Di ricorso in ricorso, esattamente come avvenuto nella difficile stagione del congresso regionale del Partito Democratico siciliano, concluso col ritiro della candidata zingarettiana Teresa Piccione e la conseguente proclamazione del renziano Davide Faraone a segretario regionale, anche i congressi provinciali del partito, che si stanno celebrando in questi giorni, finiscono nella bufera dei ricorsi su carta bollata.
A firmare questa volta l’atto di accusa, indirizzato ai presidenti delle commissioni nazionali di garanzia e per il congresso, sono i componenti della commissione provinciale per il congresso di Palermo, Rosario Filoramo e Tiziana Calabrese. Nella nota d’accompagnamento al ricorso, Filoramo denuncia «la situazione di anomalia che sta caratterizzando il congresso nazionale del nostro partito nel territorio della Provincia di Palermo». In questa fase, nei circoli siciliani, si stanno svolgendo (o almeno dovrebbero) i congressi per l’elezione dei segretari provinciali e le convenzioni nazionali per l’elezione del segretario nazionale. Il termine inizialmente fissato per lo scorso 23 gennaio, è stato prorogato fino al prossimo 27.
«Sono stato nominato, in quota Zingaretti, membro della commissione provinciale del congresso – si legge nella lettera di Filoramo – e ho atteso che presidente della commissione regionale per il congresso e il segretario provinciale uscente la insediassero, cosa avvenuta con colpevole ritardo solo il 17 gennaio scorso, ben dieci giorni dopo l’inizio ufficiale dei congressi di circolo previsto per il 7 gennaio».
L’esponente zingarettiano lamenta che «a 48 ore dalla fine del congresso, non abbiamo notizia della convocazione del congresso provinciale. Invece, per quanto riguarda le convenzioni, devo riscontrare l’assoluta mancanza di rispetto delle regole interne, ma anche di quelle costituzionalmente tutelate, da parte del presidente della commissione e di quei componenti della stessa che ne sostengono la gestione unilaterale del congresso».
Filoramo denuncia che «la procedura adottata per le deliberazioni» della commissione regionale sarebbe «il voto telematico su whatsapp», e parla apertamente di «espediente» che avrebbe consentito al presidente della commissione provinciale (il capogruppo al Comune di Palermo, Antonio Chinnici) di adottare «in assoluta solitudine gli atti necessari ai congressi di circolo». Una modalità, quella del voto telematico su whatsapp, che «non è mai stato deliberata da questa commissione».
«Con tale metodo – si legge ancora nel documento – il presidente ha proceduto ad individuare i circoli ammessi a congresso escludendone una decina per ragioni sconosciute allo scrivente, si tratta di oltre 1500 iscritti esclusi dalla vita democratica del partito, citando note di altri organismi interni al partito, mai prodotti per conoscenza ai componenti della commissione».
«Infine – sottolinea ancora – ha deliberato le nomine dei garanti presso i congressi di circolo, garanti di stretta osservanza della componente politica del presidente, omettendo di segnare data ora e luogo di svolgimento degli stessi. Già siamo stati informati di possibili anomalie nello svolgimento dei congressi di circolo, numero di delegati quintuplicato a Monreale e ad Altofonte, dove il Pd è comproprietario di casa del popolo, e invece è stata scelta la sede di svolgimento presso privata abitazione. No, lasciatemelo dire, il partito non è cosa privata, il partito non è un videogioco e neanche una versione minore della piattaforma Rousseau. Non avendo nessun luogo ove dibattere e contrastare le decisioni del Presidente, la democrazia su smartphone non fa parte del mio background, il sottoscritto, insieme agli altri componenti non graditi al presidente, ha presentato ben due ricorsi avverso le delibere adottate».
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