La speranza di rivedere il proprio figlio dopo 25 anni, il desiderio di curarlo fino ad allora. Avrebbe fatto leva su questi sentimenti il 44enne di Basicò, Francesco Simone, per raggirare i genitori di Domenico Pelleriti, sparito nell’estate del 1993 e, stando ai risultati dell’operazione antimafia Gotha VI, rimasto vittima della mafia barcellonese, con il cadavere che non è mai stato trovato. Il padre e la madre di Pelleriti non avrebbero creduto alla lupara bianca, grazie all’attività persuasiva di Simone che, stando alle dichiarazioni di una ex compagna del 44enne, da dieci anni a questa avrebbe messo in atto una vera e propria truffa.
Simone avrebbe fatto credere ai due che il figlio viveva al Nord Italia. Per farlo avrebbe simulato anche conversazioni telefoniche dove, modificando la propria voce, interagiva con i genitori rincuorati di saperlo ancora in vita. La messinscena del 44enne avrebbe compreso anche il racconto di una malattia, per le cui cure era necessario fare arrivare al Nord il denaro sufficiente. I soldi sarebbero stati prelevati il più delle volte direttamente dalla abitazione della coppia da Simone, mentre in altre circostanze sarebbero stati lasciati nelle cassette della posta di una casa cantoniera.
Stando alla ricostruzione fatta dai carabinieri, il 44enne avrebbe agito in modo da esercitare anche minacce e violenze psichiche, arrivato al punto di annullare psicologicamente gli anziani. In soli 15 giorni – il periodo in cui sono state condotte le indagini – la coppia ha consegnato per undici volte somme di denaro, comprese tra cinquanta e cento euro. A contribuire alle donazioni anche una zia 86enne del ragazzo scomparso nel ’93. Domenico Pelleriti sarebbe stato ucciso e sepolto all’interno di una fossa in campagna, perché accusato di avere commesso furti contro un’attività commerciale che pagava il pizzo ai boss barcellonesi.
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