La Guinea Equatoriale chiede aiuto alla Sicilia. Il polo scientifico di Palermo e Trapani collaborerà a un maxi-progetto da 70 milioni di dollari che punta a creare un distretto della pesca che sottragga la gestione della filiera ittica alle multinazionali. Per riuscirci il governo equatoguineano si è rivolto al distretto produttivo della pesca della Sicilia con sede a Mazara del Vallo, di cui fanno parte l’Istituto Zooprofilattico sperimentale della Sicilia, l’Università di Palermo, il Cnr e il Parco scientifico e tecnologico della Sicilia.
A questi e ad altri enti di ricerca il paese centrafricano verserà un compenso tra i due e i tre milioni di dollari in cambio della formazione di personale qualificato in grado di gestire tutte le fasi della filiera, dalle infrastrutture portuali alla pesca, dalla produzione all’esportazione. Al centro del progetto non soltanto la produzione di pescato – in particolare il tonno – ma anche l’acquacoltura e la salicoltura, da praticare sia lungo i 410 km di coste della Guinea sia sulle isole di Malabo e Annobón. A occuparsi della formazione di veterinari, biologi e tecnici sarà l’Istituto Zooprofilattico. Stamattina la viceministra alla Pesca e Ambiente Salas Chonco ha fatto visita alla sede palermitana di via Marinuzzi per farsi un’idea dei laboratori e gettare le basi della fase di start up, visto che l’intesa di massima con il distretto mazarese – che deve comunque passare al vaglio del parlamento equatoguineano – è già stata siglata.
Ad accoglierla c’erano, per l’Izs, il commissario straordinario Salvatore Seminara, il direttore sanitario Santo Caracappa e il direttore dell’area di sorveglianza epidemiologica Calogero Di Bella, oltre al presidente del distretto della pesca Giovanni Tumbiolo. «L’Istituto – dice Di Bella – è interessato alla realizzazione di laboratori di supporto alla sicurezza alimentare di tutti i prodotti, e in particolare di quelli ittici. Una volta che i prodotti saranno controllati dal punto di vista igienico, quindi sicuri sul piano del consumo, l’obiettivo è quello di creare economie nuove per la vendita in tutto il mondo di tutti i prodotti ittici, sia di cattura che trasformati. Il nostro supporto – prosegue – consiste nella consulenza tecnico-scientifica per quanto riguarda il controllo microbiologico e chimico degli alimenti e la conservazione di prodotti sottolio, come ad esempio il tonno. La formazione avverrà sia in loco, dove avvieremo la start up, sia in Sicilia».
L’obiettivo del governo del paese centroafricano è raggiungere l’autonomia nella commercializzazione. «Oggi ci sono diverse grandi aziende, anche italiane – spiega Di Bella – che trasformano il pesce in loco e poi lo commercializzano con marchi internazionali. In Africa purtroppo la pesca funziona così: i pescatori prendono il pesce e lo rivendono a bassissimo prezzo alle grandi navi officine che transitano al largo e che incassano grandi guadagni. Se invece i guineani avessero la possibilità di conservare e lavorare il proprio pesce si creerebbe un’economia di scala a favore delle popolazioni locali».
«Vogliamo combattere la pesca illegale, salvaguardare le risorse ittiche e sviluppare le competenze a livello tecnico e scientifico per avviare un modello di distretto della pesca in Guinea Equatoriale», sottolinea Chonco. Il tour della delegazione equatoguineana ha già fatto tappa a Marsala e Mazara e si concluderà oggi con un incontro istituzionale con l’assessore regionale Antonello Cracolici. Quest’estate il distretto mazarese aveva già firmato un accordo simile con la Costa d’Avorio: a Grand Bassam – il cui sindaco Georges Philippe Ezaley ha siglato stamattina a Villa Niscemi il gemellaggio con Palermo – sarà creato un distretto della pesca e della blue economy.
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