Tra Davide Faraone e il Partito democratico la rottura sembra insanabile. Il senatore dem, che nei giorni scorsi ha assistito all’annullamento del risultato delle primarie per la segreteria regionale siciliana, è tornato a parlare questa mattina puntando il dito contro i nuovi vertici del Pd. La tesi di Faraone è precisa: quanto accaduto in Sicilia seguirebbe la volontà di mettere fuori dai giochi i renziani e al contempo preparare il terreno a nuove alleanze. «Stanno epurando a uno a uno i renziani del Pd per dimostrare ai cinquestelle che ci sono le condizioni per un accordo. La Sicilia diventa laboratorio politico di un esperimento del genere. Mi batterò contro questa prospettiva», ha dichiarato annunciando la conferenza stampa.
Il senatore, che la scorsa settimana ha percorso a piedi la Catania-Ragusa per riportare l’attenzione sulla necessità di accelerare nel percorso di realizzazione dell’autostrada, indica anche uno dei presunti responsabili di quella che avrebbe avere tutti i tratti della congiura: Davide Franceschini. L’ex ministro sarebbe uno dei fautori della riapertura nei confronti del Movimento 5 stelle nell’ottica di una possibile rottura tra i pentastellati e la Lega di Salvini. «Un’operazione cinica e pericolosa contro la quale mi batterò fino alla fine. Mi hanno perfino offerto una poltrona a Roma ma non sono interessato», ha aggiunto alludendo a una possibile collocazione nella segreteria nazionale dem.
Dopo l’annuncio dell’autosospensione dal partito, Faraone fa sapere di avere restituito la tessera – «mi è costato molto perché da 27 anni rinnovavo la mia iscrizione» – ma non di sentirsi fuori dal partito. L’intenzione, infatti, è quella di rimanere iscritto al gruppo parlamentare del Pd al senato. L’affondo più pesante è riservato al segretario nazionale Nicola Zingaretti: «Aveva ricevuto l’ordine di cacciarmi. E lo ha fatto a maggioranza, come non era mai accaduto: evidentemente è stato riprodotto in commissione lo stesso schema delle correnti», ha sottolineato Faraone. Ribadendo una volta di più la propria distanza da coloro che ritengono possibile ricucire i rapporti con il partito di Di Maio, dopo i trascorsi burrascosi degli ultimi anni. «Se il Pd dovesse andare in quella direzione costruire una forza politica nuova, che impedisca percorsi di questo tipo, credo che sia inevitabile», ha concluso.
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