tecnico-amministrativo) all’interno dell’Ateneo.
Auspichiamo altresì che vadano posti da subito al centro del dibattito alcuni elementi di merito relativi allo Statuto stesso, tanto nella sua dimensione di trasparenza etica, quanto in quella della efficienza e del buon funzionamento del sistema-Ateneo.
A tal fine riteniamo che:
– Il numero dei componenti esterni del CDA non debba essere superiore al minimo di 3 stabilito dalle legge. Lo Statuto dovrà prevedere criteri chiari e trasparenti di scelta dei componenti esterni; tra tali criteri è fondamentale che i componenti scelti non abbiano ricoperto cariche politiche e istituzionali di alcun tipo almeno nei sei anni precedenti alla nomina.
– La nomina dei restanti consiglieri di amministrazione debba rispondere a criteri di elevata qualità scientifica, gestionale ed organizzativa. A tal fine, onde evitare fenomeni di cooptazione al ribasso, diviene utile pensare a forme – quali dei search committees, frutto di libere elezioni interne – di individuazione di nomi d’eccellenza e riconosciuta capacità all’interno di tutte le componenti universitarie.
– Le forme di elezione del Rettore, degli Organi dell’Ateneo (compresa la commissione di disciplina) e dei dipartimenti dovranno essere realmente democratiche. E’ necessario confermare l’equiparazione alle altre fasce docenti del voto di ciascun ricercatore, a tempo indeterminato e a tempo determinato (data anche la fragilità di quest’ultima posizione negli anni a venire). Per i docenti a contratto e gli assegnisti di ricerca deve essere prevista un’adeguata forma di riconoscimento del proprio ruolo nell’Ateneo attraverso le giuste forme di regolazione giuridica e patrimoniale e di rappresentanza negli organi di governo. Irrinunciabile è anche l’apporto ad ogni livello delle rappresentanze del personale tecnico-amministrativo e degli studenti.
– E’ necessario prevedere forme di democrazia diretta su questioni di vitale importanza per l’Ateneo, come ad esempio l’avvio di una discussione sui nuovi regolamenti che nella loro totalità si configurano come un vero “contratto di Ateneo”.
– E’ necessario prevedere, tanto nello Statuto d’Ateneo quanto in quelli dei singoli dipartimenti (frutto della libera associazione dei docenti, sulla base di precisi obiettivi didattici e di ricerca), forme chiare di distribuzione delle risorse e di costruzione della programmazione, secondo criteri trasparenti legati alla qualità e al merito della ricerca e della didattica.
– E’ necessario prevedere, all’interno dello Statuto, forme di monitoraggio dell’offerta didattica al fine di evitare – in seguito alle riduzioni venture di risorse – tagli di settori importanti e strategici operati per pure ragioni di “contabilità”.
E’ dunque urgente che si apra un dibattito ampio e democratico nell’Ateneo su questi temi di vitale importanza per la nostra comunità universitaria.
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